Nulla è scontato

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Cristian Vecchiet

11 Dicembre 2015
Reading Time: 4 minutes
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Pensiero critico

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Gli uomini sono “animali che si autointerpretano” (Ch. Taylor), cioè animali intelligenti, dotati della capacità di comprendere la realtà, gli altri e se stessi, nonché di agire sulla base di decisioni che nascono dalla loro razionalità.

Il pensiero è costitutivo della persona in modo radicale. Il pensiero non intellettualismo ma attribuzione di significati alla realtà, interpretazione del senso delle cose. Significati e senso che influenzano in forma decisiva la concretezza della vita. Il pensiero può cambiare il corso della vita propria e altrui. Il pensiero è distinto ma al tempo stesso influenzato e capace di influenzare tutto il mondo affettivo, emotivo, pulsionale, corporeo. Per questo, a maggior ragione, va coltivato ed educato. Per questo è necessario che non sia banale. Per questo dev’essere critico. Il pensiero critico è la capacità di non dare nulla per scontato, di interrogarsi sulla realtà, su quanto accade, su quanto ci viene detto, su quello che vediamo e percepiamo, sui sentimenti e i pensieri, sulle grandi domande.

Lasciarsi interrogare dalla realtà e dai vissuti, non lasciar cadere le domande impor tanti anche se la risposta non è immediata, prendere in esame tutti i fattori di una questione anche se appaiono contrastanti, approfondire sempre più i grandi interrogativi: queste sono le pratiche interiori che generano e rendono possibile il pensiero critico.

Il pensiero critico è sostenuto e animato in ultima istanza dal bisogno di dare una risposta adeguata alle grandi domande della vita (Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Che senso ha vivere? Perché ci sono il dolore e la morte?). Le grandi domande segnano l’intera esistenza umana e la qualità della vita dipende in fondo dalla risposta che a esse si dà. In forma esplicita o meno, consapevole o meno. Lo si voglia o no, sono domande a cui inevitabilmente – almeno attraverso la prassi quotidiana – viene data un risposta (M. Blondel). Il pensiero è critico quando non ci si accontenta di risposte banali o semplicemente copiate da altri, quando non si smette di approfondire le domande e le risposte, perché in gioco vi è il senso della vita propria e altrui. Il pensiero è critico quando ci si lascia abitare e turbare dalla difficoltà di dare risposte. In gioco vi è il senso dell’essere al mondo. E il senso non è qualcosa di meramente teorico ma qualcosa altresì di rigorosamente pratico. Il senso della vita si gioca nella concretezza dell’esperienza umana.

Il domandare nasce dall’ascolto serio dei propri vissuti esperienziali, dall’incontro con l’altro – nelle sue radicali similarità e diversità – e dal desiderio profondo di senso e di autenticità che scaturisce dal profondo del nostro essere. La realtà che ci circonda e ci comprende, gli altri simili e diversi da noi, le emozioni interiori che proviamo, le sensazioni, i sentimenti ci inducono a porci la domanda sul senso della realtà e sul senso del nostro essere nel mondo. Il pensiero è critico perché si lascia interrogare e interroga senza accontentarsi facilmente delle risposte, perché non lascia inevase le grandi domande, perché approfondisce anche quando una risposta l’ha già trovata.

È importante educare l’intelligenza a mantenere ampio l’orizzonte del proprio sguardo, a osservare e ascoltare la realtà, a lasciarsi interrogare e a interrogare la realtà. Il che vuol dire ascoltare il proprio mondo interiore, i propri pensieri e i propri sentimenti (introspezione), ascoltare e mettersi nei panni degli altri (empatia), guardare con meraviglia e con timore alla realtà tutta (osservazione).

È decisivo imparare a interrogare ciò che siamo e ciò che ci circonda. È decisivo imparare a porsi la domanda: “che cos’è?”. Ossia: “qual è la sua natura?”. È la domanda che Socrate poneva sempre e inevitabilmente di fronte a ogni cosa: “che cos’è?”. È l’indicazione di Marco Aurelio: “quando ci si trova di fronte a una situazione la prima regola è la semplicità: di ogni cosa chiediti cosa è in sé”. La domanda sulla natura di tutte le cose è la domanda fondamentale. Decisiva è poi l’altra che segue a catena: “perché?”. È a partire da queste domande che è possibile poi capire come orientarsi nella vita e imparare a porsi la questione del proprio orientamento etico (cos’è la vita buona e quindi come devo comportarmi?).

Uno dei compiti educativi fondamentali degli adulti è esattamente quello di educare all’introspezione, all’empatia e all’interrogazione filosofica. Sollecitare i ragazzi a porre domande, a non accontentarsi delle risposte di comodo, a non abbandonare la fatica dell’interrogazione e della ricerca di un senso possibile e mai esaustivo è uno degli obblighi morali di chi educa. Sia un genitore, un insegnante, un allenatore…

Le opportunità possono essere di fatto infinite. Di fronte a un evento non solo felice o drammatico ma anche del tutto ordinario è sempre possibile innescare una riflessione che apra la strada anche a una metariflessione. Si può sempre chiedere: “Cos’è successo?”, “Di cosa si è trattato?”, “È giusto o sbagliato?”, “Perché?”. È inoltre sempre possibile esprimere un commento ragionato su qualunque cosa. Oppure è possibile raccontare e raccontarsi: la narrazione esplicita almeno in forma indiretta una lettura della realtà, un’interpretazione, i valori di riferimento, il modo in cui si è agito di fronte a una data situazione.

Questi sono modi per offrire schemi e mappe sia di interpretazione che di azione. E dietro alle domande e alle risposte specifiche in filigrana si intravede sempre la visione del mondo più comprensiva e complessa. I ragazzi hanno bisogno di esempi, racconti, ragionamenti, domande e risposte. La testimonianza diretta, la narrazione non banale, l’interrogazione, la discussione schietta sono servizi educativi che aprono la mente e il cuore del ragazzo a prospettive nuove o comunque lo aiutano a consolidare uno stile riflessivo non scontato.

La riflessione non è solo questione di testa ma anche e soprattutto di vita. Riflettere è formarsi la capacità critica di interpretare la realtà e quindi un modo personale di stare al mondo. E in fondo è esattamente questo il fine di una buona educazione.

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