Cristiano Dell’Oste: il sudore del canto

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Un’eccellenza canora riconosciuta in Italia e all’estero. Sempre aperta a tutti. Il direttore artistico del Coro del Friuli Venezia Giulia ripercorre un legame che dura da 25 anni. «Cantare in coro è sacrificio, dedizione, studio»

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Cristiano Dell’Oste (ph. Glauco Comoretto)

In questo 2025 celebra le nozze d’argento con il Coro del Friuli Venezia Giulia. Un’eccellenza musicale della nostra regione di cui Cristiano Dell’Oste è direttore artistico e musicale. Il Coro affianca anche l’omonima orchestra, con la quale svolge una intensa attività concertistica.

Perfezionista che non ama le luci della ribalta, nel 2007 Dell’Oste è stato insignito del “Morèt d’Aur”, tra i più prestigiosi riconoscimenti per personalità che hanno fatto onore al Friuli Venezia Giulia.

Uno dei tanti riconoscimenti di una carriera che ripercorriamo in questa intervista.

Cristiano Dell’Oste, da ormai 25 anni è direttore artistico del Coro del Friuli Venezia Giulia. Cosa significa per lei ricoprire questo ruolo?

«In realtà non mi piace parlare di “ruolo”. Certo, istituzionalmente parlando l’incarico mi viene conferito ogni tre anni dal Consiglio di Amministrazione ma io non lo vivo come tale. Accetto il peso della responsabilità ma so anche che se dovessero mancarmi gli stimoli sarei il primo a farmi da parte».

Negli anni della sua direzione come si è evoluto il Coro?

«Non è mai stato un coro nel senso tradizionale del termine. Guardando un po’ i numeri e le statistiche si evince che in quasi 700 concerti che il coro ha tenuto dal 2001 a oggi, io ne ho diretti forse un centinaio. È uno “strumento sonoro” che ha avuto il pregio e l’onore di essere diretto da oltre 100 direttori, dal giovane studente di Conservatorio fino ai diversi concerti sotto la bacchetta di Riccardo Muti. È un coro a disposizione di tutti. Chiunque abbia avuto o abbia un bel progetto da proporre e realizzare con il Coro del Friuli Venezia Giulia è il benvenuto».

Come vengono scelti i componenti che ne fanno parte?

«In 25 anni credo siano passati, anche per una volta soltanto, almeno un migliaio di coristi. Non sono io a scegliere. Anzi. Spesso sono i coristi a scegliere di provare un’esperienza con noi. Riceviamo molte mail in cui giovani musicisti vogliono intraprendere un percorso con il coro. Le porte sono sempre aperte a tutti. Io verifico solamente che ci siano delle basi musicali e vocali, ma nulla più. Mi interessa invece la motivazione, le aspirazioni, gli interessi sul repertorio, la curiosità e la disponibilità a intraprendere un percorso di studio serio».

Cristiano Dell’Oste mentre dirige il Coro del Fiuli Venezia Giulia assieme alla FVG Orchestra (ph. Glauco
Comoretto)

Cos’è la musica per Cristiano Dell’Oste?

«La risposta più semplice sarebbe che la musica è la mia gioia, quando invece io la vivo come una frustrazione, spesso uno smarrimento. L’anelito a cercare quella frase, quel suono, la perfezione insomma, si scontra sempre con la triste realtà che la stessa non esista e questa cosa mi porta spesso a una bancarotta emozionale cui risalire ammettendo tutte le fragilità e i precipitati che ne scaturiscono».

Lei ha iniziato a dirigere formazioni corali già all’età di 13 anni: come furono quegli esordi?

«Piuttosto buffi. Ho cominciato a cantare in coro a 8 anni da soprano, poi da contralto, poi da tenore, poi l’organista in Chiesa: il primo coro è stato quello della Parrocchia in cui vivevo. Tra i tenori c’era mio padre, splendida voce, che era entrato in coro a 8 anni con mio nonno, che io non ho mai conosciuto. Cantavano cose anche impegnative, cui ho tentato di mettere ordine perché vi erano sedimentazioni e incrostazioni secolari, con note errate, tempi “aggiustati”. Il primo grande errore della mia vita, il primo di tantissimi altri. Mai toccare la tradizione! Perdi solo tempo e innervosisci tutti. Dirigevo le messe con le note sbagliate. No way…».

Quali sono i direttori a cui si ispira?

«Quelli che antepongono la musica al proprio ego. La mia formazione accademica prima dello studio della direzione è di matrice musicologica. Cerco di attenermi alle fonti. Non apprezzo quei direttori che usano le partiture dei compositori come canovacci sui cui imprimere le proprie idee. La fedeltà al testo è un postulato, finanche una mia forma mentis. Un limite forse, ma fare l’“arrangiatore” di Mozart o Bach proprio non ci riesco».

Qual è a suo avviso lo stato di salute della musica corale in Friuli Venezia Giulia?

«Percepisco una fase di transizione. È una stagione difficile perché le aspettative e i desiderata dei giovani sono mutati. Molti miei colleghi non se ne sono accorti. Cantare in coro è sacrificio, dedizione, studio, sudore. Valori che oggi vedo un po’ meno fondanti e radicati nelle nuove generazioni che tendono ad avere sempre fretta nell’ottenere i risultati, cercando la scorciatoia. Purtroppo, con la musica è difficile barare».

Cosa andrebbe fatto per valorizzarla?

«Ci sono ottimi maestri di coro e ottimi cori in regione. Percepisco tuttavia che i migliori risultati si vedano dove al comando c’è un motivatore, un fomentatore di ideali. Ritengo inutile fare corsi di tecnica di direzione, di vocalità e mille altre iniziative. Nella stagione in cui viviamo servono i maestri della vecchia scuola, come me, che vanno a suonare il campanello dei coristi per “minacciarli” di non saltare le prove. Sarebbe comunque un discorso molto lungo e complesso».

Tra i numerosi concerti che lei ha diretto quale l’ha più emozionata?

«Ogni concerto, tutti i concerti. Mi ritengo un privilegiato ogni qualvolta mi capita di dirigere. In ogni concerto che ho fatto nella mia vita, lo stomaco si è chiuso 3 giorni prima e si è riaperto 2 giorni dopo. Una naturale dieta dimagrante… Se ne devo scegliere uno comunque, di sicuro la II Sinfonia di Mahler nella Sala d’oro del MusikVerein di Vienna. Io ho suonato l’organo previsto nella partitura in orchestra, quello strumento che da bambino vedevo ogni 1° gennaio per il concerto di Capodanno. La gioia più grande è stata però quella di vedere i ragazzi del coro con le lacrime per aver vissuto un momento che non dimenticheranno mai e che, ne sono certo, racconteranno ai loro nipoti».

Dai concerti ai musicisti: a quali autori musicali è particolarmente legato?

«Non ho classifiche da stilare. Sono onnivoro. In gioventù suonavo in una band che faceva musica progressive. Ho quasi trentamila dischi dal gregoriano all’opera lirica, dal jazz alla world music, dal rock al pop, dalla musica d’avanguardia a quella di ricerca. Ho una biblioteca infinita di partiture, libri, riviste. Sono sempre stato un accumulatore compulsivo. Sono abbonato alle case editrici che pubblicano musica corale. Chiunque scriva un pezzo per coro che venga pubblicato nel mondo, mi arriva in automatico».

Lei è nato a Udine, lavora spesso in Friuli, ma ha avuto numerose esperienze in giro per il mondo. In ambito musicale e culturale come valuta la nostra regione rispetto all’estero?

«Ho visto molte cose in giro per il mondo. Ho lavoricchiato qua e là. Posso dire che in Friuli Venezia Giulia siamo dei privilegiati. Abbiamo ingenti risorse economiche che vengono investite in cultura. Le risorse umane non sono nemmeno quantificabili. Siamo gente che ha ricostruito dopo un terremoto. Siamo gente che lavora duramente e seriamente. E questo ripaga sempre. Ci sono tanti Festival, Teatri, orchestre, cori, compagnie di danza, sempre all’avanguardia nelle proposte. Io all’estero sento spesso citare cose che succedono nella nostra regione con grandi attestati di stima e, perché no, anche un pizzico di invidia».

Quali sono i prossimi obiettivi che Cristiano Dell’Oste vorrebbe raggiungere?

«Trovare un giovane che prenda il mio posto. Quarant’anni di coro, tutte le sere, possono bastare. Vorrei invecchiare trovando il tempo di andare a sentire qualche concerto con i miei figli. Fosse anche Sfera Ebbasta. Me lo farò andar bene. Musica è musica!»

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