Come rendere produttivo lo smart working?

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redazione

20 Marzo 2020
Reading Time: 3 minutes

L’esempio di Heply

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In questo clima di emergenza lo smart working sembra configurarsi come strumento fondamentale sia per abbassare la possibilità dei contagi, sia per mantenere stabile il livello di produttività. Molte le aziende che si sono già organizzate in tal senso, a partire dalle grandi multinazionali, fino alle realtà imprenditoriali più piccole.

Far lavorare da casa i propri collaboratori era impensabile per moltissime aziende: oggi è realtà. Per forza di cose. Ed è reale anche la paura di non riuscire a garantire la stessa produttività, perché lavoro da remoto e rendimento sono due aspetti non facili da coniugare.

Il lavoro da remoto non va inteso come un timbrare un cartellino virtuale anziché uno fisico. Si tratta invece di un percorso di trasformazione, dove a cambiare è anche il sistema di valutazione del lavoro: è necessario guardare le performance finali.

Anche Heply, pur essendo una software agency abituata a confrontarsi e ad adattarsi alle continue evoluzioni della tecnologia, si è trovata a dover fare i conti con domande e preoccupazioni: il lavoro da remoto è una vera e propria rivoluzione che vede coinvolte persone, spazi, cultura manageriale e strumenti da utilizzare.

Uno strumento sviluppato da Heply e già utilizzato quotidianamente dal team, ma che in questa situazione di emergenza si è rivelato fondamentale per gestire obiettivi e performance del gruppo che lavora da remoto.

Goal Board è una lavagna virtuale, visibile a tutto il team, nella quale vengono evidenziati gli obiettivi giornalieri raggiunti, l’andamento delle performance e l’avanzamento quotidiano delle attività per ciascuno dei collaboratori.

Tutto questo affinché lo spirito del gruppo non vada scemando a causa della distanza fisica, grazie anche all’utilizzo della gamification. Ogni gioco ha le sue regole e quindi le modalità di azione della Goal Board sono chiare: ogni componente del team deve seguire regole specifiche per garantire il corretto funzionamento del “gioco”. Obiettivo è il rispetto reciproco: non è necessario chiedere continuamente a un collega che cosa stia facendo, ma è sufficiente attendere l’orario stabilito per avere tutte le risposte.

Con il senso di sfida come motivazione per tutti. Se alla fine della giornata lavorativa la soglia di produttività del gruppo è inferiore al 60% di quanto stabilito, il giorno successivo viene organizzata una riunione durante la quale capire che cosa non ha funzionato nell’operatività ed eventualmente modificare i comportamenti a livello di comunicazione o organizzazione. Inoltre, tutti i componenti del gruppo devono subire una penitenza simile a quella imposta normalmente in ufficio: invece di passare sotto all’amato calcetto, l’obbligo è quello di passare sotto al primo tavolo scomodo  presente in casa (e deve essere fatto contemporaneamente da tutti i membri dello staff in video call). 

Se invece la produttività lavorativa del gruppo raggiunge il 90%, il giorno successivo si viene premiati. “Se normalmente viene offerta una pizza – dichiara Andrea Virgilio, Manager della Felicità di Heplyin questo particolare momento abbiamo deciso di fare del bene, perché ce n’è davvero bisogno: doneremo i soldi che avremmo speso per la pizza all’Ospedale di Udine, per incrementare i posti letto di terapia intensiva, sperando di cuore che non si debbano mai usare”.

“L’obiettivo non è quello di creare competizione tra i membri del gruppo – continua Virgilio – perché la sfida non valuta le prestazioni del singolo, ma solo quelle del team nella sua interezza. Se gli obiettivi fissati per un singolo membro sono troppo facili o troppo difficile da portare avanti, questo può andare ad aiutare uno o più colleghi con lo scopo di raggiungere l’obiettivo comune”.

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