Amiche diverse

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Margherita Reguitti

22 Febbraio 2023
Reading Time: 5 minutes

Il loro studio di comunicazione è stato precursore in un campo “esploso” nell’ultimo decennio. Un settore in evoluzione continua, che le ha spinte verso nuovi orizzonti

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Comunicare, promuovere ma anche ideare e organizzare: sono questi i settori principali dell’attività nata nel 1995 dall’amicizia e intraprendenza di Daniela Volpe e Paola Sain.

Nel 2025 “Volpe&Sain” di Trieste taglierà il traguardo del trentennale. Ecco il racconto, all’unisono e a due voci, di un’attività di successo al femminile made in Friuli Venezia Giulia.

Come è iniziata questa avventura imprenditoriale?

Daniela: «Un istinto, probabilmente: quello di inseguire le proprie passioni, a cominciare dalla scrittura. Perché questo mestiere poggia sul desiderio di raccontare e dare un’anima alle cose che succedono, condividendole: siamo state ‘social’ ante litteram, coltivando questa passione per la comunicazione. Poi, piano piano, viene anche la voglia di pensare le cose che si promuovono, di inventarle: così la comunicazione diventa ideazione e progettazione».

Paola: «L’inizio è stato quasi casuale, avendo incrociato la strada di altre passioni, attitudini ed esperienze che stavo percorrendo in quegli anni. La necessità e il desiderio di comunicarle si è ben intrecciato con quanto poi abbiamo solidificato assieme come studio».

Imprenditrici dell’informazione, fornitrici di contenuti spesso specifici e verificati: avete anticipato la professione di oggi del giornalista freelance?

«Allora esistevano i giornalisti e le agenzie che organizzavano eventi, convegni e incontri, ma comunicare in modo specifico non era un valore aggiunto diffuso, o scontato. Ci siamo inserite in una nicchia professionale che era ancora tutta da scoprire, da testare e progettare. Un servizio che poteva offrire un valore aggiunto di visibilità a enti, festival, iniziative di vario genere. Questa è un’attività non paragonabile a quella del giornalista freelance che fornisce contenuti, o meglio articoli, a specifiche testate. Noi ci siamo subito relazionate a tutte le testate. Spaziando dal locale al nazionale, sulla base della “notiziabilità” dell’evento».

Avete aperto il tetto di cristallo: giovani, amiche, determinate. Ingredienti del successo oltre la professionalità?

«Probabilmente quello è stato un periodo irripetibile: c’è stato un momento in cui per due poco più che ventenni, magari dotate e certamente spigliate, ma senza particolari spinte o aiuti, e certo con i soli propri mezzi, è stato possibile in breve scalare gli incarichi importanti per la comunicazione culturale sul territorio e capitalizzare questa esperienza attraverso la proiezione nazionale del proprio lavoro. Una apertura di credito, e di porte, tutt’altro che scontata oggi. Siamo state coraggiose e apripista, farlo insieme è stato appassionante e motivante, divertente: un valore aggiunto irrinunciabile».

In trent’anni come avete cambiato il modo di comunicare?

«Quando abbiamo iniziato era importante dimostrare che facevamo solo comunicazione e non “anche” la comunicazione. Nel tempo, per stare sul mercato, rimotivarsi e darsi nuovi obiettivi, è stato fondamentale integrare la proposta. Il desiderio di sperimentare nuove strade ci ha portato a progettare iniziative, quella che consideriamo comunicazione strategica. Questo implica una professionalità ideativa e organizzativa degli eventi, integrando diversi tipi di comunicazione fino a quella social. Adesso, strano a dirsi, ci piace fare anche cose che dalla comunicazione prescindono completamente…»

In questi anni i giornali sono fra i settori che sono cambiati di più? Incalzati dai social media…

«La veicolazione web dei contenuti ha un’importanza rilevante, in quest’ambito i media restano il nostro target privilegiato. La qualità e professionalità della comunicazione sono la via maestra per tenere il passo. Insieme a un approccio sempre ‘artigianale’ e mai campionato: siamo un po’ “sarte” e stiliste nello storytelling dei nostri committenti, vestiamo la loro comunicazione».

Amiche, dicevamo. In cosa vi ritrovate sempre, su cosa le vostre visioni differiscono?

«Come in ogni grande amicizia, non siamo gemelli siamesi: siamo persone con la propria identità e visione del mondo. Professionalmente, però, siamo sempre state straordinariamente affiatate, stesso modo di approcciare e portare avanti il lavoro. Nessun cortocircuito to, insomma, il che è pressoché miracoloso dopo così tanto tempo. Questo progetto imprenditoriale è nato da una grande amicizia: impossibile il contrario. Non a caso tendiamo a costruire amicizie in un contesto professionale. Adesso condividiamo con colleghe di riferimento, Moira Cussigh, Alessia Petrilli e Giulia Naitza, i nostri incarichi nel quotidiano. La passione per questo lavoro è determinante, insieme a una solida tenuta, psicologica ma anche fisica».

Manie e sogni, difetti e pregi?

Daniela: «Nel mio caso considero un pregio, ma insieme anche un difetto, la rapidità e tempestività di elaborazione e azione, che fa parte di come sono e di come agisco: un istinto che rischia di produrre irruenza a scapito della necessaria ponderazione, anche se spesso garantisce risultati utili. Insomma: poca pazienza e grande velocità, due cose che vanno di pari passo e si possono leggere come pregio o difetto, come mania o come virtù. I sogni sono semplici, in fondo, perché coincidono con il desiderio di realizzazione personale e professionale».

Paola: «Per quanto mi riguarda sono forse un po’ più ponderata nelle scelte e nei cambiamenti in genere, talvolta una qualità, ma anche un difetto: però convivo benissimo con la velocità di Daniela, caratteristica che professionalmente mi completa. Penso di poter riconoscere a entrambe guizzi e intuizioni nelle attività che intraprendiamo, anche quando ci confrontiamo con temi di assoluta novità: la curiosità è per me un’alleata fondamentale. Ma un sogno c’è: staccare la spina per un po’, trovare lo spazio per un piccolo tempo sabbatico e dedicarmi a un viaggio, possibilmente un lungo giro in barca a vela con il mio compagno».

Lavorare in contesto di “svago per gli altri” è un vantaggio o uno svantaggio?

«Difficile considerarlo uno svantaggio, i contesti nei quali lavoriamo sono spesso piacevoli: il che è insieme, in sè, un vantaggio perché significa essersi costruite un lavoro su misura dei propri interessi. E un grande svantaggio, perchè porta a farsi cannibalizzare dal lavoro e a staccare pochissimo, mentalmente e fisicamente. Quando capita di andare a uno spettacolo o a un festival dove non stiamo lavorando arriva perfino un senso di straniamento, riesce quasi difficile rilassarsi e godersi la situazione. Però ripagano gli incontri, le tante cose condivise, viste e imparate “dietro le quinte”».

Quando non lavorate cosa fate?

Daniela: «Capita raramente di non ‘lavorare’ perlomeno a nuovi progetti, nel tempo libero, cose che ci stimolano. Personalmente gli scacchi sono un mio bell’altrove, favorito da piattaforme online che permettono di giocare in qualsiasi momento con avversari di tutto il mondo. Vado parecchio al cinema, leggo e scrivo, mi aggiorno su temi come la geopolitica, e viaggio più che posso, possibilmente all’estero».

Paola: «Il tempo libero non si discosta poi molto dalle passioni professionali: pensare sempre a nuovi progetti condividendo un aperitivo, una cena, una serata a teatro o al cinema tra noi colleghe è un tempo che mi appaga particolarmente, assieme a quello che passo a Milano, ormai la mia altra città del cuore. E poi il mare e la barca, dove mi rifugio appena posso».

Progetti per il futuro?

Daniela: «Oltre a quelli comuni, legati al nostro studio, e oltre a quelli culturali che ci piace immaginare, sono impegnata sempre più spesso nella costruzione di progetti cinematografici insieme al mio compagno, che è un filmmaker».

Paola: «Imprescindibile pensare al futuro senza contemplare nostri comuni progetti, ma mi propongo di cominciare a coltivare più attivamente altre passioni personali, come quella della cucina che trovo altrettanto creativa e stimolante».

 

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