Com’era il paesaggio tra Grado e l’Aquileia romana?

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Indagati sette siti archeologici nelle acque dell’isola nell’ambito della prima campagna del nuovo progetto Aquileia Waterscape

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Versante marino delle acque di Grado: a sinistra della imbarcazione appoggio le rovine sommerse di San Gottardo

UDINE – Sette siti archeologici nelle acque di Grado – tra cui relitti navali, un’ara funeraria di epoca romana e strutture sommerse di natura monumentale – sono stati indagati dall’Unità di archeologia subacquea dell’Università di Udine.

Obiettivo delle ricerche è la ricostruzione del paesaggio archeologico tra il mare di Grado e l’Aquileia romana.

L’area delle attuali acque che circondano l’isola è infatti parte di quella che in epoca romana era la periferia di Aquileia. Le attività sono state condotte in collaborazione con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Si tratta della prima campagna di indagini del progetto Aquileia Waterscape del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Ateneo friulano.

Il progetto fa parte delle linee di ricerche strategiche del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale, riconfermato dipartimento di eccellenza per il quinquennio 2023-2027 dal Ministero dell’università e della ricerca.

I risultati delle ricerche sono stati presentati oggi all’Ateneo friulano. Sono intervenuti il rettore, Roberto Pinton; il vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia e assessore alla cultura e allo sport, Mario Anzil; per la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, Giorgia Musina; la direttrice del dipartimento, Linda Borean, e il coordinatore scientifico delle ricerche, Massimo Capulli, responsabile del progetto Aquileia Waterscape.

Le Piere di San Gottardo

Tra i siti di maggior interesse vi sono le cosiddette Piere di San Gottardo, poste a poco più di 1,5 chilometri a sud-est della bocca lagunare di Grado. Il sito è caratterizzato dalla presenza di un cumulo quadrangolare di blocchi litici che, giacendo su un fondale sabbioso compreso tra i meno 3,90 e i meno 4,40 metri, si elevano fino a una quota di meno 2 metri.

Da qui provengono alcuni monumenti funerari, in verosimile condizione di riutilizzo, databili al II sec. d.C., che sono stati recuperati nel primo intervento, del 1933, nonché in una prima campagna di studio del 1985.

L’Università di Udine è tornata sulle Piere di San Gottardo a 90 anni dalle prime esplorazioni subacquee per condurre una documentazione di dettaglio, partendo dal settore più meridionale. Qui è stato osservato un accostamento di elementi lapidei non casuale, anche nell’orientamento. Le verifiche subacquee hanno constatato che alcuni di questi elementi hanno tracce di lavorazione che ne suggerirebbero una originaria funzione architettonica.

Al momento non è invece certo se tutti, o solo in parte, possano essere materiali di reimpiego. Se, infatti, gli elementi lineari potrebbero essere stati utilizzati per la prima volta in questa che sembra essere un’opera marittima, ciò risulta meno probabile per quelli lavorati e abbastanza inverosimile per i monumenti iscritti recuperati nel secolo scorso, nonché una inedita ara funeraria individuata proprio in occasione di queste nuove ricerche.

Didattica in mare

Le ricerche subacquee sono state anche un’occasione formativa per gli studenti di archeologia e di sperimentazione interdisciplinare. Questo grazie al Centro di ricerca interdipartimentale “Artificial intelligence for cultural heritage” (AI4CH), nato dalla collaborazione tra i dipartimenti di Scienze matematiche informatiche e fisiche e di Studi umanistici e del patrimonio culturale.

Le ricerche

Dopo una prima identificazione i siti sono stati più correttamente individuati con il Sistema satellitare globale di navigazione (Gnss), che ha un margine d’errore di soli due metri. Stabilite le coordinate precise gli archeologi hanno effettuato le indagini subacquee per studiare la natura dei siti in modo non invasivo.

Il sito di San Gottardo è stato utilizzato anche per testare software di intelligenza artificiale per la gestione dei rilievi fotogrammetrici sviluppati dal Centro interdipartimentale AI4CH. Al contempo è servito per sperimentare l’uso integrato di tecnologie aereo-subacquee, quali un catamarano a navigazione autonoma dotato di sonar a scansione laterale e un aeromobile a pilotaggio remoto.

Perché Aquileia Waterscape

Le indagini archeologiche interessano le acque di Grado perché in epoca romana facevano parte della periferia di Aquileia. Qui verosimilmente esisteva un porto diffuso dove avveniva il passaggio dei carichi dalle navi più grandi a quelle a fondo piatto che potevano più facilmente raggiungere il porto urbano o percorrere le vie d’acqua interne che interconnettevano la regione.

L’obiettivo del progetto è la ricostruzione di questo paesaggio d’acque, la cui conoscenza è fondamentale per lo studio delle dinamiche di interazione tra il mare e la metropoli aquileiese.

La scelta di indagare lo spazio acqueo più prossimo all’abitato gradese è stata inoltre suggerita dalle scoperte, nel 2022, di due nuovi relitti di epoca romana. Da una parte c’era l’esigenza di meglio definire il rapporto tra i due siti e dall’altra di acquisire informazioni più generali sul paesaggio archeologico sommerso di questa zona di transizione tra mare e laguna.

La storia del progetto

Nel 2019, a poche centinaia di metri dal lungomare di Grado, la ditta di “Lavori Subacquei” di Stefano Caressa segnalò una presenza sul fondale identificata dal sonar. La Soprintendenza avviò così una prima verifica che consentì di individuare un ceppo d’ancora in piombo che venne recuperato nel 2020.

Sempre la Soprintendenza ha successivamente avanzato una richiesta di collaborazione scientifica al Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Ateneo che, nel luglio 2022, ha portato a una prima campagna di indagine scientifica. Questo ha consentito di scoprire la presenza di un nuovo relitto, chiamato Grado 5, databile al II-inizi I secolo a.C.

Negli stessi giorni, a soli due chilometri di distanza, ma all’interno della laguna, sono stati localizzati assieme ai Carabinieri subacquei del Nucleo di Genova i resti di un secondo e del tutto inedito relitto di età romana, denominato poi Grado 6.

Grazie alle potenzialità informative di questa parte del territorio acqueo del Comune di Grado, sia del versante marino che lagunare, dal 2023 l’Ateneo friulano ha presentato istanza di Concessione per indagini non invasive.

Le attività a mare sono state condotte da ricercatori e studenti del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale con il supporto dalla ditta “Lavori Subacquei” di Stefano Caressa e con la partecipazione del tecnico subacqueo della Soprintendenza, Francesco Dossola. Inoltre, alcuni giorni sono stati impiegati a fornire supporto scientifico alle attività in mare coordinate dai Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Udine.

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