Il predestinato

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Giuliana Dalla Fior

10 Settembre 2014
Reading Time: 5 minutes
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Simone Scuffet

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È un pomeriggio estivo e lo incontro casualmente in una via di Udine. Tifosa e giornalista qual sono, non posso lasciarmi sfuggire l’occasione per ottenere un autografo e porgli qualche domanda. Un attimo di perplessità e poi la sua innata educazione lo inducono a decidere di rispondere ai miei quesiti. Da poco è diventato maggiorenne, ma è già famoso, non solo a Udine, per le straordinarie prestazioni regalate nella stagione d’esordio in Serie A. Così, seduti al bar, sorseggiando una bibita rigorosamente non alcolica, posso intervistare Simone Scuffet.

Simone, quando è nata la tua passione per il pallone?

«La passione per il calcio me l’ha trasmessa mio padre. Poi iniziando a giocare mi sono accorto che non potevo farne più a meno…»

Portiere fin da subito?

«Anche in questo caso il ruolo di papà è stato fondamentale. Lui giocava in porta e per me è stato naturale provare a imitarlo. Non ho mai pensato di giocare in un altro ruolo».

Altri sport invece li hai praticati?

«Ho praticato un po’ di pallavolo ma il calcio ha sempre assorbito tutti i miei interessi sportivi. Ho cominciato a giocare a livello agonistico molto presto e quando sono arrivato nel settore giovanile dell’Udinese l’impegno è diventato maggiore. Impossibile anche solo pensare ad altri sport».

Dal ruolo calcistico a quello familiare: quali sono i suggerimenti e i consigli che ti forniscono i tuoi genitori?

«Come tutti i genitori, anche i miei hanno a cuore principalmente la mia crescita in buona salute e gli studi. In questo senso mi hanno sempre seguito e ancora oggi lo fanno con grande attenzione. I consigli sono quelli che ogni genitore darebbe ai propri figli: non ci sono indicazioni particolari, a me basta seguire l’esempio che ogni giorno mi danno nella loro vita quotidiana».

Quando nella scorsa primavera sei diventato un uomo da prima pagina – il “fenomeno Scuffet” – conquistando lusinghieri commenti ovunque, hai provato più emozione o ansia?

«Per me è stato scoprire all’improvviso un mondo nuovo e all’inizio ho provato un po’ di disorientamento. Per fortuna però i complimenti, gli articoli di giornale e l’interesse in genere che si era creato su di me non mi hanno distratto dal lavoro sul campo. Ed è per questo che, immagino, il mister ha deciso di darmi fiducia nelle partite successive all’esordio».

Ti hanno paragonato al giovane Buffon per l’analogia precoce dell’esordio e per la sicurezza negli interventi. Tu cosa ne pensi?

«Credo che i paragoni siano sempre inopportuni. Buffon è il più grande portiere in circolazione, io ho appena iniziato e devo lavorare tantissimo».

Il tuo modello di riferimento, tuttavia, è l’ex portiere dell’Udinese Samir Handanovich: come mai?

«Ho avuto la fortuna di vederlo in allenamento e ho cercato di carpire più segreti possibile. Di Handanovic mi colpisce la grande capacità di aggredire il pallone e anticipare gli interventi. È una qualità che spero di affinare anche io col tempo».

Nonostante l’improvvisa, quasi travolgente, notorietà, a detta di tutti sei rimasto quello di sempre; in ambito scolastico sei molto benvoluto e citato come esempio. In che modo concili studio, sport e vita personale?

«Non è facile conciliare gli allenamenti con lo studio. Cerco di fare del mio meglio soprattutto saltando poco la scuola e facendo molta attenzione in classe. I ritmi sono molto veloci, però non è un sacrificio perché giocare a calcio è la mia più grande passione. Ma so che devo anche impegnarmi per raggiungere il diploma perché è giusto che un ragazzo della mia età completi il percorso di formazione scolastica anche se precocemente impegnato nello sport professionistico».

Dalle fatiche all’amore: Letizia, la tua ragazza, come vive accanto a un giovane “famoso”?

«Come me è contenta delle attenzioni dei tifosi e del fatto che la gente mi riconosca per strada e chieda autografi o foto. Anche lei è una sportiva (gioca a pallavolo, ndr) e questo ci permette di essere in sintonia su tante cose. Per esempio non è un problema il fatto di non poter uscire spesso la sera come fanno molti nostri amici. Lei lo capisce perché ama lo sport ed è molto impegnata negli allenamenti esattamente come me».

Quali sono i ritmi di una tua giornata tipo?

«Sono scanditi dagli impegni con la scuola e dagli allenamenti. Gran parte della giornata la trascorro al centro sportivo e allo stadio. Nei ritagli cerco di passare un po’ di tempo con Letizia. La sera mi dedico allo studio per non farmi trovare impreparato dai professori che con me, devo ammetterlo, sono molo comprensivi».

Con i compagni di scuola e con gli amici che rapporti hai?

«Con i compagni di scuola vado d’accordo. Non c’è nulla di diverso solo perché sono un calciatore. Ovviamente sono curiosi, mi fanno domande, ma questo rientra nella normalità. In genere ho un buon rapporto con la mia classe».

Dalle virtù ai difetti: ce n’è uno?

«Dovrebbero rispondere altri… Scherzi a parte, forse sono un po’ troppo silenzioso e timido».

In un’intervista hai detto “la fortuna non basta; conta come ti alleni”. Simone Scuffet come si allena?

«Mi alleno mettendoci il massimo dell’impegno. È importante seguire i consigli e le indicazioni degli allenatori, sia sotto il profilo tecnico che umano. Cerco sempre di dare tutto me stesso perché so che soltanto così potrò continuare la mia crescita».

Quanto è stato importante crescere nelle giovanili dell’Udinese?

«L’Udinese è la squadra per cui tifo da sempre. Entrare a far parte delle giovanili è stato realizzare un sogno. Vestire la maglia bianconera è un stimolo molto forte: fin dal primo momento che l’ho indossata ho fantasticato di poterlo fare un giorno anche in Serie A. E quando quel giorno è arrivato, ho ripercorso con la memoria tutti i bei momenti vissuti sui campi del centro sportivo Bruseschi».

Dal passato al futuro: quale auspicio per l’Udinese nel campionato 2014-2015?

«Migliorare il rendimento della passata stagione ottenendo la salvezza quanto prima per poi togliersi qualche soddisfazione. Gli stimoli non mancano».

Quando finirà il campionato, tu dovrai affrontare la “Matura”: più importante il diploma o il campionato?

«È una sfida stimolante… Mi impegnerò al massimo per raggiungere i traguardi sportivi con la mia squadra e appendere alla parete il diploma di ragioneria a cui tengo tanto».

Un giovane ha sempre sogni per il suo futuro; tu quali hai?

«Principalmente salute per me e per i mie cari. Professionalmente sto già vivendo un sogno, spero di non svegliarmi…» 

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