MITO, PREISTORIA E STORIA ATTORNO AL TIMAVO
Dovevano fuggire in fretta gli Argonauti, dopo aver trafugato il vello d’ariete d’oro al re di Colchide: la loro guida, Giasone, scelse dunque di risalire il Danubio per poi scendere nell’Adriatico. Da qui in poi le ipotesi sulla rotta sono infinite, ma è significativo notare come fra i luoghi che rivendicano il passaggio degli Argonauti ci sia anche Duino. La stessa Duino dove ritorna in superficie il Timavo, dopo essersi inabissato nelle grotte di San Canziano. Attorno a questo fiume sono nati numerosi altri miti: lo storico greco Strabone parla del Timavo come luogo sacro all’eroe Diomede; Virgilio, nel I libro dell’Eneide, ricorda che il troiano Antenore, fuggito dalla sua città in fiamme, sbarcò proprio qui per poi proseguire verso il Veneto e fondare Padova.
Mitologia a parte, questi luoghi sono abitati sin dalla preistoria: nelle grotte del circondario sono venuti alla luce reperti che vanno dal Paleolitico inferiore all’Età del Ferro, senza contare che in queste terre, vocate da sempre ad essere ‘confine’, si sono stanziate molte popolazioni preromane. Roma arrivò nell’anno 178 a.C., quando il console Aulo Manlio Vulsone pose il suo accampamento militare presso il bacino del Timavo, dove subito sorse un emporio commerciale, e soprattutto nel 129 a.C., sotto il consolato di Manio Aquilio e Gaio Sempronio Tuditano, quest’ultimo attivo in vari conflitti con popolazioni stanziate in Friuli, Austria, Slovenia e Croazia. Egli dedicò un monumento al Timavo, vera e propria divinità per gli antichi: a testimoniare la sacralità del luogo, ancora oggi, c’è la quattrocentesca chiesa di San Giovanni in Tuba. Bisogna infine ricordare il Castrum Pucinum, una fortificazione citata da Plinio il Vecchio e famosa per la produzione del vino Pucino (antenato del nostro Terrano?), e la mansio Timavi, una stazione di tappa presso il fiume segnalata da un’antica mappa medievale, copia certa di un’originale romano: la Tabula Peutingeriana. Ma resti romani sono disseminati un po’ ovunque, dalle ville del Lisert alla Grotta del Mitreo, senza contare che da duemila anni le cave di Aurisina regalano al mondo una splendida pietra per sculture e architetture.
IL COMPLESSO DUINATE E LA SUA STORIA
Sono molte le cose da vedere in questo piccolo lembo di costa. Innanzitutto, la rocca inferiore, i cui ruderi sovrastano il promontorio della Dama Bianca. Vittima di un marito geloso, Esterina da Portole venne gettata sugli scogli dal suo assassino: nella sua caduta, però, si sarebbe trasformata nella pietra visibile dal mare, la cui forma ricorda davvero quella di una dama velata. Tuttora, nelle notti di luna piena, si sentirebbe il lamento di Esterina. Oltre al fantasma, non può mancare la leggenda: ospite di Pagano IV, in questa dimora, sarebbe stato Dante in persona, nella veste di ambasciatore del veronese Cangrande Della Scala.
Della vicenda resta il nome di Scoglio di Dante alla roccia che si erge nella baia, dove nei giorni di bora si respira un’atmosfera di poetica inquietudine. Il vero e proprio castello di Duino è però la quattrocentesca rocca superiore, con al centro la torre di origine romana e attorno le strutture collaterali: la vasca delle ninfee, il cimitero di famiglia, inglobato in ciò che resta di un convento seicentesco, il bunker della Seconda Guerra Mondiale costruito nel ‘43 (profondo 18 m, con una sala inferiore di 400 mq) e la vecchia foresteria del castello, ormai da decenni sede del Collegio del Mondo Unito, che ospita 200 ragazzi provenienti da oltre 50 nazioni del pianeta. Per molto tempo la storia dei nobili duinati non si segnala per particolari vicende. Poi, nel 1366, un cambio di rotta politica: dopo il vassallaggio con i Conti di Gorizia e in seguito il Patriarcato di Aquileia, Ugone VI sottoscrive a Vienna un atto solenne con il quale dichiara di prestare «obbedienza e servitù» agli Asburgo. Nel 1395, estintasi la dinastia dei Duinati, i diritti feudali passano ai signori di Walsee: sono loro a iniziare la costruzione del castello superiore. Dopo le incursioni turche della seconda metà del Quattrocento e dopo l’estinzione della famiglia dei Walsee, le fortezze duinati passano prima agli Hoffer, che subiscono lo smacco degli 8 mesi di occupazione da parte dei Veneziani (nel 1508 si è in piena Guerra di Cambrai), poi ai conti Della Torre, già duchi di Milano. Nel 1875, il ramo Della Torre si unisce con i Tasso, di cui fu illustre esponente il Torquato poeta; un casato ricchissimo, che per 300 anni ebbe il monopolio dei servizi postali nell’Impero Austroungarico. I Della Torre e Tasso (Thurm und Taxis nella denominazione tedesca) sono ancora oggi i proprietari del castello.
VISITA AI CASTELLI
Cominciamo la visita dalla rocca inferiore. Ciò che resta va a fondersi direttamente nella pietra sottostante, in un tutt’uno quasi indistinguibile. Su tutto, domina la torre centrale: all’interno, non visibili a causa delle strutture pericolanti, ci sono ancora lacerti di affreschi medievali e un leggio in pietra per le lodi del mattino. Sotto questo sperone roccioso, nell’antichità, c’era uno spazio dedicato al culto del dio Mitra. Dal castello inferiore ci spostiamo in quello superiore, con le sue 70 stanze (18 aperte al pubblico). Dopo l’ingresso monumentale, con la sua splendida vista sul castello inferiore e lo Scoglio di Dante, entriamo nella Sala Grotta, così chiamata per la calcite, tipica delle grotte carsiche, che riveste il soffitto e le pareti; la sala è abbellita da una fontana e da un enorme esemplare di ametista proveniente dal Brasile.
Dalla parte opposta si passa al cuore del Castello: il corridoio d’ingresso, ornato da armi turche e persiane e affiancato da una stanzetta in cui è stata ricostruita la storia dei principi duinati (da vedere l’albero genealogico e i molti oggetti nelle vetrine: una casa di bambole del 1910, vasi greci e varie antichità romane), ci conduce alla straordinaria scala di Andrea Palladio, dalla struttura ellittica autoportante, dove ogni gradino scarica il peso sull’altro. Dopo un’altra stanzetta dedicata alla storia della famiglia, chiusa su un lato da un portale barocco proveniente da una chiesa della Boemia, raggiungiamo il piano superiore: un’infilata di meraviglie. Si comincia con un lungo corridoio dove oggi sono esposti antichi violini: appartengono, come tutti i 150 strumenti d’epoca presenti in castello, al professor Vasquez (Università di Vienna), che ha offerto la sua collezione per una mostra temporanea, una delle tante ospitate a Duino, per continuare nel solco di una gloriosa tradizione di ‘casa della cultura’.
Molti, infatti, furono gli ospiti illustri dei principi: i letterati Victor Hugo, Hugo von Hofmannsthal, Paul Valerý, Gabriele D’Annunzio, Rudolph Kassner, Mark Twain, Eugène Ionesco e quel Rainer Maria Rilke su cui torneremo alla fine, i musicisti Gustav Mahler, Johann Strauss, Charles Gounod e Franz Liszt, l’attrice Eleonora Duse, il filosofo Karl Popper. Ma anche certi inquilini non passarono inosservati: come Marie Bonaparte (sì, proprio quei Bonaparte!), psicanalista di fama internazionale, allieva di Sigmund Freud, a cui pagò un riscatto nel ‘38 per salvarlo dalla persecuzione nazista. Di questi formidabili protagonisti restano ampie tracce: le bacheche ospitano lettere, telegrammi, libri, autografi, in un emozionante percorso nella cultura occidentale vista, però, dal suo lato più intimo.
Dal corridoio dei violini arriviamo alla magnifica Sala di ricevimento, detta Sala dei Cavalieri, ricca di ritratti e illuminata da un grande lampadario settecentesco in vetro di Murano. Ed ecco poi il suggestivo salotto blu, quello rosso con il fortepiano suonato da Franz Liszt ancora in bella mostra, il terrazzo di Rilke da cui si può ammirare una vista sul mare che toglie il fiato, la vecchia biblioteca, la stanza della principessa Teresa di Hohenlohe, il salotto in cui fu ospitato l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo nel 1669, il salotto verde e infine la sala da pranzo, con tanto di argenterie, paravento provenzale del Settecento e nature morte di Jacob van den Kerckhove (1667 - 1724) alle pareti. All’uscita non può mancare una visita alla torre romano-medievale che domina il cortile interno e alla cappella di famiglia, nonché una passeggiata nel parco, dove, fra piante e fiori di ogni tipo, spunta la sorpresa: il tavolo di marmo su cui Rainer Maria Rilke, qui ospite dal 1909 al 1914, compose alcune celebri poesie delle raccolte Sonetti a Orfeo ed Elegie Duinesi. Ed è come se lo vedessimo ancora, intento sulle sue carte, ispirato dal panorama. Perché Duino è così: è un luogo d’incanto dove il bello ha sempre trionfato.
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