Uno scrittore deve essere un assiduo lettore

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Francesca Ghezzani

13 Maggio 2020
Reading Time: 6 minutes

Intervista a Giovanni Margarone

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Classe 1965, alessandrino di nascita ma poi ligure d’adozione fino ai ventuno anni e, dopo, friulano per motivi di lavoro.

La vita lo ha portato quindi ad attraversare tutto il nord Italia, ma non gli ha mai fatto perdere una costante della sua esistenza: l’amore viscerale per la cultura.

Lui è lo scrittore Giovanni Margarone, da sempre accanito lettore e appassionato di musica e filosofia, ha iniziato a scrivere molto presto romanzi e racconti brevi che, volutamente, ha riposto nel cassetto. Poi è avvenuto il cambiamento e i suoi scritti più recenti sono diventati libri.

Giovanni, in alcune tue interviste ho letto questa tua frase: “Sono i lettori i destinatari di ciò che si scrive e a loro va il massimo rispetto, sempre”. Vuoi spiegarci meglio che rapporto instauri con chi legge le tue pagine?

“Il rapporto con i lettori è importantissimo, fondamentale e deve essere instaurato in modo tale che nasca un’empatia tra scrittore e lettore, appunto. In questo rapporto sinallagmatico, è essenziale la disponibilità, da parte di entrambi, alla dialettica, nell’ambito sempre di un reciproco rispetto, con particolare riguardo alla critica che deve essere costruttiva e alla quale allo scrittore sia data la possibilità di replicare, pur accettandola. Personalmente, e qui mi riferisco alla frase in domanda, ritengo tuttavia che al lettore vada il massimo rispetto, in quanto egli ha accettato di leggere un mio libro, quindi ha compiuto una scelta verso me; inoltre rispetto il suo giudizio, possa essere anche negativo perché c’è il diritto di opinione, sempre nei limiti del dialogo civile, per mezzo del quale il lettore è libero di fare la sua critica che io devo assolutamente considerare al fine, eventualmente, di migliorare la qualità letteraria dei miei scritti. Lo scrittore deve vincere la presunzione di dire che ciò che scrive è valido, perché alle volte non è così. Certo, al di là della qualità magari buona, c’è il discorso dei gusti: a un lettore può non piacere una trama o il genere stesso del libro. In questo caso egli non entra nel merito qualitativo, ma si limita, appunto, al suo gusto soggettivo; anche in questo caso lo rispetto, perché non tutti abbiamo gli stessi gusti ed è giusto che sia così”.

E tu, invece, che tipo di lettore sei?

“Non macino libri solo per il gusto di dire che leggo tanto e, riferendomi ai gusti come detto prima, scelgo ciò che voglio leggere e cerco letture che mi consentano sempre di crescere, tenuto conto della mia attività letteraria alla quale tengo particolarmente. Lettore assiduo sì, comunque, perché alterno la lettura con la scrittura e siccome scrivo sempre, leggo sempre. Ritengo inconcepibile che uno scrittore non legga, è fuori dai miei canoni. La lettura è maestra. Oltre a leggere narrativa, ho spesso in mano libri di filosofia. La filosofia apre la mente e mi ha dato finora ottimi spunti per i temi dei miei romanzi, così come lo fa la psicologia alla quale sono anche molto interessato”.

Ci sono scrittori che sono per te fonte di ispirazione? Inoltre, c’è qualcuno che a tuo avviso meriterebbe maggiore attenzione da parte del pubblico e della critica?

“Ho sempre avuto una spiccata attenzione verso la letteratura ottocentesca russa, francese e tedesca (in particolare, Dostoevskij, Proust, Goethe, Tolstoj, Prèvost, Balzac per citarne alcuni); senza dimenticare i riferimenti al Novecento italiano, nelle figure, fra gli altri, di Svevo, Cassola, Calvino, Deledda e Cesare Pavese. Sono loro che mi hanno fatto scuola. Riguardo alla seconda domanda, focalizzerei un po’ più di attenzione su Joseph Roth, le cui opere sono magistrali; cito, per esempio, “La cripta dei cappuccini” e “Giobbe. Romanzo di un uomo semplice”, sono libri che mi hanno veramente appassionato”.

“Note fragili” (2018, seconda edizione), “Le ombre delle verità svelate (2018, seconda edizione), “E ascoltai solo me stesso” (2019, seconda edizione) sono i titoli dei tuoi tre romanzi fin qui pubblicati… che cosa ci racconti in merito?

“Aggiungo “Quella notte senza luna” che dovrebbe uscire a fine anno in seconda edizione. Detto questo, tornando al discorso dei gusti, io scrivo narrativa non di genere, perché sono naturalmente portato a scrivere romanzi di formazione e ciò che ho scritto finora, compresi i tre inediti già belli e pronti, riveste questo genere. Trasversalmente, i miei romanzi danno molto spazio alla psicologia dei personaggi. Inoltre, focalizzandomi molto sui personaggi e sulle loro vicende, se pensassi al teatro, potrei definire che sono rappresentazioni senza scene, perché le ambientazioni potrebbero essere ovunque. Ciò non toglie che le ambientazioni scelte siano dovute talvolta a esigenze proprie delle vicende dei personaggi, ma, ripeto, l’ambientazione è relativa. Premesso questo, non è che trascuri le ambientazioni, chi mi avrà letto avrà notato che spesso le descrizioni sono anche accurate: i colori ravvivano un quadro, non c’è dubbio, è un discorso estetico”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritieni che il tuo stile sia cambiato di opera in opera?

“La maturazione stilistica fa parte della crescita dello scrittore, i miglioramenti sono inevitabili in corso d’opera. Tuttavia, sulla base di quanto scrivono i recensori su di me, generalmente ho conservato un certo stile personale dal primo all’ultimo romanzo. Su come è il mio stile, lascio la parola ai lettori, ai recensori, appunto e alle giurie letterarie”.

Sei, altresì, editorialista e recensore in siti letterari: è più facile stare dall’altra parte?

“Tempo fa accennai alla consapevolezza della responsabilità. Lo scrittore è responsabile di ciò che scrive, perché può influenzare la riflessione interiore del lettore. Avverto la stessa responsabilità quando recensisco o scrivo editoriali. Chi ha studiato comunicazione ben sa a cosa mi riferisco. Recensire non si limita al descrivere, per questo ci sono già le quarte di copertina. Recensire significa fare delle considerazioni personali su un libro e delle conclusioni che possono influenzare la scelta o meno del libro, favorendo o precludendo allo scrittore la diffusione della sua opera. Recensendo si fa una critica che leggeranno i potenziali lettori condizionandone le scelte. Ma anche per gli editoriali avverto questa responsabilità. Scrivere un editoriale significa mandare dei messaggi magari solo con 500 parole, quindi è necessario sintetizzare il pensiero che si vuole trattare e rendere l’esposizione efficace. Inoltre dev’essere oculata la scelta dell’argomento, al fine di suscitare l’interesse verso chi legge. La comunicazione condiziona il pensiero, il pensiero condiziona la vita dell’uomo e lo rende consapevole, disse Socrate. Per questo, scrivere editoriali spesso non è facile e bisogna fare delle scelte; tuttavia va bandita la banalità, non bisogna palare alla pancia, ma alla testa delle persone per farle riflettere e con gli editoriali tento di indurre alla meditazione le persone, così come faccio quando scrivo un libro”.

Ormai abbiamo perso il conto di quanti riconoscimenti hai ottenuto in tutta Italia partecipando a premi letterari anche internazionali. Cosa si prova nel momento in cui si apprende di essere nella rosa dei vincitori?

“Emozione e commozione, perché è il riconoscimento a tanto tempo trascorso a scrivere. In un concorso, un autore si mette a nudo davanti a una giuria, poiché da essa viene giudicato e se questa ti attenziona, tra centinaia di candidati, come non si può essere emozionati per il riconoscimento di un qualcosa che fai con amore e passione?”

Infine, secondo te quale scenario editoriale si aprirà dopo l’emergenza Covid-19 e quali progetti ti vedranno direttamente protagonista?

“L’emergenza ha portato grande nocumento a tutta l’attività culturale in generale, basti pensare ai teatri. L’editoria ha subito un grave contraccolpo: migliaia di nuove uscite bloccate perché non è possibile fare presentazioni dal vivo, firmacopie in libreria, spostarsi per rilasciare interviste e io ne so qualcosa. Tuttavia un plauso va alle migliaia di editor, collaboratori editoriali, agenti letterari e uffici stampa che, lavorando in smart-working, non si sono fermati permettendo all’editoria di non affondare, non tutto è stato compromesso e questo è l’humus che consentirà alla grande macchina editoriale di ripartire, magari lentamente, ma di ripartire. Essendo anch’io parte in causa, ho sentito il contraccolpo: ci saranno inevitabili ritardi nell’uscita dei due prossimi romanzi, del loro lancio e promozione. Ma il covid-19 non mi ha impaurito, né fermato. Sono riuscito a mandare avanti la mia attività continuando a scrivere (finendo la revisione del 6° romanzo e la stesura del 7°, non posso negare che questo periodo sia stata un’opportunità per immergermi full-time nella mia attività), nonché scrivere editoriali e recensioni. Come ho detto, la ripartenza sarà inevitabilmente lenta con prospettive per fine 2020 e 2021, ma ci sarà e tutti torneremo a pieno regime prima o poi, dobbiamo essere ottimisti”.

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