Amalgama sapientemente musica, arte circense e nuove tecnologie, poesia ed effetti speciali per lasciare un messaggio di speranza per la salvaguardia del pianeta The Ark, grande produzione canadese, creata nel 2010 in occasione dell’ Anno mondiale della Biodiversità, supportata in questo dai buoni uffici dell’Unesco e dal Conseil des Artes e des lettres du Québec, secondo degli eventi internazionali in cartellone. La trama musicale originale, insieme alle percussioni in diretta e ai paesaggi visivi in movimento è tale da creare un universo unico ed incantevole, un’opera geniale e ammaliante nella sua rappresentazione: più arti messe insieme alla perfezione, un caleidoscopio di colori, luci, musiche, acrobati, giocolieri e funamboli a raccontare la speranza (nel futuro) e la minaccia (del presente).
In scena sette splendidi artisti usciti dalla più prestigiosa scuola mondiale di nouveau cirque (L' École nationale de cirque de Montréal, la cui sede è, non casualmente, esattamente di fronte a quella del Cirque du Soleil) e appartenenti alla compagnia canadese L'Arsenal. Artisti che hanno posto la propria arte al servizio dello spettacolo poetico d’impegno ambientalista, mettendo in scena il dramma quotidiano della scomparsa dalla faccia della terra di diverse specie di animali e vegetali, sotto l'incessante opera distruttrice dell'uomo.
La scena appare sin da subito suggestiva grazie ai giochi di luci che creano di volta in volta scenari naturali resi addirittura tridimensionali grazie alla sovrapposizione di veli e proiezioni. Il ritmo della "vita" è scandito dalle percussioni che dal palco raccontano le acrobazie circensi degli artisti in scena, ora esseri animali, ora umani, che cercano in tutti i modi di resistere, sopravvivere, conservarsi dall'aggressione dell'umano evolversi con acrobazie e numeri da rabbrividire. “Cementificazione, distruzione delle foreste, aumento esponenziale dei rifiuti, inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, estinzione di specie animali – scrive così Roberto Canziani sul Piccolo - diventano i nuovi numeri di una creazione che si impone a noi spettatori con l’eccellenza tecnica dei sette perfomer e la perizia delle proiezioni d’effetto tridimensionale (il grande velo traslucido che chiude il boccascena ha un‘estensione tale da farci dimenticare che siamo a teatro e ci risucchia nei suoi panorami naturali), ma ci porta pure a considerare i danni che lo strapotere tecnologico dell’uomo e la sua pretesa di essere signore del pianeta sta provocando. L’azzardo delle pertiche e delle funi, la destrezza del gioco con le clavette, i salti felini, perfino il dinamico percorso musicale di Denis Gougeon non restano dunque fini a se stessi”.
Elemento chiave dello spettacolo è dunque la perfetta commistione di diversi ed eterogenei generi artistici che riescono a rendere perfettamente la metafora che si vuole rappresentare, ovvero un messaggio di speranza in cui si riesca a conservare e preservare il maggior grado di biodiversità possibile grazie ad un'arca, che paradossalmente non riuscirà ad ospitare l'uomo, fautore della sua autodistruzione.