Patrizia Diani: le note della fede

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Livio Nonis

24 Dicembre 2025 , ,
Reading Time: 4 minutes

Da sessant’anni accompagna all’organo le liturgie nelle chiese del territorio isontino. «Per una celebrazione decorosa bastano un organista e un cantore: meglio il silenzio che chitarre e tamburi fuori luogo. Confido in un intervento del nuovo Papa»

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Patrizia Diani all’organo

 

MONFALCONE – Il Circolo dopolavoro Solvay a Monfalcone un tempo offriva lezioni gratuite di musica ai figli dei dipendenti.

Tra loro, desiderosa di apprendere con passione, c’era Patrizia Diani, monfalconese classe 1956, che già da piccolissima iniziò a studiare pianoforte.

Patrizia, quali furono i suoi primi passi nel mondo della musica?

«La mia prima maestra, Clara Chierici Bussani, era una donna bellissima, con una folta chioma nera e occhi scuri vivaci. Studiavo per compiacerla. Poi arrivò il maestro Giovanni Pian, noto pianista di Gradisca d’Isonzo, che spinse mio padre a comprarmi un pianoforte e a farmi studiare musica a Gorizia. Gli sono molto grata: mi insegnò a comprendere gli accordi e ad accompagnare le melodie a orecchio, abilità che mi servì per i canti in chiesa».

Quando ha suonato in chiesa la prima volta?

«Avevo nove anni e la suora, che durante le prove mi aveva sentito strimpellare, mi fece sedere alla tastiera in chiesa e accompagnare i canti al posto suo. Posso quindi dire che ad oggi sono 60 anni che suono in chiesa. Messe, matrimoni, funerali».

Dove ha studiato pianoforte e organo?

«Ho terminato gli studi di pianoforte nel 1979 e quelli di organo circa otto anni dopo, grazie a don Pino Deluisa, che fondò una scuola diocesana a Monfalcone chiamandovi a insegnare l’organista Iris Caruana e, in seguito, il maestro Lino Falilone».

In tutti questi anni ha suonato in numerose chiese del territorio…

«Nella parrocchia di San Giuseppe ho suonato per diversi anni alla messa delle 20 e nelle feste più importanti dell’anno, sotto la guida di don Narciso Miniussi. Ho prestato servizio anche nella chiesa Cattedrale, a Gorizia, per un triennio, quando il coro era guidato dall’indimenticato Giancarlo Bini, grande musicista prematuramente scomparso. Dal 1975 al 2018 ho insegnato nella scuola statale, una bella esperienza dalla quale ho ricevuto molto. Attualmente suono ogni domenica a una messa serale a Gradisca d’Isonzo e nelle festività importanti o occasionali in luoghi diversi».

Qual è la sua opinione sull’attuale stato della musica liturgica?

«Non ho tenuto molti concerti, mi considero un’organista di chiesa di buon livello, soprattutto per la conoscenza del repertorio liturgico tradizionale, oggi purtroppo in via d’estinzione a favore di musichette facili e banali, spesso pensate per bambini ma eseguite da adulti».

Urgono cambiamenti, a suo avviso?

«Spero che il nuovo Papa intervenga per salvaguardare il canto gregoriano e restituire dignità alla liturgia, troppo spesso affidata a dilettanti privi di cultura musicale e liturgica. Nonostante i numerosi documenti prodotti dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa italiana non ha mai bandito concorsi per organisti o direttori di coro, come avviene altrove, e questo ha abbassato il livello generale. L’organo resta lo strumento principe della chiesa: la mia più grande soddisfazione è ricevere un sorriso o un grazie da chi trova nella mia musica un aiuto alla preghiera. Credo che per una celebrazione decorosa bastino un organista e un cantore che guidi l’assemblea; meglio il silenzio che chitarre e tamburi fuori luogo».

Quali difficoltà incontra un organista nel mantenere una preparazione costante?

«L’organista deve sempre studiare per poter offrire una decorosa prestazione. Ma se i pianoforti sono facili da studiare a casa poiché hanno tutti la stessa tastiera, gli organi invece stanno in chiesa, dove d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo. Inoltre ci sono gli orari da rispettare per studiare in loco, senza dimenticare gli eventi imprevisti. Per fortuna da qualche anno ho trovato uno spazio a casa dove collocare un organo da studio, che mi è di molto aiuto per l’impostazione di base».

Molti organi, anche di grande pregio, vengono oggi trascurati o lasciati senza manutenzione. Come riesce a suonare strumenti così diversi tra loro e spesso in condizioni difficili?

«Non tutti gli organi sono uguali: ogni strumento ha le sue caratteristiche e serve tempo per “fare amicizia” e ottenere il meglio. L’organo è delicato e la manutenzione costosa; possono verificarsi guasti improvvisi, come note bloccate o registri stonati. I concertisti suonano strumenti controllati, ma l’organista di chiesa spesso trova organi abbandonati e impolverati, non curati da decenni. È doloroso vedere strumenti di grande pregio, costruiti con sacrificio dalle comunità del passato, lasciati deteriorare per mancanza di manutenzione».

Quale ruolo hanno oggi i corsi di canto gregoriano nella riscoperta e nella diffusione delle antiche prassi esecutive?

«La partitura è il mezzo attraverso cui il compositore trasmette la propria idea di esecuzione. Questo concetto è valido per gran parte del repertorio. Per la musica antica ci sono divergenze di interpretazione ma si procede con prassi trasmesse e consolidate. A un grande rinnovamento nell’interpretazione si assiste nel campo del canto gregoriano, millenario patrimonio della chiesa cattolica, anche grazie ai corsi che periodicamente vengono svolti nella nostra regione. Auspico che gli studi prodotti abbiano un riscontro anche fuori dagli ambienti accademici e che le preziose melodie tornino ad animare le celebrazioni come un tempo».

patrizia diani
Primo piano “artistico” di Patrizia Diani

In che modo l’ascolto delle esecuzioni disponibili in rete influenza o arricchisce l’interpretazione personale di un brano musicale?

«Quando suono utilizzo edizioni che rimandano al testo originale, evitando le fotocopie purtroppo usate in gran quantità, in spregio alle norme sul diritto d’autore. Se suonare da soli non comporta problemi riguardo l’interpretazione dei tempi e delle dinamiche (sono fedelissima al testo), possono sorgere dei problemi con un coro non professionista, ma mi adatto senza difficoltà. Di fronte a un testo classico che non ho mai studiato e mai ascoltato eseguire da altri, mi piace scoprire in seguito che la mia interpretazione collimi o no con quella di grandi interpreti. Ciò è reso possibile oggi grazie alla rete, che contiene una quantità sterminata di esecuzioni, anche di brani poco noti».

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