Gli uomini sono sempre stati colpiti dall’imprevisto costantemente presente nelle vicende terrene. Hanno cercato di dominarlo con pratiche magiche, e poi di razionalizzarlo in modo scientifico mediante la teoria della probabilità. Su questa sono fondate le assicurazioni con le quali è possibile almeno limitare i danni di eventi imprevisti sfavorevoli. Ne hanno però subito anche il fascino, che li ha indotti a sfidare il caso, attraverso comportamenti rischiosi di ogni tipo, e in particolare attraverso il gioco d’ azzardo. La storia e la cultura sono attraversate, come da un filo rosso, dalla presenza dei giochi d’azzardo.
Tra i più famosi possiamo ricordare la partita ai dadi con cui i soldati si giocano la tunica di Cristo, o la partita in cui nel poema epico indiano il re Yudishtira perde al gioco oltre ai beni anche il regno, i fratelli e se stesso diventando schiavo (in questa partita però i dadi erano truccati…). Pascal considera la decisione se credere o no come una scommessa in un gioco d’ azzardo, e su tali basi raggiunge una conclusione positiva.
Ma esiste il caso ed è possibile dominarlo? La risposta è negativa: la teoria della probabilità consiste invece nello studio di come gestire in modo ottimale informazioni parziali. Se ne deduce che quando tali informazioni sono del tutto assenti non ci può essere alcun contributo alla determinazione di un comportamento razionale. Prendiamo ad esempio la tecnica della martingala, che consiste nel puntare sul rosso una somma e poi continuare raddoppiando fino a che venga il rosso. A quel punto si saranno recuperate le somme perse e si concluderà con un attivo pari alla somma puntata inizialmente. È vero che secondo la teoria della probabilità se si gioca per un tempo indefinito la probabilità che non venga mai rosso è zero. Tuttavia ciò non vuol dire, in termini rigorosi (a differenza del linguaggio comune), che tale evento sia impossibile.
Il punto chiave è che è assurdo pensare a una partita in linea di principio infinita: prima o poi i soldi finiscono e si deve abbandonare il tavolo da gioco. Questa tecnica non fa altro che fare da trasformatore: aumenta le probabilità di vincere ma a spese della somma vinta in caso di successo rispetto a quella persa in caso avverso. In altre parole aumentiamo la probabilità di guadagnare una somma molto modesta ma rischiamo in cambio di perdere una somma importante o addirittura catastrofica, mentre la perdita media rimane costantemente 1/37 di quanto si punta. Il giocare sui numeri ritardatari (o al contrario su quelli più frequenti) si basa sulla assunzione che ci sia una legge di natura che collega gli esperimenti passati a quelli futuri. Ciò è vero nel caso dell’indagine scientifica, ma è invece falso nel caso del gioco d’ azzardo a meno che il gioco stesso non sia truccato (ovviamente se ciò accade non è mai a vantaggio del giocatore!). Se perciò nelle scienze sperimentali il risultato degli esperimenti passati ci dà informazioni su quelli futuri il pensare di trarre informazioni dalle giocate precedenti su quelle future è solo una pericolosissima illusione che conduce alla rovina.
L’unica cosa che la probabilità ci permette di calcolare è l’ entità della perdita che ci dobbiamo aspettare in media se giochiamo, e quindi quale sarà il nostro guadagno nell’astenerci dal gioco. Su questa base matematica, oltre che su raffinati studi psicologici volti ad aumentare la propensione del giocatore a farsi illudere, si affidano i gestori pubblici e privati del gioco d’ azzardo per aumentare i loro guadagni a spere del pubblico.
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