L’arte del ricilco

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Michele Tomaselli

29 Settembre 2016
Reading Time: 6 minutes

Elena Clelia Budai

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Elena Clelia Budai, in arte Elecle, artista dallo stile “transfigurativo”, riesce a trasmettere una straordinaria emotività nelle proprie opere. Le sua arte è presente in importanti collezioni private, tra cui quella dell’Alexander Musem Hotel Palace di Pesaro; non solo un albergo lussuoso, ma anzitutto un’opera d’arte contemporanea frutto del lavoro di artisti come Arnaldo e Giò Pomodoro, Mimmo Paladino, Chia e Cucchi. Ha esposto in ambito nazionale e internazionale ottenendo buoni riscontri di critica. È un’artista innovativa che fa “scappare” le proprie invenzioni fuori dalle dimensioni del quadro, in modo da conquistare il tridimensionale. Le sue creazioni vengono rese all’essenziale e celano monomanie dell’esistenza umana. Nel suo percorso artistico, dalla pittura ai bassorilievi, ha sempre utilizzato lacche, paste e plastiche, sostenendo l’importanza del riciclo e della sperimentazione. Propone con grande creatività l’arte del polimaterico, ricorrendo alla creazione di figure umane (o parti somatiche di esse), plasmando paste termoindurenti e rivestendole con involucri lavorati di polietilene tereftalato (PET), così ottenendo delle sculture dai lineamenti perfetti.

In occasione della 13esima tappa del Giro d’Italia da Palmanova a Cividale del Friuli, del 20 maggio scorso, ha inaugurato con il pittore greco Dimitri Pikoulas Canapa, un atelier proprio a Palmanova, dando genesi a un luogo d’incontro per l’arte. Un monaco tibetano e una bicicletta d’altri tempi ci danno il benvenuto.

Elena, lei risiede a Bagnaria Arsa ed è di fatto espressione del territorio. Quando ha capito che l’arte sarebbe diventata la sua vita?

«Mi sono sempre dedicata alla pittura e di preciso non me lo ricordo, ma quando frequentavo l’Istituto Magistrale sentivo di avere qualcosa dentro. Da piccina ho vissuto il ’68 e le sue variegate sfaccettature nel campo della moda, della musica, del design e dell’arte. Ora mi riaffiorano quei ricordi, come ad esempio quel via vai di musicisti, i vinili, il rock dei Phink Floyd e dei Led Zeppelin, e soprattutto la Pop Art, una vera e propria iconografia della contemporaneità, un linguaggio comprensibile a tutti».

Un destino tracciato, insomma.

«A dir la verità, all’inizio non seguivo il sogno di diventare un’artista, fu così inevitabile passare alla realtà e iniziare a lavorare in una importante azienda del settore del design e arredamento dove ho avuto modo di conoscere le nuove materie plastiche industriali che rivestono parti di complementi di arredo. Nella mia mente mi scervellavo sempre più con l’idea di assemblare, plasmare e dare nuove forme a parte di questi materiali che di seguito erano destinati al riciclo. Fu così che da autodidatta, fuori dall’orario di lavoro, iniziai a mettere in pratica una mia tecnica personale contraddistinta dalla modellazione e dalla colorazione della plastica con l’ausilio del calore. Arrivò poi la prima mostra, fui selezionata a Trieste da Espansioni Art 2012, una rassegna d’arte contemporanea di artiste croate, italiane e slovene, che mi portò a Rijeka, in Istria, in una mostra organizzata dal console Renato Cianfarani, con il supporto della Comunità degli Italiani. Da qui ho iniziato la mia seconda vita».

In pochi anni ha spiccato il volo partecipando a diverse mostre nazionali e internazionali…

«Rijeka ha delineato un nuovo inizio del mio percorso artistico, un’opportunità per respirare aria nuova e scoprire stimoli diversi. Un effetto boomerang che mi ha aperto nuove strade, come quella londinese, alla Royal Opera Arcade Gallery. Una galleria nel cuore di Londra, vicino a Trafalgar Square, che mette a disposizione i suoi spazi per organizzare mostre ed eventi. Lì ho presentato “La ragazza dei Fichi”, una pittura contemporanea dalla forte esternazione, che esprime il desiderio di rinascere. Peraltro è stata una vetrina con la quale ho avuto modo di relazionarmi con artisti e performers di tutto il mondo. Di più, una scuola di pensiero che mi ha insegnato a essere sempre me stessa».

Dopo Londra è seguita la sua consacrazione artistica. Ha ingranato la quarta marcia e non si è più fermata…

«Nulla nasce per caso, tutto è frutto di un pensiero, di un sogno, di un desiderio. I luoghi possono essere lontani, piccoli o immensi, ma sono le persone che creano l’ambiente. E questo è valso anche per me. Ho realizzato un’esposizione sul riciclo a Fauglis, dove sono nata, e a Bagnaria Arsa, dove tuttora vivo, all’interno di un cartellone di arte e musica dedicato al leggendario leader dei Clash. È seguita la mostra Just Cavalli Hollywood, a Milano, con l’artista Aidan Nadia Bonometti, in un percorso di sensazioni e di ombre, sotto l’influenza della Pop Art. Poi, contemporaneamente alla rassegna della Biennale, ho esposto nel palazzo di Ca’ Zanardi a Venezia due quadri, dei quali uno su tela e l’altro in altorilievo. Quest’ultimo è stato la mia prima installazione polimaterica con il PET riciclato. E siccome da cosa nasce cosa, sono arrivata a Fano, nella riviera marchigiana, per partecipare alla collettiva “Seduzione dell’Arte”. L’accoglienza e la simpatia di questa cittadina mi hanno conquistata e forse hanno conquistato anche Martina, la mia scultura in PET alta 2,30 m, creata ad hoc per l’occasione».

Una mostra che ha confermato a pieno le sue doti artistiche.

«Ho ricevuto un buon riscontro di critica e di pubblico; il professore Giorgio Gregorio Grasso, critico dell’Arte e curatore della mostra, ha accolto favorevolmente Martina, rilasciandomi una recensione. Eppure furono giornate di grandi tensioni, dacché ero un’artista emergente e non era scontato ricevere dei feedback positivi. Così, fino all’ultimo ho pensato di essere in una gabbia di leoni».

Arriviamo all’incontro con il conte Alessandro Ferruccio Marcucci Pinoli di Valfesina, Nani per gli amici, personalità eclettica, scrittore, poeta, pittore e scultore…

«Il Conte fu piacevolmente impressionato da Martina che decise di acquistarla. Per me fu una gioia immensa, il coronamento di un sogno, la degna conclusione di un percorso artistico. Oltretutto la inserì negli spazi dell’Alexander Musem Hotel Palace. Un albergo tutto bianco che comprende 63 stanze realizzate da 75 artisti. Ogni dettaglio, dall’ingresso all’arredamento interno, è il risultato dello sforzo creativo di Nani, che ha ideato questo luogo rivoluzionando il concetto di accoglienza. È il primo hotel-museo aperto del mondo, dove si può soggiornare e degustare le eccellenze gastronomiche in ambienti realizzati da artisti come Arnaldo e Giò Pomodoro, Mimmo Paladino, Chia, Cucchi e… Elecle (sorride, ndr). Per di più il Conte ha avviato due nuove correnti artistiche: il transfigurativismo e il transconcettualismo».

Ovvero?

«L’arte è una trasmutazione: è andare oltre percorrendo la via profonda dell’interiorità. Significa in questo caso andare oltre al figurativo e al concettuale con arti espressive innovatrici e di avanguardia per conoscere la realtà in cui stiamo e noi stessi».

Da allora l’artista Elecle ha raggiunto nuovi traguardi, creando sculture sempre più belle, anche se lontano dal suo Friuli…

«Io sono e sarò sempre legata alla mia terra, il problema è che riuscire a trovare un don Chisciotte che ti permetta di fare arte è una chimera, così spesso e volentieri bisogna emigrare altrove; allo stesso tempo avrei il piacere che le istituzioni educassero di più all’arte. Ma sappiamo che questo è difficile. Devo dire però che nelle Marche mi sono trovata sempre molto bene perché è una regione che offre molto, artisticamente parlando».

Quali sono le sue ultime mostre?

«Recentemente ho partecipato al Premio Pesaro d’Arte 2015, dove ho ricevuto il terzo premio per la scultura “Ester”, alla Summer Art di Venezia alla presenza di Vittorio Sgarbi, e ora ho avviato una collaborazione con la galleria iSculpture di San Gimignano, ove sto esponendo dei PET di figure maschili in colori bianchi, rossi e grigi».

Siamo arrivati alla conclusione. Elena può svelare un piccolo segreto ai nostri lettori: chi raffigura Martina?

«Martina ritrae una donna cervignanese, Martina Accaino, una mia carissima amica con cui ho condiviso tanti bei momenti di vita e di arte».

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