Mezzo musicista e mezzo idraulico

Michele Tomaselli

9 Marzo 2017
Reading Time: 5 minutes

Mauro Marcuzzi

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Mauro Marcuzzi è un esponente del panorama musicale udinese, dotato di una versatilità non comune, la cui creatività fonde contaminazioni di varia natura. Di professione idraulico, la sua vera passione è la fisarmonica. L’indole per suonarla ce l’ha sempre avuta, anche da ragazzo quando studiava il pianoforte; cavalca con lei gli anni della giovinezza e della maturità, fino a essere considerato uno stimato fisarmonicista. Il suo guru è stato l’indimenticabile Otello Zuccolo, noto compositore, punto di riferimento per svariati musicisti friulani.

Come il grande maestro, anche Marcuzzi si è innamorato delle melodie sudamericane fino ad approdare ai palcoscenici regionali, regalando sonorità mai scontate e con l’impronta del gusto dolce amaro. Grazie al suo talento e alle sue capacità artistiche, propone repertori che spaziano dalla musica classica al jazz al folk. Ho il piacere di incontrarlo all’osteria Vecchio Stallo di Udine.

Mauro, partiamo dalle radici: da che mondo musicale proviene?

«Da quello stretto della provincia. Ho vissuto la mia infanzia tra la musica e l’attività termoidraulica di mio padre. Sono cresciuto lavorando come apprendista idraulico e sperimentando le sonorità di qualche strumento. Ho inteso il piacere di fare musica non solo per crescere culturalmente ma anche per sviluppare la mia creatività. Un piccolo sogno realizzato grazie al cuore di mamma e papà».

Quando sono avvenuti i primi incontri con la musica?

«Il mio primo avvicinamento fu alle elementari, quando la maestra di italiano mi fece ascoltare Bach, Beethoven e Mozart durante un tema in classe. Questi suoni mi rilassavano e mi stimolavano a scrivere meglio. Seguirono altre esperienze fino a che, molti anni dopo, iniziai a muovere i primi passi nella musica. Successivamente ebbi modo di esibirmi nelle sagre arrangiando le mie prime canzoni. Queste ultime le consideravo come degli abiti cuciti su misura, diverse per ogni occasione. E forse da qui ho compreso la mia geografia musicale».

Ovvero?

«Arrivai a una svolta. La fisarmonica era uno strumento che mi aveva sempre incuriosito, nonostante non apprezzassi quell’utilizzo limitato ai soli accompagnamenti folk e da ballo. Tuttavia il mio interesse crebbe a dismisura quando scoprii che in America la si utilizzava anche per intonare musiche jazz. Molti musicisti statunitensi la trovavano una valida alternativa al pianoforte. Inoltre in alcuni Paesi dell’Est veniva usata per fare musica classica e già da qualche tempo era stata inserita tra gli strumenti didattici dei Conservatori».

È in Italia che cosa stava succedendo?

«La situazione era controversa e gli accademici la reputavano uno strumento per “vecchi”: uno sminuimento che la portava a essere utilizzata perlopiù nelle sagre. Ma nonostante questa tradizione scellerata, avevo scoperto con sorpresa che le fisarmoniche non erano tutte uguali e cambiavano in base ai generi musicali e alle tradizioni di ogni singolo Paese».

Così ci avviciniamo alla fine di questa storia tormentata…

«Quando pareva certo che la fisarmonica non interessasse a nessuno dei solisti di fama, apparve il grande Richard Galliano. Ci insegnò che era possibile suonare musiche jazz alla pari di tromba e sassofono. Oggi è ritenuto uno strumento complesso e completo, con cui si può fare ogni tipo di musica: dal folk al classico al jazz e al moderno. La fisarmonica unisce e stupisce ed è in grado di collegare ogni genere, tradizione e innovazione musicale».

Lo stimolo decisivo per il suo primo gruppo musicale.

«Tra discussioni e suggerimenti nel 1987 diedi vita ai “Music Feel Trio”, un gruppo di tre musicisti, formato da voce, pianoforte e fisarmonica. Riuscii così a coronare il sogno di suonare più generi con la fisarmonica: eseguimmo molti concerti, soprattutto in Austria e nella ex Jugoslavia, riuscendo a vivere di musica».

Joe Cocker era un idraulico mancato così come Drupi; ma Mauro Marcuzzi lo è davvero…

«Diciamo mezzo musicista e mezzo idraulico… Continuo a portare avanti l’azienda di famiglia: in giro ci sono tanti lavandini da disotturare».

Si dice che ogni maestro ha un suo allievo e questo gli diventa infedele perché è destinato anche lui a diventare maestro. Il suo chi è stato?

«Devo tutto a Otello Zuccolo e alla sua scuola di musica che per me rappresentano una preziosa eredità morale e artistica. È grazie a Otello se mi sono appassionato al Brasile, un Paese dove l’allegria e il ritmo sono più contagiosi che mai, come dimostrano le musiche e le danze. Un universo variegato ricco di contaminazioni. Lì la musica è spontanea e nasce nel cuore della gente. Forse per questo ho preso moglie brasiliana…»

Dopo gli esordi seguirono concerti d’eccellenza e tante iniziative.

«Ricordo quando suonavo a Villa Trovatore a Cervignano: il locale era uno dei più gettonati della Bassa Friulana, meta ricorrente di giovani che giungevano da ogni angolo della regione. Poi, mi sono esibito alla Terrazza Mare di Lignano e nei lounge bar, soprattutto il Contarena e il Carmagnola, ma anche il Dolce Vita di Bibione. Ho avuto l’onore di fare musica anche alla Casa Secolare delle Zitelle, in un evento dal profilo didattico e artistico organizzato dal Conservatorio. Ricordo inoltre gli incontri musicali con il fisarmonicista Toni Cuberli e, con altrettanto piacere, la partecipazione al Festival Internazionale di Musica in Quota a Sauris. Nelle varie edizioni ho avuto modo di confrontarmi con i grandi maestri dello strumento aerofono, tra i quali Alexander Skliarov e Peter Soave. Proprio a Sauris (Zahre in tedesco), da un progetto di Denis Biasin, è nata la Fisarmonica Zahre».

Per diventare un musicista non basta saper suonare le note… Il suo è stato un percorso formativo intenso.

«Un fisarmonicista è in grado di eseguire qualunque genere. Fino al 2009, invece, io non suonavo i repertori classici: fu questo il motivo che mi spinse a frequentare la scuola del maestro Sebastiano Zorza, un grandissimo della fisarmonica, dotato di capacità comunicativa e di un suono dalle molteplici sfumature. È solo grazie a lui se oggi riesco a interpretare brani classici con una buona virtuosità e se sono riuscito ad apprendere nuove tecniche musicali e strumentali».

Cambiamo argomento. Vino e musica: la seconda è davvero in grado di influenzare il primo?

«Ascoltare musica mentre si assaggia il vino è un’esperienza che, a mio avviso, aumenta la piacevolezza della degustazione. Proprio per colmare questa esplosione di gusto, assieme all’amico Sebastiano Zorza abbiamo organizzato nel 2016 Wine Music and Friends. Una serata all’aperto fra tanti amici, per abbinare la musica con le degustazioni dei vini. L’azienda agricola “La Luna Storta” di Beatrice Pascolini a Gagliano di Cividale è stata la giusta cornice dell’evento. Tra i protagonisti indiscussi di questa serata anche Marko Feri, un’eccellenza di casa nostra, definito dalla stampa americana uno tra i più virtuosi chitarristi classici contemporanei».

Recentemente è nato Pietro, che cosa è cambiato nella sua vita?

«Ho meno tempo di fare musica, ma la gioia di un figlio non ha prezzo».

Ci perdoni una battuta: perché in Italia l’idraulico impersonifica sempre l’amante di mogli infedeli?

«Non ho la risposta (ride, n.d.r.). Ma ho scoperto che in altre culture il ruolo dell’amante non è più affidato all’idraulico. Ad esempio nel Regno Unito abbondano le barzellette e gli sketch sul milkman, l’uomo che consegna il latte porta a porta, mentre in Slovacchia il tombeur de femme è il postino».

Siamo arrivati alla conclusione. Può svelare ai nostri lettori i suoi prossimi impegni?

«Suonare alla Casa Secolare delle Zitelle, riproporre la seconda edizione di Wine Music and Friends, anche aprendo a nuove cantine, ed esibirmi nelle piazze di Udine e Gorizia, magari con l’aiuto di iMagazine».

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