Una settimana tra Greta Garbo e Il ladro di Bagdad

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redazione

25 Luglio 2016
Reading Time: 6 minutes

Le Giornate del Cinema Muto

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Ritornano a Pordenone dall’1 all’8 ottobre per otto giorni di cinema e musica dal vivo al Teatro Comunale Giuseppe Verdi le Giornate del Cinema Muto, che tagliano il traguardo della 35^ edizione.

Per l’occasione, grande apertura con il ritorno dell’orchestra nella prima serata ad accompagnare Greta Garbo in The Mysterious Lady (La donna misteriosa, 1928), dramma romantico diretto da Fred Niblo in cui la Divina veste i panni di un’affascinante spia russa. 61 elementi dell’Orchestra San Marco di Pordenone scenderanno nella buca del Verdi con il Maestro Carl Davis, autore della partitura, che contiene numerose citazioni dalla Tosca di Puccini, opera molto presente nel film.

La principale retrospettiva è dedicata a un protagonista della scenografia hollywoodiana, William Cameron Menzies, di cui ricorrono i 120 anni dalla nascita, che nel periodo muto lavorò con i più grandi registi, fra cui Raoul Walsh, Sam Taylor, Henry King. Il titolo di maggiore richiamo, The Thief of Bagdad (Il ladro di Bagdad) di Raoul Walsh, con Douglas Fairbanks, chiuderà le Giornate con l’accompagnamento – una prima mondiale – dell’Orchestra San Marco di Pordenone diretta dal Maestro Mark Fitz-Gerald, che ha ricostruito e adattato la partitura originale del 1924 di Mortimer Wilson. Una delle produzioni più costose fino a quell’epoca, il film rivela il genio di Menzies il quale, a soli 28 anni, riesce a dar vita a un orientalismo fantastico che non è solo lo sfondo dell’azione ma diventa parte integrante di essa. L’evento sarà replicato domenica 9 ottobre. Come La donna misteriosa, Il ladro di Bagdad viene presentato nell’edizione curata dalla londinese Photoplay di Patrick Stanbury e del premio Oscar Kevin Brownlow.

La rassegna su Menzies offre l’occasione di vedere titoli celebri come Kindred of the Dust (1922), ancora di Raoul Walsh, una storia di boscaioli del Pacifico di nord-ovest che ha per protagonista Miriam Cooper, moglie del regista. Norma Talmadge è invece l’interprete di due melodrammi, The Dove (La colomba, 1927) di Roland West e il coraggioso The Woman Disputed (La donna contesa, 1928) di Henry King e Sam Taylor, ispirato all’espressionismo tedesco. Fra gli altri titoli della sezione, The Garden of Eden (1928), deliziosa commedia di Lewis Milestone, e Tempest (Nella tempesta, 1928) di Sam Taylor, con John Barrymore, un’elettrizzante storia ambientata all’epoca della rivoluzione russa. Nella prima edizione degli Oscar, il 16 maggio 1929, Menzies fu premiato come miglior art director sia per The Dove sia per Tempest. Un altro Oscar (onorario) arriverà nel 1940 per il suo lavoro in Via col vento.

Le Giornate rendono omaggio ai 75 anni del Danske Filminstitut di Copenhagen, uno dei più prestigiosi e antichi archivi cinematografici al mondo, da cui arriverà, fra gli altri, L’onore riconquistato (1913), un film italiano creduto perduto e recentemente identificato che contiene rare scene della guerra italo-turca in Libia.

Quest’anno ricorrono i 400 anni dalla morte di Shakespeare, fonte di ispirazione per il cinema fin dalle origini. Le Giornate presentano tre film tratti dalle sue opere, tutti interpretati da Francesca Bertini: Il Mercante di Venezia e Re Lear di Gerolamo Lo Savio, del 1910, e Romeo e Giulietta di Ugo Falena, del 1912.

Il matrimonio di Venezia col cinema festeggia i 120 anni. I primi cameramen Lumière giunsero in Laguna probabilmente fra maggio e luglio del 1896, realizzando – fra gli altri – Arrivée en gondole, Tramway sur le Grand Canal e Pigeons sur la Place Saint-Marc, già quasi una mini-fiction. Si vedranno inoltre i Panorama della Piazza San Marco girati qualche mese più tardi con la macchina da presa in movimento, dal battello, dall’operatore Alexandre Promio. A questi primi film si affianca Eine venezianische Nacht (Notti veneziane, 1913), rielaborazione cinematografica di una pantomima realizzata dal grande regista teatrale tedesco Max Reinhardt che, girando dal vero in esterni e in interni, con felici intuizioni e sperimentazioni sottili ci mostra una altrettanto affascinante Venezia “minore”.

Da Venezia si “vola” a Buenos Aires, Tokyo, San Paolo del Brasile, Toronto, Budapest, Praga, Vienna e Belgrado, dove ci porta la seconda parte della rassegna, iniziata nel 2015, sulle sinfonie delle città. Proseguono anche le retrospettive dedicate al cinema western delle origini e al pioniere del cinema italiano Luca Comerio, di cui si vedranno le prime produzioni, incluse le due commedie L’avventura galante di un provinciale e Cocciutelli in guerra. Tra i film del Canone rivisitato scelti da Paolo Cherchi Usai, quest’anno troviamo capolavori come Erotikon (1920) di Mauritz Stiller, Geheimnisse Einer Seele (I misteri di un’anima, 1926) di G.W. Pabst, Umarete wa mita keredo (Sono nato, ma…, 1932) di Yasujiro Ozu, Padenie Dinastii Romanovykh (La caduta della dinastia Romanov, 1927) di Esfir Shub e Nana (1926) di Jean Renoir.

Dopo il successo, l’anno scorso, del cineromanzo Les misérables, si rinnova l’appuntamento con la maratona cinematografica di metà settimana con un altro classico di quasi quattro ore firmato dallo stesso regista Henri Fescourt, Monte Cristo, tratto dal romanzo di Alexandre Dumas.

Numerosi come sempre le riscoperte e i restauri provenienti dagli archivi internazionali. Si segnala in particolare l’adattamento italiano del romanzo di Zola “Nana”, Una donna funesta (1919) di Camillo De Riso, con la ‘diva’ dimenticata Tilde Kassay in una performance decisamente sensuale. Il film – che le Giornate offrono l’occasione unica di vedere insieme a Nana di Renoir, di sette anni posteriore, incluso nella sezione del Canone rivisitato – è stato ritrovato recentemente a Buenos Aires dallo stesso Museo del Cine “Pablo Ducros Hicken” che otto anni fa riscoprì le scene perdute di Metropolis. Era considerata perduta anche l’intrigante serie americana di un secolo fa Who’s Guilty?, caratterizzata da personaggi alle prese con dilemmi morali, e invece il Gosfilmofond di Mosca ha scoperto nei suoi archivi – e li porterà a Pordenone – otto capitoli completi e due incompleti. Fra le chicche, il Disney ritrovato Africa Before Dark (1928), un Oswald the Lucky Rabbit restaurato dal Filmmuseum di Vienna, che lo presenta alle Giornate in prima internazionale.

Dei recenti restauri si vedrà, fra gli altri, Behind the Door (1919) di Irvin Willat, il film di propaganda più esplicitamente anti-tedesco realizzato negli Stati Uniti alla fine della Grande Guerra; e dal Filmmuseum di Monaco arriveranno l’emozionante avventura girata nell’artico norvegese Die weisse Wüste (Ernst Wendt, 1922) e Algol – Tragödie der Macht (Hans Werckmeister, 1920), un film sci-fi espressionista che ha come protagonista il grande Emil Jannings e come art director Walter Reimann (lo stesso di Caligari, opera simbolo dell’espressionismo tedesco).

A rimarcare il ruolo fondamentale del festival nella riscoperta del cinema muto, il programma messo insieme dal nuovo direttore Jay Weissberg, se da una parte esalta la spettacolarità, si propone dall’altra di indagare e rivalutare cinematografie meno conosciute. È il caso del cinema muto polacco, rimasto a lungo terra incognita e ora oggetto di una prima esplorazione. Sottovalutato e di difficile accesso (anche a causa delle distruzioni della seconda guerra mondiale, che ebbero inevitabilmente un impatto sugli archivi), il cinema muto polacco riserverà non poche sorprese. In questa prima panoramica vengono presentati cinque lungometraggi di generi e stili differenti, come il melodramma sociale Ludzie bez Jutra (Gente senza domani) di Aleksander Hertz, che risente dell’influenza del cinema russo pre-sovietico mentre altri si ispirano di più al cinema tedesco degli anni venti. Molto interessanti i due adattamenti letterari Pan Tadeusz e Janko Muzykant, entrambi di Ryszard Ordyński, allievo di Max Reinhardt. Il primo è tratto dal poema epico nazionale, il secondo è un adattamento del classico di Henryk Sienkiewicz (l’autore di Quo Vadis?). Completano la rassegna dodici cinegiornali che ci offrono uno sguardo sulla vita nella Polonia degli anni dieci e venti.

Si vedranno inoltre i lavori di John H. Collins, uno dei primi maestri del cinema americano – vittima a soli 28 anni dell’epidemia influenzale del 1918 – e già fra i protagonisti, nel 1988, della storica rassegna pordenonese “Sulla via di Hollywood”; e le spassose comiche, sagace combinazione tra la raffinatezza della trama e la tradizionale dose di slapstick, dello Studio fondato da Al Christie, uno dei nomi più importanti del cinema comico all’epoca del muto insieme a Mack Sennett e Hal Roach.

Per una sera, venerdì 30 settembre, il festival torna al Teatro Zancanaro di Sacile (che in passato ha ospitato otto edizioni, dal 1999 al 2006), con l’appuntamento di preapertura, Show People (Maschere di celluloide, 1928) di King Vidor, accompagnato dalla Zerorchestra diretta da Günter Buchwald. Con una strepitosa Marion Davies nei panni di aspirante attrice, il film rappresenta uno dei vertici della commedia brillante degli anni Venti e offre uno spaccato della Hollywood dell’epoca, con tanto di parata di star, da Charlie Chaplin a John Gilbert, da Mae Murray a William Hart a Douglas Fairbanks. Lo spettacolo, realizzato da Cinemazero in occasione della mostra in corso a Villa Manin Hollywood Icons, fotografie dalla John Kobal Foundation, è presentato in collaborazione con il Comune di Sacile ed è a ingresso libero.

 

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