Esistono luoghi dove l’opera di un solo uomo lascia un’impronta indelebile, per costruirne l’identità stessa: uno di questi si trova a Scodovacca, vivace frazione di Cervignano del Friuli, ed è Villa Chiozza, dal nome della famiglia che ne fu la storica proprietaria. L’esponente più illustre fu senz’altro Luigi Chiozza (Trieste, 20 dicembre 1828 - Scodovacca, 21 maggio 1889), chimico di levatura internazionale, amico e collaboratore del grande Louis Pasteur: la sua figura viene ricostruita in un capitolo a parte in queste pagine. Dopo la morte dello scienziato, la villa subì le varie vicende dei suoi eredi, finché, nel 1970, l’intera proprietà venne acquistata dall’ERSA, che vi allestì il Centro di educazione professionale per imprenditori agricoli. Dal 13 dicembre 2010, la villa è proprietà di Turismo FVG, che qui ha stabilito la sua sede legale.
LA VILLA
Al visitatore d’oggi, la casa si presenta con una struttura a pianta quadrata, dietro la quale si estende un cortile con un complesso edilizio a doppia U, mentre un villino si erge sul davanti, presso l’ingresso di servizio. L’aspetto attuale, però, si deve alla ristrutturazione del complesso avvenuta nel 1904; in quell’occasione, la villa fu alzata di un piano, ed è solo grazie ad una vecchia foto (in basso a destra) che possiamo farci un’idea di come fosse in precedenza. La facciata, sovrastata da un piccolo timpano dal gusto neoclassico, è divisa in tre fasce dalle due grondaie che l’attraversano dall’alto al basso; nella parte centrale, l’ingresso e il piano nobile, evidenziati da varie decorazioni architettoniche in rilievo, presentano una struttura triadica, con una simmetria che rende il tutto particolarmente armonioso. L’interno, sobrio e arredato con eleganza, ci restituisce ancora oggi la personalità del grande scienziato: negli anni della gestione ERSA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale), la villa ha infatti ritrovato il suo antico splendore, grazie al recupero del mobilio d’epoca, allo studio della grande biblioteca e alla ricostruzione, com’era e dov’era, della stanza da letto di Luigi Chiozza. In una sala è stato anche riprodotto un tipico laboratorio scientifico ottocentesco: molti strumenti sono ancora quelli usati dal padrone di casa e dall’amico Pasteur.
IL PARCO
Un’estensione di 16 ettari, in parte attraversati dal piccolo fiume Pulvino, e una varietà infinita di piante fanno del giardino di questa villa il più grande e importante parco all’inglese del Friuli Venezia Giulia. Ricci, lepri, caprioli e cerbiatti sono frequentatori abituali di questi spazi, che dagli anni di Luigi Chiozza sono cambiati profondamente, pur mantenendo intatta la fisionomia generale. Lo scienziato fece arrivare specie vegetali da tutto il mondo. La figlia Teresa ricorda, in una bella intervista d’epoca, che il padre si era fatto mandare da Parigi un esemplare di Sciadopitys verticillata, di cui oggi non rimane traccia: «Pochi giorni dopo si scatenò un fortissimo uragano e, temendo che la pianta potesse soffrire, corse a ripararla con l’ombrello e col mantello, rimanendo però inzuppato fino alle ossa».
Gli alberi importati furono felicemente accostati dal Chiozza a soggetti preesistenti, tipici della flora locale, come carpino bianco, farnia, acero campestre. Nei primi del Novecento e poi negli anni Trenta il parco subì numerosi rimaneggiamenti, che ne cambiarono il volto: nel sottobosco, ad esempio, furono introdotte le violette e i crochi, subito ambientatisi grazie all’ombrosità e alla freschezza del suolo. A testimoniare tuttora il disegno ideale di Luigi Chiozza ci sono i grandi spazi aperti alternati a quelli più chiusi e suggestivi dei boschetti. Sicuramente originari anche l’enorme sequoia, vera e propria rarità, e il sentiero dei carpini che forma un bellissimo cannocchiale puntato verso la villa, nonché il grande canneto di bambù, nel frattempo estesosi in maniera esponenziale e diventato un suggestivo bosco.
Ottocentesco anche il laghetto delle ninfee, molto di moda all’epoca per l’influenza dei giardini giapponesi. Una menzione particolare merita l’antica ghiacciaia, «una sorta di largo pozzo in mattoni, interrato entro una piccola collina di terra. Il mantenimento della temperatura era garantito, oltre che dalla posizione, anche da una copertura isolante in paglia.
Questa ghiacciaia, a detta dei vecchi del luogo, era posta in collegamento con l’edificio adiacente (la villa, ndr) mediante un corridoio sotterraneo ormai dimenticato ed era utilizzata per mantenere freddo il ghiaccio per l’uso e il consumo dell’abitazione, o forse per scopi scientifici» (da Spazi del fare. I luoghi di produzione tra la Bassa Friulana, il Carso e l’Istria slovena. Catalogo della mostra itinerante, Terzo di Aquileia 2006). Da segnalare, infine, il recupero del vitigno di Refosco posto nei terreni dietro la villa: si tratta di uno dei ceppi più antichi del Friuli, ancor oggi vendemmiato pur nella limitatezza della sua produzione. E allora, un brindisi. Al futuro di Villa Chiozza.
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