La stagione di prosa del Teatro Comunale di Monfalcone propone, martedì 14 e mercoledì 15 gennaio alle ore 20.45, Il tormento e l’estasi di Steve Jobs del drammaturgo americano Mike Daisey, lucido ritratto, fra luci ed ombre, di Steve Jobs, vera e propria icona del XXI secolo.
Prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, lo spettacolo è tratto dal testo di Daisey “The Agony and Ecstasy of Steve Jobs” (la traduzione e l’adattamento sono di Enrico Luttmann) ed è affidato alla regia di Giampiero Solari, regista attento al contemporaneo e alla commistione dei linguaggi (alterna un’intensa attività teatrale a quella di autore e regista televisivo), conquistato dal progetto dello Stabile regionale di portare in Italia la pièce che ha costretto sia la Apple che l’autore a confronti e precisazioni. A Fulvio Falzarano, bravissimo e carismatico protagonista, il compito di dare corpo alle riflessioni e alle denunce di Daisey.
Convinto “seguace del culto di Mac”, Daisey ripercorre i traguardi della Apple e di Jobs, l’uomo il cui ingegno ha cambiato il mondo. Nessuno, nella nostra civiltà, è rimasto escluso dall’estetica e dagli agi della sua tecnologia. E la sua utopia è stata determinante nell’immaginario collettivo; basta pensare al celebre discorso agli allievi della Stanford University – “Siate affamati. Siate folli” – all’esortazione a non omologarsi, ad osare, che dal 2005 continua a rimbalzare sul web.
Come sempre accade per figure tanto straordinarie, anche quella di Jobs – e ancor più della sua Apple – presenta però dei lati oscuri e Mike Daisey li evidenzia in un testo dinamico e acutamente critico. Nella sua indagine, all’ammirazione per Jobs e le sue creazioni – “Steve è stato bravissimo, ci ha costretto ad aver bisogno di cose che non sospettavamo nemmeno di volere” – si intreccia il lato oscuro di questa straordinaria parabola: la Cina di Shenzen, che stride violentemente con l’immagine di libertà e purezza che Jobs ha legato ai suoi oggetti tecnologici.
Daisey si reca, infatti, in Cina e scopre che l’assemblaggio dei nostri preziosi computer avviene in fabbriche dove non esistono tutele e diritti, dove piccole mani di dodicenni puliscono i vetri degli iPhone con una sostanza tossica che provoca un invalidante tremore... 430.000 operai non sono altro che un “ingranaggio umano” destinato a produrre profitto.
Il regista e l’attore hanno lavorato proprio sull’equilibrio, non scontato, fra la condivisibile ammirazione per Jobs e la necessità di conoscerne anche i lati più discutibili. “Il teatro non giudica – sottolinea Solari – ma offre sulla realtà un diverso, importante punto di vista”.
Dopo le repliche monfalconesi, lo spettacolo fa tappa in altri tre teatri del circuito dell’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia (il 16 gennaio a Maniago, il 17 a Cividale del Friuli e il 18 gennaio a Colugna di Tavagnacco), per poi riprendere la tournée nazionale che toccherà anche Roma e Milano.
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