Marco Petean, modellando emozioni

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Le sue sculture in terracotta policroma fanno rivivere l’intensità creativa dello studio degli artisti: «Un luogo dov’è possibile sublimare i propri pensieri e rendere sopportabile il proprio tormento»

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Marco Petean (© Elia Falaschi)

Emozioni, tormenti, angosce, passioni. Le sculture di Marco Petean, artista friulano dagli ampi orizzonti, riescono a trasmettere tutto questo e molto altro.

Come confermano gli apprezzamenti di pubblico e critica, nonché di un Maestro d’arte quale Giorgio Celiberti.

Ma la storia dell’artista di Cervignano del Friuli parte da lontano, come lui stesso ripercorre in questa intervista.

Marco Petean, quando è nata la passione per l’arte?

«La ritengo innata in me. Sono un figlio d’arte, mia madre aveva un’attività di artigianato artistico e fin da piccolo sono cresciuto in mezzo a colori, pennelli, pacchi di argilla. Da molto giovane ho imparato a modellare l’argilla e a dipingere, creando presepi in terracotta rossa e altri oggetti. Crescendo ho continuato ad alimentare questa passione visitando mostre, musei, gallerie, fiere d’arte e artisti all’interno dei loro studi. Inoltre ho lavorato per diversi anni come interior designer e ho sempre coltivato la passione per il disegno e la rappresentazione degli spazi interni».

Opera di Marco Petean esposta nella mostra “Studi d’Artista” (© Elia Falaschi)

Nell’ultima mostra allestita a Udine – “Studi d’artista” – ha esposto i suoi “teatrini” in terracotta policroma. Cosa sono esattamente?

«Le mie opere sono delle sculture in terracotta policroma. Seguendo una tradizione legata ai grandi Maestri dell’arte italiana del Novecento come Arturo Martini, Lucio Fontana, Giosetta Fioroni, Fausto Melotti sono stati definiti come “teatrini dell’arte”, perché rappresentano uno spazio, nel mio caso creato in terracotta, nel quale ritraggo personaggi e racconto le loro emozioni, i loro pensieri».

Attraverso le opere esposte ha voluto portare i visitatori all’interno dello studio di un artista. Come mai?

«Perché lo studio d’artista è un luogo magico, è un luogo di esplosione dell’interiorità e tutto ciò che si vede al suo interno, concorre a determinare l’autoritratto dell’artista».

Per Marco Petean cosa rappresenta lo studio di un artista?

«Una tana, una casa, un rifugio dalle angosce esterne, è l’unico luogo dove l’espressione di sé diventa sacra e dov’è possibile sublimare le proprie esperienze e i propri pensieri e mantenere a bada o rendere sopportabile il proprio tormento. Lo studio inoltre, permette all’artista di circondarsi delle proprie opere che restituiscono energia e contribuiscono a generare un’atmosfera così intensa da suscitare un’emozione simile a quella che si prova in un innamoramento».

Com’è lo studio dell’artista Marco Petean?

«Il mio studio rappresenta il “mio mondo”, “i miei mondi”. È il luogo che mi offre la libertà di esprimermi; è anche un campo di battaglia, dove avviene un combattimento all’ultimo sangue con me stesso, è un luogo dove avviene un incantesimo, ovvero uno stato creativo in cui è possibile esprimermi. Inoltre è un luogo dove fallimenti o sensazioni di impotenza si trasformano in idee e poi in materia o dove i ricordi che riaffiorano diventano seme di nuova creazione. Il mio studio trasmette tutto questo».

Nella mostra a Udine ha esposto 20 sculture e 4 bozzetti, disegni a tecnica mista: come sceglie i soggetti di queste opere?

«I soggetti esposti alla Casa della Confraternita sono gli artisti raffigurati all’interno dei loro studi. Alcuni li ho conosciuti realmente e ho fatto loro visita all’interno dei propri atelier, altri li ho incontrati e conosciuti attraverso le opere, visitando mostre, fiere d’arte, musei e gallerie. La scelta di chi rappresentare deriva dalle emozioni che mi trasmettono, come persone e attraverso i loro lavori, le tematiche che affrontano e come lo fanno».

Tra i numerosi apprezzamenti ricevuti per l’esposizione, spiccano quelli del Maestro Giorgio Celiberti. Cosa le ha detto?

«È stata una delle prima persone alle quali ho mostrato le mie sculture, ancora prima di iniziare la mia attività espositiva. Celiberti ha sempre espresso entusiasmo e apprezzamento per il mio lavoro. In occasione della visita alla mia prima mostra personale nel 2019, nel libro delle dediche ha scritto “La mostra di Petean è una rassegna dell’arte tradotta in una toccante poesia”. Lui si emoziona sempre quando vede le mie opere, ne coglie l’atmosfera, riconosce gli artisti raffigurati e apprezza molto la materia utilizzata».

Giorgio Celiberti in visita alla mostra di Marco Petean

In generale, qual è il complimento più bello che ha ricevuto per le sue opere?

«“Sono rimasto di stucco”, Valentino 10 anni. “Petean poeta stratosferico! Sintesi affascinante di pittura, scultura e scenografie teatrali. Storie di innamoramenti e memorie”, Licio Damiani. Questi sono due dei tantissimi pensieri e dediche che i visitatori delle mie mostre hanno voluto lasciarmi in questi anni. Per me sono fonte di energie positive per continuare con determinazione la mia attività artistica e sono fonte di analisi e ispirazione».

Lei lavora in ambito sanitario: come riesce a “staccare” la spina dal contesto lavorativo per dedicarsi alla creatività artistica?

«Sento l’urgenza di esprimermi attraverso le mie sculture, i luoghi e i personaggi che ritraggo. Il lavoro in ambito sanitario richiede molte energie mentali e fisiche, per me la scultura è la modalità più libera e spontanea per esprimermi e per ricaricarmi».

Uno degli incubi peggiori per gli artisti è la mancanza di ispirazione. Marco Petean dove trova la sua?

«Nelle esperienze di vita che ho fatto e che sto facendo, nelle mie memorie, nel mio passato, ma anche negli incontri e nelle visite che avvengono nel corso delle mie mostre. Dal confronto con le persone, dalle mie esperienze lavorative passate e presenti. Da tutto».

Opera di Marco Petean (© Elia Falaschi)

Come valuta il livello degli artisti in Friuli Venezia Giulia?

«In regione ci sono molti artisti che si impegnano per portare avanti le proprie attività, il proprio percorso artistico e di racconto, la propria poetica, con determinazione. Io cerco di visitare tutte le mostre che mi interessano, sia in Friuli Venezia Giulia che fuori regione: confrontarsi con il lavoro degli altri, aprirsi agli altri è una parte fondamentale del mio percorso. Anche per questo motivo mi piace andare a incontrare gli artisti all’interno dei loro studi».

C’è un artista in particolare a cui si ispira?

«Mi ispiro a diversi artisti che nel corso dell’ultimo secolo, in particolare, hanno utilizzato la terracotta come materiale d’elezione per raccontare delle storie, ciascuno con la propria poetica. Pino Deodato è uno di questi, il suo lavoro in pittura e scultura per me è semplicemente meraviglioso e poetico».

Marco Petean illustra le sue opere ai visitatori della mostra (© Elia Falaschi)

Lei è nato a Udine e lavora a Cervignano del Friuli. Qual è il suo rapporto con il territorio?

«Direi buono. Sono anche molto legato agli artisti della mia terra, rappresentano le mie radici, i temi che hanno trattato o che trattano per me sono molto attuali, mi appartengono. Prendo ad esempio Giuseppe Zigaina, l’artista cervignanese più noto, ma anche Sergio Altieri, Giorgio Celiberti, Cesare Mocchiutti, Roberto Kusterle, Franco Dugo ed altri. Alcuni di loro ho avuto la fortuna di conoscerli e di frequentarli. Il territorio è rappresentato anche dagli operatori pubblici e privati, dalle istituzioni, dalle associazioni culturali e dalle gallerie private che supportano e affiancano gli artisti nella loro attività. Nel mio caso la mostra di Udine è stata promossa dall’Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte, patrocinata dai Comuni di Udine e Cervignano del Friuli, in collaborazione con Civici Musei Udine e Copetti Antiquari di Udine, una realtà storica e di assoluto prestigio nell’ambito dell’arte moderna e contemporanea a livello nazionale e inter nazionale.  Contestualmente alla mostra alla Casa della Confraternita, al Castello di Udine, presso la Galleria Copetti Antiquari nella nuova sede di via della Prefettura 6, le mie opere sono state in dialogo con quadri e sculture dei grandi Maestri del Novecento come Mirko Basaldella, Zigaina, Celiberti, Giacomo Manzù e molti altri».

Dopo l’esposizione a Udine, ci sono altri progetti in cantiere?

«Ho già iniziato a lavorare a nuovi cicli di opere, sulle tematiche legate alla mia memoria, al mio passato, ai miei valori. Spero di poter realizzare una mostra personale partendo dal nucleo di queste nuove opere».

Marco Petean con Diana Cerne, curatrice della mostra “Studi d’artista. Storie d’innamoramenti,
inquietudine e memoria” (© Elia Falaschi)

Qual è invece il sogno nel cassetto che Marco Petean vorrebbe realizzare?

«Mi piacerebbe realizzare come curatore una mostra delle opere di mia moglie Diana Cerne, per ricambiare l’impegno e la passione con cui ha curato la mia ultima mostra. Anche lei si esprime attraverso la scultura e lo fa in modo originale, con grande sensibilità e forza espressiva. Poi, dopo questa sua mostra personale, mi piacerebbe fare una mostra bi-personale con lei, in quel caso potremmo continuare a lavorare a delle opere a quattro mani, come abbiamo fatto in passato, suscitando grande apprezzamento. Mi piacerebbe inoltre continuare a collaborare con istituzioni museali come è accaduto a Udine con Civici Musei e lo scorso anno, quando ho esposto a Pirano in Slovenia presso la splendida Casa Museo di Giuseppe Tartini. La scelta dell’istituzione e dello spazio espositivo sono determinati per la buona riuscita di un’esposizione».

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