Un laser per curare l’ipertrofia prostatica benigna

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redazione

28 Aprile 2016
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Donato all’Azienda ospedaliera universitaria di Trieste

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È stato presentato il Laser al Tullio, per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), donato dalla Fondazione CRTrieste alla Clinica Urologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti di Trieste”. 

All’incontro hanno partecipato Nicola Delli Quadri, Commissario Straordinario Azienda Ospedaliera – Universitaria “Ospedali riuniti di Trieste”, Emanuele Belgrano, Direttore uscente della Clinica Urologica insieme a Carlo Trombetta, Direttore entrante dal 1° maggio pv, e Lucio Delcaro, Vicepresidente del CdA della Fondazione CRTrieste, che ha rimarcato il significato di questa donazione: “Il laser chirurgico al Tullio donato dalla Fondazione CRTrieste è un’apparecchiatura importantissima, che permetterà di affrontare gli interventi alla prostata evitando in molti casi approcci più invasivi, con evidenti ricadute benefiche sulla salute dei triestini, che da oggi non dovranno più recarsi altrove per sottoporsi a questo trattamento“. 

Attrezzature simili sono già in uso nelle strutture ospedaliere di altre province della regione, e da ora sarà disponibile anche a Trieste. Il Laser al Tullio donato permetterà il trattamento, con metodologia meno invasiva, dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), ovvero un aumento benigno del volume della prostata. Una patologia che si presenta nella maggior parte degli uomini con l’avanzare dell’età, soprattutto dopo i 60 anni, come una naturale evoluzione della ghiandola prostatica. Nello specifico l’IPB colpisce il 5-10% degli uomini di 40 anni di età, e fino all’80% degli uomini tra 70 e 80 anni. Tuttavia il numero dei soggetti in cui la IPB diventa sintomatica, cioè costituisce effettivamente un disturbo, è circa la metà. Questa patologia può causare, infatti, difficoltà ad urinare perché ostacola lo svuotamento della vescica causando disturbi, influenzando negativamente la qualità di vita delle persone che ne soffrono e costringendo spesso i pazienti all’utilizzo del catetere vescicale.

La prostata crescendo con il passare degli anni occlude il canale urinario che la attraversa  impedendo lo svuotamento vescicale. Inizialmente i disturbi urinari possono essere controllati con la terapia medica, ma spesso  l’ostruzione deve essere corretta chirurgicamente. L’obiettivo dell’intervento  è quello di rimuovere il tessuto prostatico. Ormai da molti anni questa disostruzione viene eseguita con intervento endoscopico. Quando però il volume prostatico è superiore ad una soglia di 80-90 cc e’ necessario un intervento chirurgico a cielo aperto con tempi di degenza elevati e maggiore invasività.

Un laser al posto del bisturi. Nel panorama attuale tre sono i tipi utilizzati di laser: il laser KTP, noto anche come “green laser”, il laser Holmium (utilizzato anche per la calcolosi urinaria) e il piu’ recente laser Thulium o Tullio. In linea generale si differenziano in base alla lunghezza d’onda (diversa penetrazione tissutale) e in base all’elemento impiegato per generare luce laser.

Il Laser al Tullio è una tecnologia innovativa, che permette un intervento mini-invasivo durante il quale non si praticano incisioni chirurgiche. La sonda laser viene inserita per via trans-uretrale. Il laser asporta la parte di prostata aumentata: questa viene ridotta in piccoli frammenti, che vengono poi aspirati. 

Grazie al tipo di energia erogata dal Laser al Tullio di ultima generazione è possibile sia  vaporizzare  (vaporizzazione laser) sia rimuovere porzioni di tessuto (enucleovaporesezione). L’emissione della luce laser infatti permette un taglio preciso senza l’interessamento dei  tessuti limitrofi  e un minimo sanguinamento rendendo ottimale per il chirurgo la visione intraoperatoria. 

La chirurgia con il Laser al Tullio presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali, con evidenti benefici per il paziente, in particolare: riduzione del tempo di degenza (i pazienti infatti possono essere dimessi dopo 24 h); assenza di emorragie anche nei pazienti che assumono antiaggreganti e anticoagulanti; possibilità di eseguire interventi anche per i pazienti più critici; eseguire intervento endoscopico anche nelle prostate molto voluminose evitando la chirurgia a cielo aperto; utilizzo di soluzione fisiologica nell’irrigazione necessaria durante le procedure endoscopiche  e quindi assenza di problematiche cliniche legate all’assorbimento elettrolitico intraoperatorio.

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