L’allarme di Spinotti: non abbandoniamo le nostre montagne

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redazione

12 Agosto 2014
Reading Time: 3 minutes

In uscita “Inchiesta in Carnia”

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Dante Spinotti, carnico di Hollywood, una carriera di successi come direttore della fotografia con due candidature all’Oscar e decine di premi raccolti in giro per il mondo, è “tornato a casa”: di nuovo regista per la sua montagna, a distanza di 34 anni da La Carnia tace, ha realizzato Inchiesta in Carnia (2014, guarda il trailer), prodotto dallo stesso Spinotti con la Cineteca del Friuli e la collaborazione di CO.S.IN.T, Fondazione CRUP, Comunità Montana della Carnia, Camera di Commercio di Udine, Eurotech.

Dante Spinotti

Il documentario avrà la sua prima mondiale, alla presenza dell’autore e di molte delle persone che hanno partecipato alla lavorazione, venerdì 22 agosto alle 20.30 al Visionario di Udine (seguirà, al bar del cinema, un brindisi con Spinotti). Sabato 23 alle 21 sarà poi in programma al Sociale di Gemona, lunedì 25 alle 21 al David di Tolmezzo e giovedì 28 alle 20.30 all’Alpina di Comeglians. A presentarlo e a dialogare con il pubblico in sala ci sarà sempre Dante Spinotti.

Lo scopo dichiarato del lavoro è la valorizzazione del territorio carnico. Spinotti cattura la straordinaria bellezza del paesaggio naturale – ripreso in tutte le quattro stagioni – e dell’architettura carnica, testimonianza di comunità e culture che lì si sono insediate e stratificate nel corso di secoli. Alla bellezza dello scenario fa da contraltare il problema – comune ad altre zone alpine – dell’abbandono, soprattutto da parte dei giovani, e il conseguente costante calo della popolazione. Raccogliendo le voci di industriali che hanno scelto di localizzare la produzione in Carnia, di agricoltori, commercianti, professionisti, amministratori e di gente comune, il documentario disegna una realtà a volte difficile ma segnala anche possibilità interessanti.

La sfida lanciata è per un recupero della montagna che passi attraverso politiche adeguate – finora assenti o insufficienti – e scelte di vita personali in controtendenza rispetto ai modelli correnti. In un momento di crisi come quello che sta vivendo la nostra società, luoghi come la Carnia, ricchi di aria buona, acqua, legname e spazi verdi possono rappresentare un’opportunità e un modello esistenziale più a misura d’uomo.

Tuttavia Inchiesta in Carnia non è un film a tesi. Il regista preferisce definirlo “l’esperienza di un viandante che osserva, si incuriosisce e fa domande.” Come anticipa il titolo, il linguaggio è quello dell’inchiesta ma non mancano momenti di poesia cinematografica e di poesia del paesaggio, che fanno da trait d’union fra le molte interviste, dalle quali si vuol far emergere il carattere, le peculiarità, l’essenza delle persone ascoltate ancora prima delle loro opinioni.

Dante Spinotti cullava da tempo l’idea di girare un nuovo lavoro sulla Carnia. Mancava però un nucleo, un tema da cui partire che fosse allo stesso tempo legato al territorio e universale. “La lampadina – racconta – si è accesa riflettendo sulla questione dell’abbandono delle zone alpine, e circa tre anni fa, grazie anche all’incoraggiamento di alcuni amici, mi sono messo in moto.”

Le prime riprese le ha realizzate insieme al figlio Riccardo, studente di regia a Los Angeles: paesaggi, persone, testimonianze raccolte qua e là nel tempo libero, fra una produzione hollywoodiana e l’altra. Una volta compreso che la formula funzionava, il lavoro si è poi intensificato e alle riprese e al montaggio del documentario Spinotti ha dedicato tutti questi primi mesi del 2014. Unica distrazione, le fasi finali di post-produzione dell’ultimo film girato accanto a Brett Ratner, il kolossal epico Hercules: Il guerriero, con Dwayne Johnson, uscito da poco negli States e in programmazione proprio in questi giorni nelle sale italiane.

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