La memoria bruciata della Seconda guerra mondiale

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redazione

24 Febbraio 2017
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Progetto europeo “Burnt in memories”

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Oltre 250 paesi della Venezia Giulia sono stati incendiati durante la Seconda guerra mondiale dalle forze di occupazione naziste e fasciste. Un fenomeno che interessa Italia, Slovenia e Croazia e che oggi viene presentato, in una chiave particolarmente innovativa, dal progetto europeo Burnt in memories, realizzato dalle associazioni goriziane Kinoatelje e 47-04 e dal Centro Znanstveno-raziskovalno središče di Capodistria, con vari altri partner. 

In questi giorni l'iniziativa, giunta alle sue battute conclusive, propone al pubblico una serie di eventi. Da un lato l'inaugurazione di alcuni cippi commemorativi dei paesi dati alle fiamme, realizzati dalla 47-04 in diverse località nell'area transfrontaliera, dall'altro la concomitante presentazione del documentario Burnt in memories/Vžgano v spominih di Anja Medved e Nadja Velušček, prodotto dal Kinoatelje. Nei pressi di Gorizia il film è stato proiettato a Kromberk dove è stata inaugurata anche una mostra fotografica sul tema, a Merna, nell'ambito dell'inaugurazione di un cippo commemorativo della serie che in tutto ne vedrà posizionati uno a Žejane in Croazia, un altro a Dolina, in Carso, mentre il primo dei manufatti ha trovato spazio, lo scorso 18 febbraio, nella Casa di cultura Dom krajanov di Šmarje (Slo).

Il passo successivo sarà lavorare per proporre questi cippi come luoghi della memoria, capaci di raccontare ai passanti la storia della vita dei paesani e del territorio. I partner del progetto desiderano creare così dei piccoli “musei” all'aperto dove ricordare, raccontando e rendendo visibile la storia con un simbolo, i paesi incendiati, nell'ottica di farli diventare punti bilingui di interesse turistico.

Per quanto riguarda il documentario Burnt in memories (65 minuti), è una ricerca audiovisiva sull'intensificazione della violenza in un'area multietnica al confine durante la Seconda guerra mondiale. Il Kinoatelje ha intenzione di continuare a diffondere questo lavoro anche in futuro e in collaborazione con altre manifestazioni e iniziative. La ricerca prosegue anche perché si tratta di una pagina poco conosciuta della storia locale, poco documentata e a lungo sopita nella memoria collettiva. “C'era troppa violenza per poterla rappresentare in un unico film. È nato così un racconto documentato, che più che della guerra parla di sopravvivenza, di umanità che va oltre gli ambiti nazionali, di classe sociale e di religione. In questo periodo di crescita di populismi e nazionalismi, quando in una semplificazione generale sta diventando pericoloso credere di vivere in una società più evoluta, è importante dare ascolto ai sopravvissuti”, commenta Anja Medved. 

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