L’armonia tra suolo e acqua

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Bonifica e territorio

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La bonifica: azione perenne per la difesa del territorio

Suolo e acque hanno costituito da sempre un binomio essenziale, il più delle volte armonico e fecondo, ma anche difficile e tormentato. La gestione di tale binomio si identifica con la bonifica, una delle attività umane più antiche, la cui evoluzione ha accompagnato, passo dopo passo, il lungo cammino dell’uomo nel suo approccio con il contesto che lo ospitava, per renderlo produttivo e meno infido, per consentire i diversi insediamenti, per difendere e valorizzare l’ambiente e il paesaggio.

Bonifica è, dunque, sinonimo di bonum facere, cioè rendere buono quello che buono non è, ma che può diventarlo con opportuni provvedimenti. Nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento si fece gradualmente strada il convincimento che il solo risanamento idraulico non risolveva i problemi delle terre malsane e che lo stesso andava integrato con decisi interventi di carattere igienico-sanitario (campagne antimalaria), con razionali sistemazioni dei suoli e appoderamenti, e con l’inserimento di infrastrutture e servizi per le comunità. Prese corpo, allora, un efficace fermento legislativo, che portò alla promulgazione della legge quadro sulla materia, il Testo Unico R.D. n. 215/1933 Nuove norme per la bonifica integrale. Un provvedimento tutt’ora vigente nel suo impianto di indirizzo, pur con taluni adeguamenti e il supporto della normativa regionale, che ha assegnato alla bonifica una rilevanza globale, giuridicamente qualificabile come funzione e, con l’attributo di integrale, un ampio campo di operatività nella convergenza tra interesse pubblico e obiettivo privatistico, sia sotto il profilo delle scelte programmatiche che della loro esecuzione.

La bonifica così intesa comprende, pertanto: il mantenimento del delicato equilibrio terra-acque, la costruzione di opere idrauliche, la sistemazione dei terreni, la distribuzione irrigua, la ricomposizione dei fondi frammentati, la costruzione di fabbricati rurali, di centrali idroelettriche ed elettrodotti, di strade e acquedotti. E ancora: il  rimboschimento delle pendici montane, nonché l’assunzione di provvedimenti atti a monitorare e fronteggiare l’erosione di sponde e argini, gli stati di subsidenza, la risalita del cuneo salino, i fenomeni di desertificazione lungo le fasce litoranee.

La bonifica ha trovato autorevole inquadramento pure da parte della Corte Costituzionale, che l’ha definita “… un articolato processo di formazione e di trasformazione del Territorio per renderlo agibile ai fi ni abitativi e fruibile agli usi produttivi più diversi: essa, pertanto, è a buon diritto strumento ordinario di gestione del Territorio…” ed inoltre, “…un servizio a beneficio dell’intera Comunità, un’attività per sua natura perenne, in continuo divenire…” (sentenza n. 66 dd. 24.2.1992).

Il Consorzio di bonifica

Perno strategico di questo ‘processo-servizio’ è il Consorzio di bonifica, persona giuridica a struttura associativa, organo tecnico ed economico portatore di una ‘duplicità’ di funzioni (pubblica e privata) e di una natura intrinsecamente ‘mista’ (pubblica e privata): da un lato, esso è espressione degli interessi dei proprietari (consorziati) dei fondi coinvolti nell’attività di bonifica, che dalla medesima traggono beneficio, disciplinata legislativamente e resa obbligatoria; dall’altro, esso è soggetto pubblico titolare o partecipe di funzioni amministrative, in forza di legge o di concessione dell’Istituzione statale e regionale.

Il Consorzio, in particolare, è dotato di autonomia di bilancio, di autofinanziamento delle attività di gestione tramite il meccanismo della ‘contribuenza’ posta a carico dei proprietari ricadenti entro il perimetro di competenza e, fatto di non poco conto, l’Ente viene amministrato da organi espressi dai consorziati stessi.

L’evoluzione della legislazione statale e regionale non ha affievolito le ‘funzioni’ in capo ai Consorzi di bonifica, anzi ha conferito loro nuove valenze, con ciò avviando una ulteriore fase operativa, quella ‘ambientale’, meglio identificabile nell’attività di difesa del suolo e di tutela del territorio.

Infatti, la crescita demografi ca, l’esodo dalle campagne, lo sviluppo urbano, industriale e turistico, le  innovazioni negli ordinamenti colturali e nelle sistemazioni agrarie e il progresso tecnologico degli ultimi sessant’anni hanno impresso agli ambiti regionali una evoluzione molto rapida con la quale i Consorzi hanno dovuto fare i conti, adeguando progressivamente strutture e interventi a protezione di un insieme complesso e delicato, in quanto ‘territorio’, ‘ambiente’ e ‘paesaggio’, un habitat vulnerabile nel quale viviamo e operiamo.

Va riconosciuta ai nostri Consorzi di bonifica una precisa specificità istituzionale, evidenziata dalla collocazione strategica nel suddetto territorio, dalla conoscenza capillare del proprio comprensorio, nonché dalla disponibilità di un patrimonio umano di capacità e di conoscenze tecniche di prim’ordine, nonché di un articolato sistema di opere in continuo esercizio, manutenzione e ammodernamento col concorso finanziario mirato della Regione.

Nel territorio del Friuli Venezia Giulia operano attualmente tre Consorzi di bonifica, quattro fi no ad un anno fa, i cui comprensori di competenza sottendono una perimetrazione tesa a conseguire economie di scala nella gestione consortile: Pianura Isontina, Pianura Friulana (C. Ledra Tagliamento e C. Bassa Friulana, assieme) e Cellina Meduna. Sono gli eredi di una tradizione operativa, che affonda le radici nella consuetudine del buon governo delle acque latina, veneziana, asburgica e italiana.

I suddetti Consorzi coprono ampie aree agricole e urbanizzate (quasi 340.000 ettari, pari al 43% della superficie regionale) e gestiscono un’imponente serie di impianti, strutture e manufatti. Oltre ad assicurare la distribuzione irrigua mediante scorrimento, aspersione o a goccia, operazioni ben visibili nelle stagioni estive anche all’occhio del profano, i nostri Consorzi provvedono alla quotidiana gestione delle acque provenienti da monte (regimazione, raccolta, smaltimento, difesa a mare e a laguna con arginature), nonché di quelle meteoriche e di risorgiva, con impiego di uomini, mezzi e impianti lungo l’ampio arco litoraneo che si estende dal Timavo al Tagliamento. Un territorio di circa 30.000 ettari posto ‘sotto pompa’, affrancato dalle acque grazie all’esercizio di numerose idrovore di dimensioni e capacità diversificate, dislocate in siti idraulicamente strategici, come indicato nell’allegata corografi a (idrovora, termine derivato dal greco antico con significato di divoratrice di acqua).

Un’attività quasi impercettibile, ma concreta e poderosa, di smaltimento tramite 32 impianti idrovori: 2 tra Timavo e Isonzo, con una potenzialità di 13 mc/sec; 30 tra Isonzo e Tagliamento, con una potenzialità di 170 mc/sec. Una grande massa d’acqua che, soprattutto nelle stagioni piovose, in assenza del citato presidio idraulico, potrebbe minacciare pericolosamente numerosi centri abitati, vaste aree agricole, insediamenti urbani, zone industriali e artigianali, importanti località turistiche e che nei periodi siccitosi, peraltro, viene utilizzata in vario modo per assicurare una provvidenziale ‘irrigazione di soccorso’ alle campagne, a suo tempo bonificate.

I personaggi eminenti della nostra bonifica

Il Prefetto Cesare Primo Mori fu un ‘grande’ della bonifica, comandato in Friuli nel 1929, quand’era all’apice di una brillante carriera pubblica, a dirimere la diatriba insorta tra i soggetti interessati alla bonifica e alla trasformazione fondiaria della bassa pianura friulana.

Il nuovo incarico aprì la strada a Mori a una parallela incombenza: il coordinamento della complessa operazione di bonifica e rinascita dell’Istria, una terra martoriata dalla malaria, dalla siccità, dal banditismo e da una secolare arretratezza, cui non avevano saputo porre rimedio né la Serenissima né l’Amministrazione austriaca nel corso delle rispettive gestioni. In realtà, il ‘palazzo romano’ approfittò dell’occasione per allontanare, forse definitivamente, da Roma e dal Senato, ovvero dalla scena e dalla popolarità, uno scomodo personaggio, mai succube alla ‘stanza dei bottoni’: così, pure lui, protagonista in positivo nella guerra dichiarata alla mafia dal regime, venne mandato ‘al confino’ come un picciotto. Ciò che in poco meno di un quindicennio (1929-1942) Cesare Primo Mori seppe realizzare nel Comprensorio della Bassa Friulana e in Istria ha dell’incredibile, soprattutto se rapportato ai mezzi operativi del tempo, alla vastità dei comprensori da risistemare (oltre 70.000 ettari e 35 Comuni, nella bassa pianura friulana; oltre 360.000 ettari e 19 Comuni, nella penisola istriana), alla gravità dei problemi da risolvere (non ultima la diffusione della letale endemia malarica) e all’entità delle opere da costruire. Un imponente lavoro di trasformazione e di rinascita, una esemplare interpretazione e traduzione sul campo dell’articolato concetto di bonifica integrale.

Cesare Mori si spense a Pagnacco il 5 luglio 1942. La sua amata consorte lo aveva preceduto nel marzo dello stesso anno. Figura di alto profilo, uomo schivo, inviso ai notabili del regime perché sordo alla ‘voce del  padrone’, temuto da mafiosi e omertosi, lucido e puntuale nella gestione delle due entità consortili sopra menzionate, il Prefetto Cesare Mori costituirà per sempre un riferimento emblematico, soprattutto per quanti hanno a cuore le sorti di quella realtà economico-sociale, talvolta un po’ negletta, che è il mondo dei campi e della bonifica. La sua è stata una preziosa testimonianza del bene operare, fatto di senso dello Stato, di determinazione, spirito di servizio e professionalità: valori veri, che vanno sottratti all’oblio e al silenzio, senza riserve.

Un deferente e grato pensiero va rivolto anche alla memoria di un altro personaggio di rilievo nella storia bonificatoria contemporanea della Bassa Friulana: Enrico Tosoratti, Presidente del Consorzio per 26 anni, dal 1966 al 1992. Guidò l’Ente con dedizione e competenza, caratterizzandone la pronta ripresa dopo la disastrosa alluvione del novembre 1966 e concorrendo con la propria autorevolezza nei decenni successivi a mantenerne alto il prestigio in un contesto di rilevante operatività.

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