Culla della civiltà

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Claudio Pizzin

3 Febbraio 2016
Reading Time: 9 minutes

L’isola di Creta

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Il fascino di Creta è qualcosa di immediato che ci cattura appena usciamo dall’aeroporto. Dopo aver ritirato l’auto che sarà il nostro mezzo di trasporto nei giorni di permanenza sull’isola, ci dirigiamo subito a Hermassinos che raggiungiamo dopo due ore e mezza e 180 km percorsi su una strada tranquilla e panoramica, da cui ammiriamo un tramonto incantevole, con il sole che sembra tuffarsi nel mare. Emozioni che si aggiungono alla prelibatezza della cena: in un ristorale locale degustiamo le tradizionali lumache, qualcosa di unico e imperdibile assaporando una buona birra.

L’indomani è una bellissima giornata. Dopo una buona colazione si parte per Heraclion. Visitiamo il Museo Archeologico, trascorrendo diverse ore alla scoperta della cultura minoica. Il museo fu istituito nel 1883 come semplice collezione di antichità. Un edificio apposito fu costruito tra il 1904 e il 1912 per l’interessamento di due archeologi cretesi, Iosif Hatzidakis e Stefanos Xanthoudidis. Dal 1937 iniziarono i lavori sull’attuale struttura, progettata con criteri antisismici dal celebre architetto greco Patroklos Karantinos. Il museo fu danneggiato nel corso della Seconda guerra mondiale, ma la collezione sopravvisse intatta e fu nuovamente resa accessibile al pubblico dal 1952. Venne aggiunta una nuova ala nel 1964.

L’edificio consta di 22 sale, disposte su due piani; attualmente è in fase di ristrutturazione ed è visitabile un’esposizione temporanea di un’unica sala. Le collezioni seguono un ordine cronologico: vi si trovano vari rythoi (vasi per libagioni usati in funzioni religiose), plastici e ricostruzioni dei principali palazzi minoici. Al secondo piano vi sono i celebri affreschi di Cnosso, parzialmente ricomposti.

Dopo averli visti all’interno di quello che viene considerato il museo più importante della Grecia, una volta usciti decidiamo di salire su un autobus per recarci personalmente a Cnosso per visitare quello che rimane del Palazzo di Minosse. Abitato già nel neolitico, divenne un florido centro della civiltà minoica verso il 2000 a.C., epoca della costruzione del grande palazzo che, privo di mura difensive, era sintomo dell’egemonia cretese sul mar Egeo. In quel periodo gli abitanti di Cnosso cominciarono ad avere rapporti economici e commerciali con la civiltà egizia e vennero addirittura dipinti straordinari affreschi prodotti con le tradizionali tecniche degli abitanti del Nilo.

Verso il 1700 a.C. un cataclisma, forse un terremoto provocato dall’eruzione del vulcano dell’isola di Thera (l’odierna Santorini), distrusse tutti i palazzi di Creta, incluso quello di Cnosso. Durante il periodo neopalaziale (1700 a.C. – 1400 a.C.) il palazzo venne ricostruito ancora più sontuoso di quello di epoca palaziale, sempre privo di mura difensive, a testimonianza della totale assenza di invasioni da parte di altri popoli. Verso il 1450 a.C., Cnosso fu devastata dai Micenei, popolazione proveniente dal Peloponneso, come testimoniano i testi in lineare B rinvenuti nel palazzo, finché verso la metà del XIV secolo a.C. la città iniziò a decadere. Nonostante ciò, come tramandato da infinite fonti, fiorì la presenza di artigiani cretesi nelle città micenee, dove veniva apprezzata la loro alta conoscenza nel campo dell’oreficeria.

La prima tappa del giorno seguente è Agios Nicolaos, dove visitiamo una chiesetta appena costruita e dedicata alla Madonna. Proseguiamo quindi per Elouda, punto di partenza verso Spinalonga, antica fortezza e lebbrosario: una gita di 30 minuti in barca in un luogo imperdibile. Spinalonga è una piccola isola fortificata situata proprio di fronte alle coste di Creta. L’isola fu di grande importanza militare ai tempi della Repubblica di Venezia e conserva formidabili vestigia dell’epoca, come gli imponenti bastioni.

Il forte di Spinalonga è situato in posizione strategica, all’imbocco del golfo di Mirabello, nella parte orientale dell’isola di Creta, e occupa in realtà l’isolotto di Kalidon. Spinalonga infatti in senso proprio è la penisola vicina, di dimensioni maggiori, nonostante dal punto di vista storico, per Spinalonga si sia sempre inteso l’isola-fortezza. In serata, una meravigliosa cena a base di pesce rappresenta la degna conclusione di una giornata densa di emozioni. L’indomani partiamo alla volta di Zakros. Lungo la strada ci fermiamo prima al monastero di Moni Toplou. Dopo 120 chilometri in continuo saliscendi fra panorami mozzafiato e piccoli paesi abbarbicati sulle montagne, raggiungiamo Zakros.

Noto agli archeologi come Zakro o Kato Zakro, posizionato sulla costa orientale dell’isola, nel sito sono presenti rovine della civiltà minoica, tanto da ritenere che fosse stato uno dei quattro principali centri amministrativi minoici. Il suo porto protetto e in posizione strategica, inoltre, ne fece un importante centro per il commercio verso l’Oriente. La città era dominata dal Palazzo di Zakro, originariamente costruito intorno al 1900 a.C., ricostruito verso il 1600 a.C., e distrutto nel 1450 a.C. circa, insieme agli altri maggiori centri della civiltà minoica. Il giorno seguente decidiamo di dirigerci verso Sud; pochi minuti dopo la partenza restiamo incuriositi dalla segnaletica che indica la presenza di un altro monastero. Svoltiamo a sinistra. Ci ritroviamo a percorrere una strada con panorami unici sulla baia di Agios Nicolaos. Dopo circa 8 km percorsi inerpicandoci sulla ripida montagna, raggiungiamo il monastero della Vergine Faneromeni di Ierapetra. Il suo aspetto austero lo fa assomigliare a una fortezza. Ma a togliere il fiato è la vista sul Golfo di Mirabello.

Riprendiamo il viaggio. Dopo diverse ore fra panorami costieri e strade immerse in infiniti uliveti, nel pomeriggio giungiamo a Gortina, l’antica capitale romana di Creta. Ammiriamo i resti della basilica di Agios Titos, parzialmente coperta da alcuni lavori di restauro, e l’Odéon dov’è conservata l’iscrizione con le “Leggi di Gortina”, il più antico codice legislativo europeo inciso sulle pietre. Dopo una sosta all’ombra del platano che, secondo la leggenda, nascose gli amori tra Zeus ed Europa, usciamo dalla prima parte del sito e, attraversando la strada, entriamo in un esteso uliveto per ammirare il Pretorio, il Tempio di Apollo e altri resti che si estendono a perdita d’occhi. Unico neo, la trascuratezza che sembra regnare tutto attorno e che ci lascia un po’ di amaro in bocca mentre imbocchiamo la via verso Kalamaki.

Dopo una giornata di assoluto riposo, trascorsa osservando il mare e visitando le botteghe artigiane, ripartiamo alla volta di Chania. Dopo diversi chilometri raggiungiamo il paese di Spili, il cui nome deriva da una caverna nelle vicine montagne (dal greco “spileon”, caverna), facile da esplorare agevolmente anche da soli. Gli immediati dintorni sono un vero e proprio paradiso per gli escursionisti: dalla flora selvatica alle orchidee, dalle aquile agli avvoltoi che volano nel cielo. Arriviamo in paese. Il traffico è caotico e riusciamo a fermarci solo in prossimità del monastero, dove ammiriamo gli ingressi ad archi, i pregevoli pavimenti e le ricche decorazioni.

Riprendiamo il viaggio verso un altro monastero, quello di Moni Preveli. Situato in una zona di particolare bellezza naturale, fu costruito nel 1670 dall’abate Prevelis, sulle rovine di un antico monastero distrutto dai Turchi nel 1646. Secondo un’altra versione, il monastero fu invece realizzato dal feudatario Prevelis, che offrì questa terra in dono ai monaci insieme con una cappella dedicata a San Giovanni che si trovava nella tenuta. Durante la battaglia di Creta contro i Turchi e nel periodo dell’occupazione tedesca, il monastero diede il suo aiuto, fornendo rifugio ai greci in lotta e agli alleati durante la Seconda guerra mondiale. L’esterno della struttura è dominato dall’imponente campanile, costruito nel 1629. All’interno si trovano gli alloggiamenti, la biblioteca, l’ufficio dell’abate e un piccolo museo di cimeli ecclesiastici, con documenti preziosi, paramenti sacri e l’editto che offriva a Gregorio V la protezione del patriarcato di Costantinopoli nel 1789.

All’interno della chiesa, costruita nel 1836 e dedicata a San Giovanni Teologo, si può ammirare un crocifisso in oro, un lampadario d’argento e il trono del vescovo. Vicino al monastero di Preveli se ne trova un altro con lo stesso nome, anch’esso dedicato a San Giovanni, ma abbandonato.

Il giorno seguente ci dirigiamo a Elafonisi, passando attraverso gole profonde su strade che si inerpicano e vie molto strette che attraversano piccoli paesi. Ci ritroviamo in una carovana di macchine che lentamente risalgono le colline. Ai lati della strada sostano numerosi venditori di olio, raki e miele. A pochi chilometri da Elafonisi raggiungiamo il Monastero di Chrissoskalitissa, luogo di culto dedicato all’Ascensione della Vergine e alla Trinità, sorto su rocce scoscese che offre un panorama incantevole. Per arrivarci bisogna salire 98 gradini, uno dei quali, racconta la leggenda, è d’oro, ma solo i puri di cuore possono vederlo. Al suo interno, invece, in uno stanzino, durante la dominazione turca vi era una scuola segreta per i giovani del posto.

Terminata la visita proseguiamo per la spiaggia di Elafonisi, luogo magico con la sabbia bianca dalle sfumature rosa e dalle acque cristalline di colore turchese. Proprio di fronte alla lunga spiaggia caraibica si trova una piccola isola di dune di sabbia costellate da cespugli e gigli di mare, collegata alla terraferma da un passaggio lungo 200 metri che, al variare delle maree, viene ricoperto dall’acqua. Lo scenario cambia l’indomani, quando ci dirigiamo alla volta del Samaria Gorge National Park. Il cielo non promette niente di buono e dopo una ventina di chilometri ci sorprende una pioggia intensa, che scroscia tra lampi e tuoni. Decidiamo di fare retromarcia e portarci verso lidi più sicuri. Raggiungiamo Chania dove giriamo tra mercatini di pelletteria, gioiellerie e negozi di stoffe. Entriamo quindi nella chiesa di Agios Nicolaos, che faceva originariamente parte del complesso del monastero omonimo del XIII secolo, il cui chiostro è ancora visibile sul lato nord dell’edificio. Considerata una delle più importanti della città nel periodo veneziano, la chiesa fu convertita nella Moschea del Sultano Ibrahim in periodo ottomano.

Oggigiorno, sebbene sottoposta a rimaneggiamenti sostanziali, conserva ancora le mura esterne e la lunga sezione con cupola, separata in piccole porzioni, nella parte settentrionale. Nel mezzo della strada di Halidon, nella città vecchia, si trova invece la Cattedrale della Vergine Maria. Costruita sui resti di una chiesa più antica del XIV secolo, durante l’occupazione turca venne trasformata in una fabbrica di sapone. Tuttavia, l’icona della Vergine Maria venne mantenuta e davanti ad essa era sempre accesa una candela, con la tolleranza del pascià turco di Chania. La costruzione della Cattedrale di Chania è stata completata nel 1860 sotto forma di basilica a tre navate (da cui il nome Trimartiri), con quella centrale rialzata. Ornata con imponenti agiografi e, al suo interno sono presenti opere di famosi artisti greci quali Kalliterakis, Stavrakis, Tripolitakis e Kokotsis.

Un’altra chiesa, quella di San Francesco, ospita invece il Museo Archeologico dove sono raccolti reperti che vanno dal Neolitico fino all’epoca romana: ceramiche, sarcofagi dipinti e tavolette con le famose iscrizioni in Linea A e Linea B. Nel vicino giardino si trovano un leone di San Marco e una fontana ottagonale turca.

Nonostante il tempo incerto, partiamo alla volta della costa meridionale. La prima tappa è Sougia, dove degustiamo dell’ottimo pesce in uno dei ristorantini in riva al mare. Quindi, puntiamo verso Omalos per ammirare le gole di Samaria: un canyon lungo 16 chilometri situato sul versante occidentale dei monti Lefka, profondamente inciso dall’omonimo torrente. Si tratta probabilmente del canyon più lungo d’Europa dopo le gole del Verdon, in Francia. Situato al centro di un parco nazionale con due ingressi (uno alla foce del torrente Samaria, raggiungibile dal vicino villaggio di Aghia Roumeli, e l’altro in prossimità delle sue sorgenti, vicino al villaggio Omalos a 1250 m di altitudine, collegato a La Canea da una carrozzabile di 23 km).

Il Parco Nazionale delle gole di Samaria è uno degli ultimi luoghi in cui sopravvive la capra krikri, tipica dell’isola di Creta. Giusto il tempo per scattare frettolosamente qualche foto che inizia a piovere a dirotto. D’improvviso, una cappa di nebbia ci avvolge. Con prudenza, seguendo il nostro navigatore, scendiamo lungo la strada che si intravvede appena. La careggiata è piena di sassi rotolati giù dal costone della montagna. Quando temiamo di esserci persi, ecco la grande sorpresa: ci ritroviamo in mezzo a un gregge di pecore, capre e montoni. Ci adeguiamo ai loro tempi, ma ritroviamo finalmente la strada maestra che ci riconduce a Chania. Qui trascorriamo il nostro ultimo giorno sull’isola, visitando la spiaggia di Stavros, dove nel 1964 l’attore Anthony Quinn interpretò ‘Zorba il Greco’. Dopo il temporale del giorno prima, un sole splendente si è ripreso la scena. Sembra di essere proprio in un paesaggio da film. Invece è semplicemente e straordinariamente Creta.

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