I cervelli stranieri puntano su Trieste

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redazione

1 Dicembre 2016
Reading Time: 4 minutes

Welcome Day alla Sissa

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Si è svolto il tradizionale Welcome Day della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste: la giornata che ogni anno la Scuola dedica ad accogliere i nuovi studenti, quelli che si apprestano a iniziare il loro primo anno di dottorato. È anche un momento per riflettere sul ruolo di questa Scuola, che porta l’aggettivo “Internazionale” nel suo stesso nome. Dal 1978, l’anno in cui è stata fondata, la Scuola ha infatti accolto centinaia e centinai di studenti stranieri, sempre selezionati secondo criteri di eccellenza, e rappresenta dunque uno degli esempi virtuosi nel nostro Paese per quel che riguarda il flusso di cervelli stranieri in entrata, oltre che un luogo importante per il rientro dei cervelli italiani “espatriati”.

Uno dei problemi che assilla il nostro Paese da anni è la “fuga dei cervelli”. Uno dei corollari a questo problema, di non poco conto, è che la mobilità dei ricercatori italiani verso l’estero non sarebbe di per sé così grave se fosse equilibrata da un flusso contrario di cervelli stranieri che scelgono l’Italia per la loro formazione e la loro carriera successiva. Questo flusso contrario purtroppo in Italia, a differenza che in altri Paesi, è molto esiguo.

La SISSA dunque rappresenta un’eccezione positiva in questo panorama, fungendo da attrattore per i giovani dottorandi stranieri (oltre che naturalmente quelli italiani che alla SISSA possono prepararsi anche per future esperienze internazionali). Quest’anno per esempio la SISSA accoglie venti nuovi studenti stranieri e in generale su tutti i tre anni di corso alla Scuola studiano e lavorano ragazzi e ragazze provenienti dai luoghi più svariati: tutta l’Europa e Paesi sparsi in ogni parte del globo, USA e Russia, ma anche Bahamas, Burkina Faso, Iran, Cina, Libano, Palestina, Vietnam, Taiwan, Guatemala e altri ancora. La percentuale media di studenti stranieri alla SISSA si attesta intorno al 35%.

“Ogni anno sono disponibili fra le 70 e le 80 nuove borse di dottorato e per ognuna in media gli aspiranti studenti sono fra gli otto e i dieci. La selezione è dunque piuttosto dura, anche perché c’è già un’autoselezione – solo i più bravi si sentono preparati ad affrontare l’esame di ammissione”, spiega Matthew Diamond, vice direttore della SISSA, anche lui uno straniero che ha scelto di fare ricerca qui. Diamond è infatti un brillante neuroscienziato, che lavora a Trieste da ben 20 anni. “In tutto questo tempo – confida – ho visto molti bravi giovani ricercatori formarsi qui da noi, italiani e stranieri. La maggior parte di loro ha continuato a fare ricerca a livello internazionale e molti hanno raggiunto risultati veramente eccellenti. Un esempio molto recente è Nader Nikbakht, uno studente di origine iraniana da poco dottorato che ha già ricevuto una serie di proposte per lavorare in istituti del calibro della University of California, del Salk Institute, della Columbia University e altre prestigiose università,  e sta ora facendo un viaggio negli Stati  Uniti per decidere dove andare”. Uno dei segreti dell’appetibilità internazionale della SISSA è proprio questo: gli studenti, una volta terminato il dottorato hanno accesso a posizioni in istituti internazionali di altissimo livello.

“Questo è quello che tutte le buone università ovunque dovrebbero stimolare: un flusso continuo di bravi ricercatori. Bisogna essere in grado di attirare scienziati allo stesso tempo accompagnarli verso altri istituti validi. Non è solo il rientro dei cervelli che deve preoccupare”, conclude Diamond. “Questo è quello che cerchiamo di fare qui”.

Questa continua “mobilità eccellente” crea naturalmente i presupposti anche per il rientro dei cervelli in fuga. “Gli standard della Scuola e il suo approccio internazionale diventano estremamente interessanti proprio per quei ricercatori italiani cresciuti professionalmente – e in molti casi anche anagraficamente – all’estero, ma che desiderano tornare in Italia”, spiega Stefano Ruffo, Direttore della SISSA e professore di Fisica Teorica della Materia.
Non è solo una questione di reddito. Si è spesso detto che l’ostacolo maggiore al rientro siano i salari non competitivi per il personale scientifico nel nostro Paese. “È in parte vero, ma c’è un altro aspetto importante di cui si tiene poco conto: uno scienziato abituato a lavorare in realtà straniere, specie se americane o anglosassoni, è abituato a una maggiore indipendenza nella ricerca, e apprezza il fatto che le selezioni (per l’accesso a posizioni e borse), o l’avanzamento nella carriera accademica, puntino decisamente sul merito”.

La SISSA garantisce completa indipendenza al ricercatore che avvia un progetto di ricerca, con un approccio orizzontale: “Non abbiamo – aggiunge Ruffo – le strutture ‘piramidali’ di gerarchia che si possono trovare altrove: il giovane ricercatore è libero di costruire il proprio lavoro come preferisce, il che a volte può spaventare un po’, ma offre certamente anche grandi soddisfazioni”. La SISSA inoltre si impegna a rendere la competizione per le posizioni trasparente e basata su criteri del tutto meritocratici. Tutto ciò ha portato alcuni eccellenti scienziati a tornare in Italia attraverso la SISSA. Uno degli esempi più recenti è Domenica Bueti, che l’anno scorso ha trasferito alla SISSA il suo cospicuo finanziamento ERC (European Research Council) vinto mentre lavorava alla prestigiosa Scuola Politecnica Federale (EPFL) di Losanna: “Volevo rientrare in Italia e ho scelto la SISSA proprio perché non solo mi ha permesso di stare nel mio Paese ma di lavorare in un istituto che funziona proprio come le università straniere in cui avevo già lavorato”.

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