Quello non è amore

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Anna Limpido

23 Novembre 2021
Reading Time: 3 minutes

Giornata contro la violenza di genere

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Nel mio tour nelle scuole della Regione per parlare di “educazione e parità di genere” ho ascoltato il racconto dei genitori di Nadia Orlando, la giovane originaria di un paesino nell’Udinese uccisa dal suo fidanzato che non accettava la fine della loro relazione.

Avevo paura di questo racconto, paura di vedere in faccia un dolore che ha un peso specifico enorme, che non è angoscia e non è ansia, non ambisce al riscatto e né ha via d’uscita: è il baratro nero dell’anima in cui, sprofondati, ci può essere solo la consolazione che tutto ciò possa servire a qualcuno, che possa essere d’aiuto per salvare altri genitori dallo stesso precipizio.

Ci vuole una forza enorme a sostenere, vivere e condividere tutto questo.

Ho osservato la compostezza e la loro grande dignità, intravvisto come la mente umana ha il primario bisogno di dare un senso sia alla vita che alla morte e così ogni segnale, parola, foglia cadente o fondo del caffè può diventare testimonianza di quel senso.

Il racconto parlava di una coppia di giovani qualunque, una ragazza ventenne normale e un fidanzato geloso: nulla che non sia riscontrabile in altre migliaia di altre storie di coppia, forse non l’incastro perfetto ma niente di nuovo in un panorama di cuori non sempre felici.

I genitori hanno ripercorso tutte le tappe che contraddistinguevano la gelosia di questo giovane: momenti che, guardati dalla fine, avevano netti la luce macabra di un problema enorme alle porte mentre all’opposto, guardati dall’inizio, sembravano normali incomprensioni di due giovani diversi. Una doppia faccia della realtà come in quelle prove ottiche dove, in base a dove si concentra l’attenzione, si possono vedere figure diverse.

Mi sono chiesta e mi continuo a chiedere, da madre, come salvare una figlia da un mostro che potrà avvicinarsi a lei e non con le mani sporche di sangue ma con l’abito buono della domenica e non ho trovato altra risposta se non educarla al rispetto di sé stessa.

Ma le parole si fanno parlare e il quotidiano è un puzzle complesso dove la violenza è un processo che non nasce con uno schiaffo (quando avviene siamo già in una fase conclamata) ma molto prima con un “tu non puoi”, “le tue amiche non mi piacciono”, “senza di me non puoi stare”: è un plagio continuo e quotidiano che offusca la mente di una donna che piano piano consegna sé stessa nelle mani di un carnefice a sua volta convinto che quello che fa sia il giusto. La violenza è difatti una sopraffazione prima strisciante e silente e poi via via sempre più prepotente di uno sull’altro dove, in questo percorso, la vittima perde gradualmente il principio del rispetto di sé, la propria identità, come inconsapevole pegno d’amore a colui che poi ne riconfezionerà una nuova a suo piacimento. Ne spiegherà lui come lei deve essere la “sua” donna.

Già questo percorso dovrebbe farci correre ai ripari: una madre, un’amica, un fratello non possono essere ciechi innanzi a questo plagio ritenuto troppo spesso giustificabile in nome dell’asserito amore. Del pari il carnefice è persona incapace di sopportare l’onda d’urto emotiva che si sprigiona dall’essere lasciati, dall’abbandono, incapace di relazionarsi alle incertezze della vita che lui invece ha bisogno di controllare, possederle e dominarle. Neppure in questo caso una madre, un amico o un fratello possono essere ciechi di fronte a un disagio che evidentemente, a loro volta, ritengono anche loro giustificabile sempre in nome di quell’asserito amore.

In entrambi i casi un uso e abuso del termine “amore” che non attinge nulla di sano da quel sentimento, brancolando invece all’ombra di una relazione di reciproca stretta, viziata, tossica dipendenza.

Terribile ascoltare che tutto questo era ben chiaro ai genitori di Nadia Orlando che con intelligenza ed estrema sensibilità sono stati vicino alla propria figlia salvandola da quel rapporto (lei aveva trovato il coraggio di lasciarlo).

Purtroppo la roulette russa che contraddistingue le relazioni tossiche non l’ha risparmiata nell’ultimo appuntamento, quello famoso chiarificatore, quello che le donne concedono forse pensando di alleviare il dolore dell’ex amato.

Una forma alta e nobile di una cura, non più neppure dovuta, ripagata col più vile, osceno, disumano dei gesti.

Come si fa ad uccidere la persona che ami?” – Paolo (nome di fantasia), classe 3, della scuola Media Ascoli di Gorizia, progetto #giornatedigenere, AS. 2020/2021.

Perché quello non è amore.

 

Anna Limpido è Consigliera Regionale di Parità del Friuli Venezia Giulia

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