Persona estroversa, generosa, solidale, socievolissima, volto e voce assai noti al pubblico della RAI e non solo; presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia; Duca del Ducato dei vini; amante del mare e della musica; di notevole humor e di straordinaria cultura…
Tutto questo e molte altre qualità rendono ricca la dimensione umana del commendator Piero Villotta.
Giornalista fin dalla giovane età: per caso o per vocazione?
“Per vocazione”.
Vocazione che ha potuto contare su uno stupefacente patrimonio culturale e una non comune capacità mnemonica. Doti naturali o risultato di duro lavoro?
“Il segreto si chiama "zia Ada" (buonanima): una professoressa di lettere del liceo che, quando ero un ribellissimo adolescente, insofferente di ogni applicazione e di ogni disciplina, mi ha seguito ogni giorno (dico ogni giorno) e a forza di ripetere mi ha fatto entrare in testa i classici”.
Chi l’ha dura la vince…
“Sul momento l'avrei strozzata. Poi mi sono accorto che la povera donna, con me, si era presa una bella croce (come si dice) e qualche soddisfazione alla fine (molto alla fine) gliela ho data”.
Restiamo in tema di donne: l’incontro con sua moglie, personalità eclettica, vivace e geniale, quanto ha influito nel corso della sua lunga carriera professionale?
“Non che di carattere io sia una pappamolla, ma mia moglie mi ha insegnato a non arrendermi mai, nemmeno davanti alle disgrazie; a vedere sempre gli aspetti positivi di ogni cosa; a cercare il bene degli altri senza dimenticare se stessi. Sono quasi 40 anni che me lo insegna, con gioia, anche nelle giornate più nere”.
A proposito di periodi bui, come giudica l’attuale momento vissuto dal variegato mondo dell’informazione, punteggiato spesso da accuse e insinuazioni?
“Le gazzette, quando sono nate, erano costituite quasi essenzialmente di maldicenze: "good news - no news" (buone notizie – no notizie, ndr). Se i pruriti sessuali delle persone, oggi, diventano argomento di cronaca significa che la politica è morta, cioè che non è capace di inventare temi ai quali appassionare i cittadini: e allora trionfa il gossip”.
Come dovrebbe essere oggi, a suo avviso, l’informazione?
“Semplicemente quella che il pubblico "vuole" ma, attenzione, non quella che "dice" di volere. Quella che "vuole" effettivamente, che è disposto a pagare. Noi giornalisti raramente sbagliamo per eccesso di informazione o per errate informazioni. Molto più spesso sbagliamo per poca informazione, per auto-censura, per un generalizzato: "lascia perdere che vivi più tranquillo"”.
Quali consigli darebbe a chi aspira a intraprendere l’avventura nell’odierno mondo giornalistico o della comunicazione in genere?
“Il nostro è un mondo in evoluzione e il giornalista in senso stretto è ormai raro: ci sono i "comunicatori". Basti pensare al dilagare della comunicazione via web per capire la portata di questa evoluzione. Ai giovani dico sempre che vale la pena affrontare l'avventura solo se si sentono capaci di cambiare insieme a un mestiere che, nell'arco di una vita lavorativa, si trasformerà più volte”.
Lei è noto, tra le altre cose, per essere l’unico giornalista che in regione si presenta da sempre con la “farfalla”. Come nasce tale vezzo?
“La colpa, o il merito, è di un indimenticabile protagonista del giornalismo friulano, Giammaria Cojutti, classe 1908: cronista dell'anteguerra, della guerra, della ricostruzione, degli anni '50/ '60/ '70 e persino '80. Ho preso il suo posto a "Il Gazzettino". Mi ha insegnato a fare il nodo, mi ha regalato le prime farfalle, mi ha incoraggiato a portarle sempre e, da morto, mi ha lasciato erede dei suoi "papillon". Li conservo come reliquie di un grande uomo, un grande amico, un grande giornalista”.
Al suo fianco lavorano anche giovani colleghe: è più propenso ad ammirarle o a invidiarle?
“Ho con loro un rapporto molto paterno. Cerco di rassicurarle, di spingerle avanti. Il futuro è loro: è giusto che tirino fuori tutto ciò che hanno. Anche un bel décolleté, se serve”.
Le sarebbe piaciuto fare “l’inviato speciale”?
“Se avessi voluto l'avrei fatto. È un bel mestiere, ma bisognerebbe non "avere famiglia" come ce l'ho io, nel più vasto senso del termine”.
Anche perché oltre al giornalismo ci sono altre passioni…
“Ho un laboratorio da orologiaio in casa. Mi piacciono le macchine degli orologi antichi e complicati. Ma, confesso, si tratta più di una velleità che di una volontà. Occorre mettersi seduti e non pensare ad altro. Ho sempre avuto grandissime difficoltà a "stare fermo" e a "concentrarmi". Poi c'è la barca. Ma il suo utilizzo – purtroppo - si limita alla crociera annuale in Dalmazia o in Grecia”.
Come concilia impegni professionali e sociali, molteplici interessi e vita familiare?
“Si fa, si fa...”
Risposta da saggio ottimista. Nel mondo d’oggi cosa la preoccupa maggiormente?
“Nel mondo niente. In Europa, mi preoccupa l'atteggiamento di molti giovani, troppo "bravi ragazzi", troppo remissivi, troppo privi di sogni da realizzare, troppo poco ribelli. Ma nel resto del mondo ci sono 16enni e 18enni che si imbarcano su un canotto convinti che in "Occidente" realizzeranno un sogno. È giusto limitare e controllare gli afflussi, ma dobbiamo anche essere consapevoli che nelle loro mani sta parte del nostro futuro”.
Quale meta o desiderio esistenziale vorrebbe ancora raggiungere?
“Vorrei scrivere un romanzo. Sono anni che tento. Ho già scritto una ventina di capitoli. La storia c'è ed è molto interessante, ma mi manca il "passo" del romanziere. Il mio stile di scrittura è quello della cronaca. Immaginate che a Victor Hugo un capocronista qualsiasi avesse chiesto di fare un pezzo di 30 righe sull'attività del "commissario" Javert. Avrebbe scritto un altro romanzo per contestare il capocronista. Io sono molto più vicino al capocronista che a Victor Hugo”.
Piero Villotta, nato ad Udine il 18 novembre 1947, segno zodiacale Scorpione, giornalista professionista dal 1984, cronista a”Il Gazzettino”di Udine e di Verona, giornalista RAI dal 1987, Probiviro FSNI e Presidente dell’Ordine dei Giornalisti FVG dal 2001. Coniugato con Adriana Ronco, docente, giornalista e scenografa. Nella sua vita altre due donne immensamente amate: la figlia Luisa e la nipote Clementina.
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