A 40 anni dalla Legge Basaglia che sancì la chiusura dei manicomi istituendo i servizi di igiene mentale pubblici, la Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale, con sede a Muggia ma operativa in tutto il Friuli Venezia Giulia, festeggia quest’anno trent’anni di attività nell’ambito dei servizi socio-assistenziali, educativi e riabilitativi. Punta di diamante dell’attività nel settore del superamento del disagio mentale e della creazione di percorsi di salute e inclusione è stata la sesta edizione della rassegna L’arte non mente, organizzata a Udine nel Parco di Sant’Osvaldo, ex Ospedale psichiatrico provinciale.
La manifestazione dal titolo Genius Loci è stata pensata e realizzata da Donatella Nonino con l’obiettivo di essere un contenitore trasversale di valori e di progetti attraverso l’arte, i luoghi e gli artisti aprendosi alle associazioni, alle istituzioni e alla cittadinanza. Quaranta fra pittori, scultori, fotografi, danzatrici e performers per un mese hanno fatto incontrare oltre seimila persone negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico udinese, nel parco e nei giardini ma anche nei locali che fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso erano adibiti alla contenzione di uomini e donne “matti”, alienati, persone emarginate dalla società a causa di sofferenze mentali ed esistenziali.
Un progetto, L’arte non mente, che prosegue e avrà a metà ottobre un momento importante in quanto verrà presentato a Udine il corposo catalogo della rassegna. Un volume di oltre 150 pagine che non sarà solo un saggio critico sull’operazione artistica ma anche una testimonianza emotiva degli artisti che vi hanno partecipato, delle persone che nell’ex OPP lavorano, dei molti udinesi, e non solo, che hanno partecipato alle mostre, performances, concerti e incontri organizzati durante l’estate. Un volume ricco di fotografie scattate dai soci del Circolo Fotografico di Pasian di Prato. Durante le 4 serate della rassegna sono state inoltre raccolte 1.100 firme per chiedere all’Azienda Sanitaria universitaria integrata di Udine, proprietaria del complesso, la sua tutela e restituzione alla pubblica fruizione.
Donatella Nonino, quando è nata l’idea di unire arte e psichiatria attraverso il medium del luogo del Parco Sant’Osvaldo?
«L’arte non mente è nata nel 2014 dalla trasformazione di una manifestazione estiva che negli anni aveva perso di attrattiva. Quando la Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale mi ha proposto di ragionare su cosa progettare per far parlare del parco e soprattutto abbattere lo stigma nei confronti della salute e del disagio mentale mi sono chiesta come fosse possibile far dialogare arte e psichiatria utilizzando un linguaggio nuovo. Durante una passeggiata in montagna e confrontandomi con colleghi sono giunta alla conclusione che la via nuova fosse rappresentata dal portare gli artisti a lavorare in condivisione, indipendentemente dalla loro cartella clinica».
Cosa intende?
«Cercare e far incontrare persone dotate di un talento unico, indipendentemente dalla loro storia clinica. Mi sono guardata in giro per respirare la sensibilità degli artisti e all’inizio ho cercato soprattutto non tanto la bellezza e la forza di comunicazione creativa ma autori che potessero far transitare il nostro messaggio, convinta che se l’arte ha l’obbligo sociale di comunicare, lo può fare a qualsiasi condizione. Dunque ho fatto una proposta che poteva sembrare “delirante” a artisti che l’hanno accolta. Grazie anche l’aiuto di Tonello Arredamenti abbiamo allestito il primo spazio in una parte dell’edificio che un tempo ospitava le cucine del complesso, creando così la prima Concept area. In alcune sale abbiamo esposto le opere delle persone che avevano seguito i nostri laboratori, mentre all’esterno abbiamo presentato i lavori di artisti professionisti».
Lei ha definito questa edizione straordinaria; perché?
«Dopo cinque anni di esperienza quest’anno i risultati hanno superato le aspettative nell’aver portato oltre seimila persone a vivere l’interazione fra arte e luogo, un numero sottostimato per difetto in quanto il censimento degli ingressi è stato effettuato solo da un punto di accesso al parco e sappiano che, vista la vastità del complesso, le vie di ingresso sono molte. Abbiamo capito e sperimentato come i luoghi possono creare l’incontro ideale che genera condivisione del recupero della memoria. Possono sia far rinascere il senso di appartenenza, sia far rivivere la voglia di testimoniare il passato, creando allo stesso tempo un futuro».
Il Parco di Sant’Osvaldo ha rivelato una magia d’incontro…
«Il luogo parla di storia di persone, di vissuto, non solo di matti, ma di chi vi ha lavorato, del personale come infermieri, dottori e anche degli animali che vivevano nel complesso. Ma il luogo parla anche della politica e della Chiesa che erano sì fuori dalle mura ma facevano sentire il loro ruolo con decisioni e prese di posizione. Ora che abbiamo capito e sperimentato il linguaggio del luogo si possono riscattare memoria e radici: questo è il senso e il focus di Genius loci dove vivere e lavorare in un contesto pregno di storia e passione permette di sviluppare cultura, arte, consapevolezza e inclusione aprendosi all’altro spontaneamente. Qui artisti dal curriculum invidiabile hanno lavorato in piena condivisione e questa deve essere la caratteristica di questo progetto di parco che speriamo di recuperare unendo le forze della Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale ma anche del Comune di Udine, dell’Azienda sanitaria, della Regione, del Ministero per i Beni culturali, della Fondazione Friuli e delle oltre 35 associazioni che hanno collaborato. Un lavoro di rete per restituire il parco alla città e non solo».
Cosa significa il parco per gli udinesi?
«Il rimando è stato fortissimo, pochi lo conoscevano e la maggior parte del pubblico si è chiesto come mai questa non conoscenza. Dunque sorpresa e gioia della scoperta. Condivido un aneddoto: due signore avanti negli anni timidamente mi hanno avvicinato, emozionate e commosse, per dirmi che la manifestazione è stata una forma di riscatto. Loro vi avevano lavorato per 17 anni tra il ’60 e il ’70 proprio nel padiglione n. 9, dove erano contenute le donne e dove hanno visitato la mostra degli otto artisti di questa edizione. Queste due donne non vi erano più ritornate e quando ci passavano davanti volgevano lo sguardo altrove. Avevano rimosso. Ora sentivano un rapporto diverso con il luogo che tornava vivo, sgravato dal dolore della sua originaria funzione. Ecco perché il termine “riscatto”. Il pubblico che ha partecipato alla manifestazione era molto composito per età e formazione; dal mondo della cultura a persone di ogni estrazione».
Che cosa lo accumunava?
«Il desiderio di condividere l’arte ma anche di viverne la fruizione emotiva non in modo intimo, come accade nei musei e nelle gallerie, ma in relazione e in scambio con gli altri. Questo significa che c’è il desiderio e la necessità di creare un luogo aperto che accolga senza rinnegare il proprio passato, scuotendosi dall’oblio, mettendo la sua essenza di luogo al servizio del futuro».
Le istituzione che tipo di sensibilità hanno fin qui dimostrato?
«Abbiamo informato, attraverso l’assessore alla cultura Fabrizio Cigolot, la giunta comunale della volontà della cittadinanza espressa con le firme raccolte di voler riappropriarsi degli spazi e dunque è auspicabile che a breve il Comune possa incontrare i vertici dell’Azienda sanitaria, proprietaria del complesso, per sapere quali siano i progetti futuri. Da incontri avuti con la soprintendente regionale del Ministero per i Beni culturali, Simonetta Bonomi, possiamo contare su un interessamento alla tutela degli immobili che sono stati realizzati nel 1904 e dunque rivestono un’importanza anche da un punto di vista di patrimonio storico-architettonico. Abbiamo il sostengo della Fondazione Friuli. Esiste una rete di attori che possono unire le forze per un progetto ambizioso, culturale e di inclusione sociale. Sarebbe bello pensare ad attività che si svolgano tutto l’anno per un incontro costate e continuo».
Quando sarà presentato il catalogo?
«Stiamo mettendo a punto per la metà di ottobre il programma della presentazione che sarà multimediale e comprenderà anche l’allestimento di performances di danza e musica. Inoltre presenteremo un video-documentario per un viaggio nei momenti, con persone e artisti che hanno dato vita a Genius Loci. Sarà una manifestazione complessa e di festa che ci piacerebbe realizzare a Casa Cavazzini, visto anche che la direttrice dei Musei Civici, Vania Gransinigh, è la madrina dell’evento. Sarà un modo per festeggiare i 30 anni di attività della cooperativa con i tanti amici con i quali stiamo realizzando questo progetto ambizioso».
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