Una donna da 10 e lode

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Margherita Reguitti

10 Gennaio 2017
Reading Time: 6 minutes

Sveva Casati Modignani

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Sveva Casati Modignani, signora della letteratura contemporanea, ha imparato a conoscere Trieste leggendo Svevo; poi il fato volle che il suo editore scegliesse per lei proprio questo pseudonimo. Autrice di successo ha firmato oltre trenta romanzi, tradotti in 20 Paesi per 12 milioni di copie vendute. Il suo ultimo lavoro dal titolo “Dieci e lode”, una storia d’amore  ambientata nel mondo della scuola e dell’editoria, è stato presentato al Castello di Spessa nell’ambito della rassegna “Calici d’autore”, realizzata dal Comune e dalla Pro Loco di Capriva. Protagonisti del romanzo sono Fiamma e Lorenzo; lei direttrice di una piccola casa editrice, determinata a resistere all’assalto dei grandi gruppi editoriali, lui docente per vocazione, uomo colto e benestante, un missionario, che sceglie di insegnare in una scuola difficile, con ragazzi problematici, spesso definiti “somari”. Due persone ultra quarantenni, con matrimoni naufragati alle spalle, convinti che la vita offra sempre una seconda possibilità.

Da dove è nata la scelta di ambientare il romanzo in una scuola della periferia milanese?

«Uno scrittore si guarda sempre intorno e coglie il bello e il brutto della vita. Questo è uno degli argomenti più brucianti di questi anni. Ho visto lo stato di degrado della così detta “buona scuola” che fa acqua da tutte le parti. Le istituzioni e la politica hanno disinteresse verso gli insegnanti, persone nella maggior parte dei casi preparate e motivate, con retribuzioni vergognose, pagati la metà rispetto ai colleghi francesi. Senza fondi e in edifici fatiscenti devono svolgere il loro lavoro importante e delicato: preparare gli uomini e le donne di domani. Ho visitato edifici scolastici che ospitano studenti in condizioni deplorevoli, arrivando al massimo della tragedia di scuole implose per le scosse del terremoto, nonostante la recente messa a norma sismica. Le pare una cosa onesta? Certo tutto questo ci sta, pensando che un ministro tempo fa dichiarò che la scuola non fa reddito».

 

Come si è documentata per delineare il personaggio di Lorenzo Perego?

«Ho incontrato tanti insegnanti, presidi, studenti in molte scuole e ho capito che a scuola ci sono tanti bravi professori.  È grazie a loro e alle famiglie che i nostri ragazzi imparano a porsi delle domande e non solo a pensare che se sei furbo te la cavi. Lorenzo è un rampollo di buona borghesia, non lavora per necessità ma per passione, un missionario. Ha abbandonato un prestigioso liceo del centro per andare in un istituto professionale della periferia. I suoi sono ragazzi difficili, che non   studiano, ma lui ha imparato che i somari sono spesso i più capaci, quelli che imparano di più e più velocemente, se si riesce a interessarli nel modo giusto».

Fiamma Morino invece è una donna separata, con due bambine e un lavoro impegnativo…

«Anche questo personaggio agisce in un mondo che conosco bene e del quale è importante parlare: le piccole case editrici che oggi hanno una vita difficilissima perché il libro è da sempre un prodotto povero. Inoltre viviamo in un Paese dove un unico gruppo editoriale, la Mondadori, ha fagocitato tutto. Ma Fiamma non si arrende, è capace e motivata e sa gestire i rischi enormi del suo lavoro. Non vuole diventare ricca, vuole credere nei suoi autori di libri importanti e belli, avesse voluto diventare ricca avrebbe scelto altre vie. Ecco queste due persone, con i propri bagagli di esperienze positive e negative, si incontrano e nasce una bella storia».

Due dei suoi personaggi, Ludmilla e Olga Miaselich, arrivano a Milano dal Friuli Venezia Giulia. Come mai?

«Per l’esattezza da Trieste: sono madre e figlia, la prima è una maga che consiglia la gente bene di Milano, la seconda la bellissima e pazza figlia, imprevedibile e forte, rozza ma capace di diventare un’imprenditrice di successo. Sono personaggi costruiti basandomi su ricordi della mia infanzia. Ero piccola e mia mamma mi parlava di una veggente chiamata principessa Tatiana con ascendenze triestine. Ne fui così colpita da ispirare questi due personaggi. Trieste è per me una città particolarmente bella con la sua piazza affacciata sul mare, il Caffè degli Specchi e tanti amici che lì mi aspettano. Olga rappresenta la passione imprevedibile e selvaggia capace di affascinare un uomo come Lorenzo, all’apparenza così equilibrato e razionale. Ma nelle pagine vivono tanti altri personaggi, soprattutto donne, dai tratti veri e diversi».

Come spiega il suo successo in Italia e all’estero, così costante e longevo?

«Sono una miracolata! (Ride di un sorriso divertito e schietto, ndr) Forse nasce dal fatto che racconto qualcosa di universale. Le persone che incontro mi dicono di essersi commosse, divertite, identificate nei personaggi e riconosciute. Questo processo di identificazione nasce dal mio osservare la vita quotidiana attorno a me, dall’ascoltare i racconti, dal guardarsi in giro e stare in mezzo alla gente. Questo libro mi sta dando molte soddisfazioni. Incontro tanti insegnanti alle mie presentazioni; mi dicono che si riconoscono nella fatica di svolgere il loro lavoro tanto importante in edifici fatiscenti e senza i denari per comprare quello che serve, ma con tanta passione nel rapporto con i loro ragazzi, anche i più difficili, quelli definiti “somari” che spesso sono solo ragazzi annoiati con i quali è necessario trovare un linguaggio diverso per farli desiderare la bellezza del sapere farsi delle domande e dunque imparare oltre le conoscenze prestabilite».

Nei suoi romanzi le donne sono protagoniste: si definirebbe femminista?

«Io sono dalla parte delle donne, mi sembra legittimo dopo che per generazioni il sistema maschilista ci ha insegnato a metterci le une contro le altre. Sono convinta che la solidarietà fra le donne, il senso di sorellanza, oggi molto rari, potrebbero dare buoni frutti. Le donne sanno fare molto e bene; la prova ci viene dalla storia. Quando nel medioevo i crociati andavano in giro per il mondo a combattere erano le donne che a casa gestivano l’economia, amministravano la giustizia, educavano i figli. Dunque siamo capaci, generose, abbiamo qualità non superiori ma diverse da quelle degli uomini. Ecco perché l’ideale è un rapporto fra donna e uomo basato sul rispetto e sulla parità».

Dove trova ispirazione per i suoi libri?

«Nella vita, credo che gli spunti per i romanzi più belli siano sotto i nostri occhi ogni giorno, andando a fare la spesa, in ufficio, nelle vie delle nostre città. Basta guardarci attorno e sapere vedere tutto quello che di meraviglioso c’è nella vita, sono già narrazioni che aspettano solo di essere raccontate».

Questo romanzo è ambientato a Milano, che rapporto ha con la sua città?

«Amo Milano, ci sono le mie radici, un tempo nella zona di via Padova, dove io vivo da sempre, vi erano bei palazzi liberty e case più modeste a schiera. Oggi tutto è cambiato; molti di questi edifici sono occupati da stranieri arrivati nel nostro Paese in cerca di una vita migliore che si trovano a vivere in condizioni difficili. Hanno occupato zone della città, tutto è cambiato, ma io non intendo trasferirmi anche se vivo blindata in casa».

A cosa sta lavorando ora?

«Al terzo volume di miei ricordi che uscirà per Electa, nel quale racconto il mondo del lavoro quando ero ragazza, prima di diventare scrittrice. In passato ho lavorato anche come giornalista ma non sopportavo i caporedattori che mi imponevano di cambiare o togliere aggettivi e parole. Per questo ho iniziato a scrivere: per raccontare liberamente le mie storie».

Questo “Dieci e lode” a chi lo diamo?

«Agli italiani, a tutti noi che ce lo meritiamo, capaci come siamo di affrontare una situazione quanto mai difficile senza arrenderci. Certo ci vorrebbe più onestà e competenza soprattutto nella politica, ora che non esiste più né destra né sinistra, per far tornare il nostro Paese ai livelli del dopoguerra quando Togliatti e De Gasperi, un comunista e un democristiano ma soprattutto due persone per bene, seppero fare di un’Italia distrutta dalla guerra una grande potenza». 

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