Un’ascesa senza lieto fine

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Vanni Feresin

16 Gennaio 2018
Reading Time: 5 minutes
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Gli Eggemberg a Gradisca

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Gli Eggenberg e Gradisca

La famiglia degli Eggenberg ha ricoperto un ruolo molto importante per la città di Gradisca e per la nascente Contea principesca. Il cognome Eggenberg è poco noto da noi; fu infatti una famiglia dell’altissimo patriziato stiriano che tra il

‘500 e il ‘600 voleva imporsi politicamente e culturalmente. Quello che le mancava però era un seggio nella Dieta del Sacro Romano Impero. Gli Eggenberg erano principi dal 1625 ma non possedevano territori immediatamente soggetti all’Impero, solo così avrebbero potuto fare parte di questo prestigioso consesso. Ed è per questa ragione che la vicenda di questa famiglia si incrociò col destino della fortezza di Gradisca, un luogo che al principe Giovanni Ulrico era del tutto ignoto prima che gli venisse prospettata la possibilità di diventarne il proprietario. Ma questa opportunità non toccò a lui, che morì nel 1634, bensì a suo figlio Giovanni Antonio una decina d’anni più tardi.

La fortezza di Gradisca e i turchi

La fortezza di Gradisca era stata costruita intorno al 1479, quando la Repubblica di Venezia si era trovata a dover difendere i confini orientali del territorio friulano, in cui era subentrata al Patriarcato di Aquileia, dalla minaccia delle incursioni turche, che si erano intensificate dalla metà del secolo XV. In realtà la nuova fortezza eretta sulla riva dell’Isonzo si rivelò del tutto insufficiente a costituire un baluardo di fronte all’aggressività degli ottomani, che arrivavano in migliaia, varcavano i passi del Carso e attraversavano l’Isonzo senza incontrare resistenza e poi dilagavano in Friuli per tornare rapidamente sui loro passi carichi di bottino e prigionieri.

Massimiliano I, un grande nemico

Un altro motivo di debolezza di Gradisca era la prossimità con un altro pericoloso avversario della Repubblica di Venezia, l’imperatore Massimiliano I che, per lascito testamentario dell’ultimo conte di Gorizia, era subentrato nella proprietà del territorio del Goriziano fin dall’aprile del 1500. Massimiliano I era un nemico temibile, soprattutto per le mire espansioniste. Già una decina d’anni dopo l’annessione di Gorizia riuscì a impossessarsi anche di Gradisca, strappata a Venezia in occasione della guerra della Lega di Cambrai, conclusasi nel 1511. Fu un grande smacco per la Serenissima, difficilmente sopportabile: infatti per decenni continuò un intenso lavoro diplomatico teso a recuperare il controllo della fortezza sull’Isonzo. Ma gli Austriaci non aderirono a nessuna proposta, per cui fu necessario considerare l’ipotesi di una nuova piazzaforte difensiva in territorio friulano e fu così che venne progettata e costruita Palmanova [1593], anche se questo non significava una rinuncia definitiva.

Le Guerre gradiscane

“Venezia non è da guerra”, scriveva Faustino Moissesso, cronista diretto della guerra del Friuli, ma il 19 dicembre del 1615 scoppiò la cosiddetta “Guerra gradiscana” tra gli arciduchi e Venezia, ricordata con questo nome perché si svolse per la gran parte attorno alla fortezza. Ufficialmente, però, il conflitto era sorto a causa delle aggressioni dei pirati Uscocchi di Segna contro le navi venete lungo le coste della Dalmazia. Venezia riteneva che dietro i pirati ci fosse la volontà dell’arciduca d’Austria di danneggiare i traffici veneti nel Mare Adriatico. Il Senato veneziano decise di scatenare la guerra nella convinzione di vincerla facilmente sia per la superiorità marittima, sia per il possesso della nuova fortezza di Palma. L’inizio del conflitto fu favorevole ai veneziani, che occuparono in pochissimo tempo la campagna attorno a Gradisca e isolarono la fortezza. La resistenza degli arciducali fu totale, nonostante il massiccio bombardamento del marzo del 1616; alla fine i Veneti desistettero e l’assedio fu tolto nel novembre del 1617, riportando i confini alla situazione precedente al conflitto, con l’obbligo da parte degli Austriaci dell’annientamento dei pirati uscocchi. Da queste vicende Gradisca ricavò grande fama ma anche danni ingenti: l’opera di restauro apparve subito imponente e non immediata.

La vendita di Gradisca agli Eggenberg

L’Impero era impegnato nella guerra dei Trent’anni (1618-1648). Cercò di approfittarne la Repubblica di Venezia offrendo ripetutamente alla Casa d’Austria ingenti somme di denaro per acquistare la fortezza che non era riuscita a prendere con le armi. L’Imperatore non si lasciò tentare dalle proposte veneziane e decise di trasformare la Capitanìa di Gradisca in Contea Principesca sovrana e immediata dell’Impero Germanico – comprendente la fortezza e altre 52 località – e di venderla, nel 1647, al principe Giovanni Antonio di Eggenberg che così acquistava il tanto agognato seggio nella Dieta del Sacro Romano Impero. Per quanto riguardava Gradisca, comunque, la condizione principale era che la proprietà della contea tornasse alla Casa d’Austria in caso di estinzione degli Eggenberg. Tutto il carico dei danni di guerra passava alla nuova famiglia regnante, che disponeva di enormi risorse finanziarie e poté farvi fronte. Gli Eggenberg, tuttavia, compresero presto che questo non era stato un buon affare, anche perché molte rendite del territorio erano già assegnate a diverse famiglie nobili della zona.

Una famiglia sfortunata

Un’altra sfortunata circostanza allentò quasi subito il legame fra la famiglia Eggenberg e Gradisca: nel 1649, solo due anni dopo avere acquisito la proprietà della nuova Contea principesca, Giovanni Antonio Eggenberg morì improvvisamente (aveva 39 anni) lasciando una vedova, la principessa Annamaria di Brandenburgo, e due figli piccoli. Il governo del territorio fu affidato a delegati non sempre capaci di gestire i problemi. Nel 1656 Annamaria nominò il conte Francesco Ulderico della Torre luogotenente della Contea e questi realizzò molte imprese finalizzate allo sviluppo sociale ed economico di Gradisca: il primo magazzino pubblico di cereali, le prime scuole, il Monte di Pietà, introdusse anche l’industria serica, dalla dipanatura dei bozzoli alla tessitura e tintura della seta, portò inoltre alcune attività artigianali da Venezia, tra cui la produzione di calze di seta, costruì una loggia pubblica per le riunioni private degli stati e rese più sontuoso l’aspetto urbano della città fortificata.

Gli Eggenberg e lo splendore gradiscano

Nei settant’anni in cui Gradisca fu capoluogo della Contea Principesca creata per risarcire i principi Eggenberg, la città conobbe dunque il momento di maggiore splendore della sua storia. Una pace duratura e un’azione di governo saggia e illuminata assicurarono un ordinato sviluppo urbano, economico e sociale, e fecero assumere a Gradisca il carattere di centro residenziale in contrapposizione a quello di cittadella militare. Il formarsi di un consorzio nobiliare locale in concorrenza con Gorizia arricchì la vita sociale e contribuì a migliorare anche l’immagine della città con la comparsa di sobri ma eleganti palazzetti lungo le vie principali.

La fine della dinastia

Ma la situazione sarebbe cambiata di nuovo perché Giovanni Cristiano morì nel 1710 senza eredi e il fratello lo seguì nella tomba già nel 1713. La serie dei lutti però era destinata a continuare determinando il tragico destino della famiglia: l’unico figlio di Giovanni Sigfrido, Giovanni Antonio II, morì tre anni dopo, a 47 anni, e lasciò tutto l’immenso patrimonio degli Eggenberg al piccolo Giovanni Cristiano II, di appena dodici anni. L’anno dopo, un attacco di appendicite portò via anche questo ragazzino, l’ultimo Eggenberg. Rimasero solo due sorelle e il patrimonio – tranne Gradisca – passò alle loro famiglie. Nella chiesa di Maria Hilf di Graz si trovano le sepolture di Giovanni Cristiano II, del prozio Giovanni Cristiano I e dell’antenato Giovanni Ulrico, il primo che emerse e acquisì grande potere alla corte dell’imperatore Ferdinando. L’indipendenza della principesca contea finì perciò con l’estinzione del ramo mascolino degli Eggenberg nel 1717; la città conservò un’amministrazione particolare per oltre trent’anni ma nel giugno 1754 venne assorbita dalla Contea di Gorizia.

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