La donna del cinema

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Margherita Reguitti

21 Luglio 2022
Reading Time: 5 minutes
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Nadia Trevisan

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Alberto Fasulo e Nadia Trevisan

Un viaggio in costante crescita nel segno della qualità: nel giro di 9 anni la Nefertiti Film di Nadia Trevisan e Alberto Fasulo ha portato a casa vari premi e riconoscimenti per gli 11 film prodotti usciti in sala ma anche presenti ai più importanti festival nazionali e internazionali.

Con “Piccolo corpo” della triestina Laura Samani si è aggiudicata il “David di Donatello” per il miglior esordio alla regia della 67esima edizione del premio svoltasi lo scorso maggio a Cinecittà, presente il Gotha della settima arte. La favola cruda, girata in Friuli Venezia Giulia e ispirata a tradizioni regionali, ha riscosso anche interesse alla presentazione svoltasi in occasione della Semaine de la Critique di Cannes.

La società di produzione e distribuzione cinematografica e audiovisiva indipendente, con sede madre a San Vito al Tagliamento e uffici a Roma, si è fatta conoscere e apprezzare a livello nazionale e internazionale non solo per le produzioni con registi e autori affermati, ma anche per la propensione a portare sul grande schermo storie che sappiano parlare onestamente al cuore del pubblico, andando alla scoperta di nuovi talenti.

Nadia, come è stato il suo incontro con il cinema e come è nata la Nefertiti Film?

«L’incontro con il mondo dell’industria cinematografica è avvenuto quasi per caso, in un momento di grande cambiamento della mia vita e Nefertiti Film è nata dalla decisione presa con Alberto Fasulo, regista, nel momento in cui abbiamo deciso di unire le nostre strade anche a livello professionale».

Da cosa deriva il nome che rimanda all’antico Egitto?

«Il nome arriva da un regalo che Alberto Fasulo aveva ricevuto anni fa da una persona a lui molto cara».

Si può parlare di un cinema FVG visti la qualità e il numero di bravi registi da Trieste a Udine, da Gorizia a Pordenone?

«Direi proprio di sì; ma non solo perché ci sono bravi registi. In generale ci sono più produzioni che registi in regione. Questo grazie a un’importante filiera del cinema che si articola in produzioni cinematografiche, crew tecnica, ma anche la presenza istituzionale del Fondo Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia e della Film Commission Friuli Venezia Giulia, accanto a distributori, festival, mercati di co-produzione ed esercenti».

Che cosa racconta il cinema della molteplicità di culture e tradizioni del territorio del Friuli Venezia Giulia?

«Il cinema è uno strumento che consente di fare cultura, valorizzando anche i territori. Attraverso lo sguardo cinematografico si può dar spazio a voci molteplici, affrontando temi diversi, arrivando così a un pubblico vasto ed eterogeneo».

Fare cinema significa fare impresa, non solo creatività, non solo arte. Ci racconti la complessità aziendale nel reperire finanziamenti, gestire i rapporti con le istituzioni, far dialogare pubblico e privato…

«Una produzione cinematografica funziona esattamente come qualsiasi altra azienda di un altro settore, con la peculiarità che ogni volta che produce un film è come se lavorasse su un prototipo. Ogni film è un’opera a sé stante, con le sue complessità, i suoi budget e piani finanziari. Le strategie produttive cambiano di volta in volta e coinvolgono sia partner privati che pubblici. Senza dubbio in regione gli strumenti già citati del Fondo per l’Audiovisivo e della Film Commission hanno permesso che qui si potesse sviluppare questo settore così particolare e affascinante. I finanziamenti pubblici a cui una produzione cinematografica può accedere possono essere regionali, nazionali e sovranazionali. Sono tutti selettivi e altamente competitivi».

Il Covid19 quanto ha picchiato sul cinema?

«La pandemia non ha facilitato il nostro settore. I set si sono dovuti fermare a marzo 2020 per poi riprendere con rigidi protocolli per mettere in sicurezza tutti i lavoratori del settore. A oggi le sale cinematografiche sono ancora colpite dagli effetti della pandemia: al cinema fino allo scorso 15 giugno si entrava solo con la mascherina FFP2».

La pandemia ha tenuto lontane le persone dalle sale cinematografiche; la gente si è disabituata a uscire preferendo il divano?

«Credo che la sala cinematografica e la visione sulle piattaforme potranno convivere, anzi dovranno convivere; ma è necessario trovare soluzioni che tutelino soprattutto le sale cinematografiche. Quando un film nasce per essere visto sul grande schermo, l’esperienza di fruizione di massima godibilità si ottiene proprio in sala: è la possibilità di uscire di casa ed entrare in un altro mondo, lasciarsi trasportare dalle immagini, dai suoni e dalla visione su un grande schermo».

Perché andare al cinema e non accontentarsi di un film in salotto?

«Il cinema è un’esperienza di comunità a differenza del divano di casa. Se si parla di cali dell’affluenza è senza dubbio necessario parlare anche di investimento necessario per educare le giovani generazioni all’esperienza cinematografica e di un’offerta che consenta anche ai film più piccoli e indipendenti di essere visti, garantendo così una pluralità di sguardi, quanto mai necessaria nei tempi bui che stiamo vivendo».

Il genere “maschile” del cinema sta cambiando, con la presenza sempre più numerosa di donne dietro la macchina da presa e dietro la scrivania della produzione.

«Il cinema è anche donna, sebbene credo che non dovrebbe avere differenze di genere. Senza dubbio vanno fatti ulteriori sforzi da parte delle istituzioni per garantire una parità di genere anche in questo settore».

Quali i momenti più felici e quali i più critici della sua carriera?

«Direi tanti momenti felici: il segreto è saper trasformare i momenti critici in opportunità».

Il prestigioso premio David di Donatello per “Piccolo corpo”: tre aggettivi per definire l’emozione all’annuncio e il sussulto allo stringere la statuetta?

«Inaspettato, emozionante, travolgente».

San Vito al Tagliamento, Roma, Cannes: una distanza che si misura come?

«Mi diverte molto rispondere alla domanda “di dove siete?”, perché generalmente il cinema in Italia si fa a Roma. Noi a San Vito al Tagliamento, paese di poco più di 15.000 abitanti. All’estero dico che è vicino a Venezia (ride, n.d.r.)».

Quanto viaggia una professionista come lei?

«Viaggiare è una costante del mio lavoro. Prima della pandemia viaggiavo molto di più, ora gli incontri si possono fare anche attraverso le piattaforme come zoom o google meet ed è più semplice, meno costoso, ma senza dubbio manca il rapporto umano».

Come è cambiata la sua vita professionale e privata?

«Diciamo che la mia vita professionale è cambiata drasticamente quando nel 2013 è nata Nefertiti Film».

Cosa non ha mai fatto e vorrebbe fare?

«Ottima domanda, ma non ho ancora una risposta».

Nadia Trevisan è socia fondatrice di Nefertiti Film con Alberto Fasulo, è anche CEO e produttrice. Ha maturato una ricca esperienza nel campo della coproduzione internazionale e sviluppato una rete di solidi contatti in tutta Europa. Ha prodotto film autoriali che hanno partecipato ai maggiori festival, con un’attenzione particolare verso le coproduzioni minoritarie e gli esordi di giovani autori. Nadia è membro di EAVE, EFA, EWA, Cannes-Producer on the Move e Producer Network. Info: www.nefertitifilm.it

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