L’ultimo calore d’acciaio

imagazine margherita reguitti

Margherita Reguitti

1 Febbraio 2022
Reading Time: 3 minutes

Presentato al TFF

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Un racconto poetico per parole e immagini di un evento storico: la chiusura della Ferriera di Trieste dopo 123 anni di attività.

L’ultimo calore d’acciaio”, documentario di Francesco De Filippo e Diego Cenetiempo presentato in anteprima mondiale al Trieste Film Festival, è una narrazione epica e avvincente di spazi, rumori, fuoco, vite umane, complessità di masse e architetture, valori etici legati a rapporti sociali e di classe.

Un viaggio che si sviluppa in una giornata. Un’opera i cui temi sono articolati in sezioni definite in modo fluido. Francesco De Filippo sceglie la poesia per presentare la grande entità che ha segnato oltre un secolo della vita di Trieste e dei suoi abitanti, ma anche per ipotizzarne il futuro.

Diego Cenetiempo con la sua fotografia compone un racconto classico e raffinato, ora di dettagli, ora di insiemi, nel quale la Ferriera è un’entità che sussulta e respira, soffre e spera, accoglie e spaventa, viene messa in evidenza nei suoi dettagli più intimi, si svela nei rapporti con gli uomini che le hanno dato vita e alla fine si offre quale essere possente ma docile per essere plasmata e iniziare una nuova esistenza.

Classica nella sua raffinatezza la fotografia. Curate e preziose le parole, lirismo visionario, passione e di conoscenza e tensione verso un futuro ignoto.

L’impaginato del film, della durata di quasi un’ora, come un catalogo d’arte ha un suo menabò preciso: si apre e si chiude con una galleria di immagini possenti, di grandi equilibri di masse, di visioni di forme e colori pervasi da un equilibrio estetico fra luce e ombre, di dettagli che diventano metafora di insiemi, e di strutture che parlano oltre la realtà della loro materia.

I testi lirici di Francesco De Filippo aprono e chiudono l’epopea di un cambiamento nel modello industriale. Rendono con dolce ferocia la realtà di quanto accade nel 2020 alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera adagiata sulle onde dell’estremo nord dell’Adriatico: “Poi quasi all’improvviso la vista si sgombra, la carcassa a morsi è stata trascinata via. Una gigantesca onda di silenzio corre dall’orizzonte e lì dove fu fracasso, muscoli ed acciaio è l’ordine geometrico dello stoccaggio”. Suggeriscono un possibile futuro nella riconversione in piattaforma logistica al servizio di una nuova economia sostenibile da un punto di vista ambientale: “Più in là la fulminea leggerezza digitale nel suo continuo, mutuo e infinito frullare di bait”.

Nella parte centrale del documentario le testimonianze dei lavoratori che nel grande gigante di ferro per oltre 30 anni hanno trovato la dignità del lavoro, in un esercizio di democrazia vissuto in una socialità di classe anche culturale di generosa condivisione.

Documenti di repertorio testimoniamo l’ultima colata e la durezza del lavoro sopportata con spirito di gruppo.

Spazio viene dato anche alle tappe e agli attori che dalla fine degli anni ’90 fino al 2020 hanno creato le condizioni e fatto nascere la sensibilità e cultura di anteporre, pagando certo prezzi alti in termini di occupazione, il valore della tutela ambientale e della salute dei triestini alle logiche dei posti di lavoro e dell’economia.

Uno sguardo viene anche rivolto al quartiere di Servola e alla vita attorno al complesso siderurgico.

“Un’epopea che andava raccontata”, ha affermato Francesco De Filippo alla prima presentazione pubblica, perché segna il passaggio a una logica industriale diversa.

Il documentario, prodotto da La Cappella Underground, corredato da sottotitoli in inglese, sarà diffuso a breve anche su canali televisivi e parteciperà a concorsi internazionali quale testimonianza di un possibile futuro di riconversione e rinascita che abbia come obiettivo il rispetto e l’equilibrio ambientale.

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