Nel regno degli animali

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Claudio Pizzin

10 Agosto 2012
Reading Time: 4 minutes
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La Tanzania e i suoi parchi naturali

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La jeep si muove lentamente, quasi a non voler intaccare il silenzio assordante che ci circonda. Le prime luci dell’alba iniziano a filtrare tra le bianche nuvole stratificate di un cielo che, improvvisamente, si colora di tinte mozzafiato. E col sorgere del sole anche il cuore dello Ngorongoro inizia a pulsare.

Francesco, la nostra guida locale, alza un braccio dal volante per indicare l’orizzonte davanti a noi. Stormi di uccelli variopinti si alzano in volo a ritmo cadenzato, mentre sotto di loro la popolazione di uno dei principali parchi naturali del Paese prende possesso della terra lussureggiante. Zebre, gnu, rinoceronti: dovunque volgiamo lo sguardo lo stupore ci lascia a bocca aperta prima di prendere tra le mani la macchina fotografica per immortalare immagini che solo in questi luoghi protetti possono trovare spazio. Il volto di Francesco si apre improvvisamente ad un sorriso sornione: con la coda dell’occhio ci scruta in attesa di una reazione. Davanti a noi una muraglia di gnu si muove ordinatamente, senza curarsi della presenza della jeep.

Una scena già vissuta il giorno prima, quando attraversando il Parco del Serengeti, milioni di altri gnu ci avevano incrociato sul loro tragitto: siamo in primavera,  il periodo della migrazione verso il Kenya prima dell’arrivo della stagione delle piogge. «In questi giorni si spostano a milioni», aveva raccontato la guida. «Molti di loro non riusciranno ad attraversare il fiume Mara, dove i leoni prima e i coccodrilli poi, li attenderanno al varco. Per tutti gli altri, invece, il ritorno al Serengeti avverrà a ottobre».

Francesco ferma il mezzo per consentirci, rimanendo obbligatoriamente a bordo, di scattare immagini ricordo della grande emigrazione, quando all’improvviso nello Ngorongoro tutto si ferma, come in un film senza sonoro. Gnu, zebre, facoceri, gazzelle e ogni altro animale sembrano tesi come corde di violino. La guida mi porge il suo cannocchiale, accennando ad un punto preciso, distante circa duecento metri da noi. Attraverso le potenti lenti osservo la sagoma longilinea e al tempo stesso possente di un felino che si avvicina lentamente. Mi giro verso Francesco, attendendo la risposta ad una domanda che non serve esprimere a voce. «Ghepardo», sussurra. In ogni branco di animali il più anziano del gruppo si mette in coda, iniziando ad osservare il grande predatore che si muove con fare indifferente. Un gesto di protezione verso gli altri membri. Chiusi all’interno del nostro mezzo assistiamo trattenendo il fiato. Penso allo zoo, dove gli animali in gabbia sono alle mercé di spettatori talvolta disinteressati che li osservano noncuranti. Questa volta, in gabbia ci siamo noi. Il ghepardo arriva a pochi passi dalla jeep e si accovaccia per terra. Incrocia distrattamente i nostri sguardi e si abbandona ad uno sbadiglio.

Con gli occhi ancora meravigliati, riprendiamo il nostro viaggio in direzione di uno dei numerosi laghi del parco. Continuiamo ad affiancare frotte di gnu, mentre attorno scorgiamo qua e là sciacalli dagli occhi ipnotici, alla ricerca di nuove prede. Avvistiamo finalmente l’acqua, ma appena ci avviciniamo lo specchio blu si agita e sbuca una coppia di ippopotami. La loro possenza è impressionante: ad ogni movimento, i variopinti uccelli che sostano in prossimità del lago si librano timorosamente in volo, colorando involontariamente il cielo sopra di noi. È giunto il momento di proseguire: fra qualche chilometro ci attende un villaggio maasai della tradizione locale.

Prima dell’arrivo, però, le sorprese non sono finite. Per coglierle, tuttavia, dobbiamo osservare con attenzione gli alberi. Tra i rami frondosi di un’acacia decine di cicogne appollaiate osservano il nostro passaggio. Francesco prosegue nella guida, mentre i nostri sguardi restano rapiti da questo spettacolo mai visto prima. In lontananza, intatto, bufali ed elefanti si muovono indisturbati. Ma non c’è tempo per distrarsi. Un altro albero. Questa volta l’atmosfera attorno appare silenziosa. La jeep rallenta. Distese tra l’erba alta si distinguono le sagome di quattro leoni: un maschio e tre femmine. Stanno riposando e cerchiamo di non disturbarli. Passiamo poco distanti da loro eppure sembrano non curarsi della nostra presenza. Ripenso alla gabbia dello zoo e mi convinco sempre più che in questi luoghi l’uomo rappresenti solo un ospite. Per trovare nostri simili, infatti, dobbiamo percorrere altra strada, fino a raggiungere uno dei villaggi maasai disseminati in questa zona nordorientale della Tanzania. Gli abitanti locali ci accolgono con balli e danze tradizionali, non prima di aver richiesto un obolo di 15 euro a persona per l’ingresso. I sorrisi e le dimostrazioni di affetto non mancano, eppure sembra di essere protagonisti di uno show preconfezionato ricamato su misura di turista. Ci mostrano le stanze che utilizzano come scuola e gli interni delle abitazioni tipiche, mentre noi offriamo caramelle a bambini che sbucano sempre più numerosi.

I loro volti sorridenti mi riappaiono anche la sera, quando all’interno del campo tendato allestito per i turisti, dopo aver degustato l’ottima birra locale ed il delizioso vino sudafricano e dopo aver assaggiato frutta rigogliosa del posto, ripenso alla giornata trascorsa. Per un istante rivedo lo sguardo del ghepardo a pochi metri da me e sorrido. Scene che possono succedere solo in Tanzania, nel regno degli animali.

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