Atlante? Meglio Prometeo, ma non sperateci

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redazione

2 Agosto 2016
Reading Time: 5 minutes

Banche deteriorate

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Sono trascorsi ormai tre mesi dalla costituzione del Fondo Atlante. Un nuovo strumento, un «fondo di investimento alternativo» costituito con due obiettivi: sostenere gli aumenti di capitale degli istituti di credito in difficoltà e sostenere la dismissione dei crediti deteriorati delle stesse banche. La sua creazione è stata coordinata con il Governo italiano e i principali gruppi finanziari del Paese.

Da anni, numerose banche italiane sono “sottocapitalizzate”, cioè hanno troppo poche risorse proprie rispetto ai prestiti e agli altri impegni che hanno erogato. Esistono regolamenti internazionali che stabiliscono quanto “capitale proprio” deve avere un banca rispetto al totale dei suoi impegni, in modo da garantirne la stabilità. Per rimediare a questa situazione, le banche possono emettere nuove azioni sul mercato, con un’operazione chiamata “aumento di capitale”. Il problema è che non sempre i mercati trovano molto allettante comprare le azioni delle banche italiane, soprattutto se si trovano in una brutta situazione. Il ruolo del fondo sarà, semplificando, quello di comprare le eventuali azioni che le banche non riusciranno a collocare.

L’altro problema che il fondo cercherà di risolvere è quello dei crediti deteriorati, cioè i prestiti che le banche hanno difficoltà a riscuotere. In Italia sono quasi il 20% del totale di tutti i crediti erogati, per un valore complessivo di circa 350 miliardi di euro – contando anche i 150 miliardi di crediti “meno” deteriorati. Le “sofferenze” vere e proprie sono circa 200 miliardi lordi. Per fronteggiarli, il sistema bancario ha messo da parte risorse per 120 miliardi. Le sofferenze nette, cioè la cifra che il Fondo Atlante dovrà contribuire a smaltire, sono quindi di 80 miliardi.

Per cercare di agevolare questo “smaltimento” il Governo ha creato un meccanismo assicurativo (GACS), una forma di garanzia pubblica che una banca può acquistare per “assicurare” i propri crediti “meno deteriorati”, quelli più “sicuri”. Le banche potranno quindi rivendere sul mercato solo una parte dei crediti deteriorati, le cosiddette tranche “senior”, a un prezzo non troppo svantaggioso. Il Fondo Atlante potrà acquistare anche i crediti deteriorati meno sicuri, quelli più rischiosi con meno probabilità di recupero: le cosiddette tranche “junior”.

Il primo problema che il fondo ha affrontato è stato quello dell’aumento di capitale della Banca Popolare Vicentina. A breve si vedrà quante risorse dovrà impiegare per far fronte all’altra banca veneta in difficoltà, Veneto Banca. Si discute se i fondi residui a disposizione di Atlante dopo l’intervento in Veneto Banca siano adeguati rispetto al compito: circa 2 miliardi di euro su un totale di sofferenze nette intorno agli 80 miliardi. E già si parla di un Fondo Atlante 2.

Una impresa titanica

Una impresa titanica? Sembrerebbe di sì, visto il nome dato al fondo. Nella mitologia greca Atlante, fratello di Prometeo e di Menezio, è uno dei Titani, una creatura primordiale condannata da Zeus a soste nere sulle spalle la volta celeste e il mondo.   La pena fu comminata da Zeus ad Atlante per aver partecipato con Menezio alla ribellione dei Titani contro gli Dei. A chi si ribella il Fondo Atlante? Nelle dichiarazioni degli ideatori si ribella allo strapotere dei cosiddetti fondi “avvoltoio”, ovvero di quei fondi esteri che vorrebbero comprarsi le sofferenze delle banche italiane a prezzi stracciati. Il fondo ha come obiettivo la creazione di un mercato italiano dei crediti difficili che non esiste in Italia. Quindi, si dice, una risposta al “fallimento del mercato”.

Ma di fallimento del mercato si parla quando i mercati non sono in grado di determinare allocazioni efficienti delle risorse,  ovvero di raggiungere condizioni di equilibrio. È di questo che si tratta? Oppure si tratta di condizioni determinate da banche collassate per le condotte dei loro vertici? O da chi ha collocato obbligazioni subordinate per mantenere il controllo della banca senza sostenere aumenti di capitale?

La missione di Atlante sarebbe meritoria se ristabilisse le condizioni per consentire al mercato di fare il proprio mestiere e per sostituire definitivamente le classi dirigenti compromesse. Forse un riferimento diverso da Atlante poteva essere un miglior viatico per la missione del fondo. Anche  perché la vicenda mitologica delle mele d’oro non è proprio di buon auspicio.

Atlante tenne sempre il cielo e il globo sulle spalle, salvo per il breve periodo in cui Ercole lo alleviò di quel peso. Ercole, per compiere una delle sue famose fatiche, doveva rubare tre mele d’oro dal giardino delle Esperidi, fi glie di Atlante, per consegnarle al re di Micene, Euristeo. Ercole chiese ad Atlante di fargli questo favore e a tal fi ne chinò le spalle per sostenere il globo celeste. Atlante ritornò con le tre mele colte dalle sue fi glie pregustando la recuperata libertà: voleva portare le mele egli stesso a Euristeo. Ercole finse di acconsentire, pregando Atlante di sostenere il globo soltanto affinché potesse fasciarsi il capo.

Atlante posò a terra le mele e riprese il suo carico. Ercole prese le mele e si allontanò con un ironico saluto.

Ercole come il fondo Apollo?

Uno dei cosiddetti “fondi avvoltoio” è il Fondo Apollo, il fondo estero che recentemente ha offerto prezzi da saldo per l’acquisto di sofferenze bancarie. Fondo che si intitola a una ben più illustre figura: il figlio di Zeus, dio del sole. Certo è che nel mondo della finanza i riferimenti  alla mitologia non mancano. Senza andar a cercare troppo lontano tra le figure mitologiche, il fratello di Atlante, Prometeo, poteva meglio interpretare la sfida. Zeus toglie agli uomini il fuoco, ma Prometeo lo restituisce rubandolo a Zeus. Prometeo è “colui che prevede”, il suo nome contiene la methis, la “saggezza” e l’“astuzia”, è il promotore di una condizione umana culturale e perciò contrapposta alla condizione “naturale” di sudditanza rispetto all’Olimpo. Prometeo è il consigliere ricercato da uomini, eroi e dei.

L’utopia di un Prometeo europeo

Avremmo bisogno di un Prometeo a livello europeo. Per risolvere il problema dei crediti deteriorati che affligge anche le banche europee occorre una gestione europea. I costi sono ingenti per i singoli istituti e, data la concentrazione geografica, per alcuni Paesi. Atlante è necessario, ma probabilmente non sufficiente con le dotazioni attuali, poiché la leva nazionale non è consentita. Agire a livello europeo richiederebbe la costituzione di un fondo finanziato con gli strumenti dell’Unione bancaria, come già fatto da alcuni Stati europei.

Il fondo europeo avrebbe l’obiettivo di ricapitalizzare e governare il processo di aggregazione degli istituti anche a livello intraeuropeo, mentre i crediti deteriorati dovrebbero essere ceduti a una «bad bank» per far sì che possano essere venduti su un mercato efficiente di dimensioni europee.

Fondi come Atlante a livello nazionale rischiano di allungare i tempi e di creare effetti di contagio sistemico. Un processo troppo lento per la messa in sicurezza di istituti sottocapitalizzati e per la gestione dei crediti deteriorati disincentiva tutto il sistema bancario a concedere nuovi prestiti erodendone la profittabilità. Rimandare la soluzione del problema invece di affrontarlo da subito è quello che l’Europa ha fatto in tutte le occasioni dal 2008. C’è solo da sperare che Ercole, dopo aver incastrato Atlante nel giardino delle mele, liberi dal suo supplizio (l’aquila che gli mangia il fegato) un Prometeo moderno che, come nella mitologia, agisca da rappresentante degli uomini nei confronti di un Olimpo distante e indifferente alle sofferenze (bancarie e non) dei mortali.

Più che una speranza un’utopia mitologica.

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