Mi minacci? Ti registro…

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Massimiliano Sinacori

29 Luglio 2019
Reading Time: 3 minutes

Intercettazioni e registrazioni

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Siamo abituati a vivere in un contesto dove molto di ciò che facciamo lascia una traccia: dalle ricerche su internet ai post sui social, tutto è tracciato e tracciabile, tutto lascia un segno e può riemergere anche molto tempo dopo.

Paradossalmente, proprio i momenti di cui vorremmo avere traccia rimangono senza prova: quando subiamo un’ingiuria, una molestia, un torto, un comportamento illecito di terzi. Mille sono gli esempi che si potrebbero fare per descrivere situazioni in cui qualcuno ha pensato “se solo avessi registrato o filmato l’accaduto!”

In realtà oggi praticamente tutti abbiamo un registratore in tasca: il nostro smartphone. La domanda allora diventa: se con il cellulare registro il vicino che mi minaccia e sulla base di quelle registrazioni vado dai Carabinieri, non è che rischio qualcosa per aver registrato di nascosto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensando al rigido regime che vincola le intercettazioni telefoniche verrebbe da pensare che, se è estremamente circoscritta la possibilità di intercettare per la Polizia Giudiziaria, a maggior ragione lo sarà anche per il privato cittadino. In realtà le intercettazioni telefoniche sono degli strumenti a disposizione del Pubblico Ministero e, in sua vece, della Polizia Giudiziaria, per ricavare elementi che consentano di verificare l’ipotesi di reato su cui sta indagando. Trattandosi di un’ingerenza dello Stato nella vita privata di un cittadino, esse devono essere rispettose dai principi costituzionali posti a tutela del corretto svolgersi del processo penale.

In uno Stato di diritto, dove l’indagato è “innocente fino a prova contraria”, deve poter confidare che se si indaga su di lui c’è un giudice che garantisce la correttezza e la legittimità di tali indagini. L’intercettazione è tale solo se effettuata da un soggetto che intende conservare prova di un colloquio tra terze persone.

Se queste, in massima sintesi, sono le intercettazioni, è chiaro che il privato cittadino che registra il suo interlocutore rientra in ben altro schema come afferma anche la Corte di Cassazione penale, sez. II, che con sentenza n. 50986 del 2016, mette ben in evidenza la differenza tra intercettazione e registrazione fonografica tra privati.

Di recente la Corte di Cassazione penale, sez. VI questa volta, con sentenza n. 1422 del 2017 ha ribadito l’ormai consolidato principio secondo il quale “La registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d’iniziativa della persona offesa dal reato, costituisce prova documentale ex art. 234 cod. proc. pen., utilizzabile in dibattimento”.

In altri termini se il vicino di casa si rivolge a voi con improperi, magari minacciando di fare del male a qualcuno, ecco che allora la registrazione fatta con il vostro smartphone diventa spendibile nel processo. Attenzione però: la possibilità di procedere a registrare, anche di nascosto, le persone che interloquiscono con noi è, e deve essere, finalizzata alla tutela di un diritto proprio e non può certo essere utilizzata per raccogliere informazioni da diffondere per interesse o per dispetto. Anche qui la Corte di Cassazione penale, sez. III, pronunciatasi con il provvedimento n. 18908 del 2011, non lascia molti margini di interpretazione: “Integra il reato di trattamento illecito di dati personali (art. 167, d.lg. 30 giugno 2003, n. 196) il diffondere, per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui, una conversazione documentata mediante registrazione”. Attenzione dunque a utilizzare gli strumenti del diritto secondo la loro funzione per evitare di incorrere in spiacevoli conseguenze.

Volendo, in massima sintesi, ricapitolare i punti essenziali di questo elaborato, potremmo dire questo: registrare una conversazione alla quale state partecipando, allo scopo di tutelare un vostro diritto è lecito, non lo è invece il diffondere, per scopi diversi, le conversazioni che avete registrato.

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