Il futuro dell’immigrazione tra economia e ideologia

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redazione

29 Ottobre 2014
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Dibattito al Future Forum

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Tra il 30 settembre 2013 e il 30 settembre 2014 le imprese attive in Fvg sono diminuite del 2%; di converso quelle con titolare straniero sono cresciute, nello stesso periodo, dell’1,66%, rappresentando il 10,8% di tutte le imprese. Maggiore è stata l’incidenza rilevata tra quelle condotte da imprenditori di nazionalità serba e montenegrina (il 10% di tutte le straniere), svizzera (anche se in questo caso si deve parlare di cosiddetta immigrazione di ritorno), albanese (8,82%) e rumena (7,10%).

L’intervento di Jay Mitra al “Future Forum”

«L’esperienza europea non è omogenea in fatto di immigrazione – sottolinea Jay Mitra, direttore dell’International Centre for entrepreneurship research dell’Essex Business School – e i politici hanno giocato con questa parola, tra controllo e integrazione, ma troppo in senso ideologico. Udine può essere esempio, dai dati presentati, che è possibile creare una sotto-comunità di imprenditori immigrati, che possono cominciare a diventare ambasciatori dei loro Paesi di provenienza, essendo in grado di portar valore economico alla società». Nei Paesi Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) – fa notare lo stesso Mitra – la percentuale di imprenditori “migranti” è del 12,8%, superiore a quella degli imprenditori “nativi” che è del 12,1%. Negli Stati Uniti le imprese costituite da migranti sono peraltro quelle con più elevata capacità innovativa. 

«La grande sfida oggi – precisa Sergio Arzeni,  direttore del dipartimento per l’imprenditorialità e delle Piccole Medie Imprese dell’Ocse – è attirare talenti. L’Italia non è competitiva nel mondo della conoscenza e dovrebbe attirare più imprenditori che creino imprese e investano qui e nel loro Paese, come tanti friulani hanno fatto nel mondo in passato».

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