La “smart city” è una città che non può prescindere da una forte partnership pubblico-privato. È una città efficiente, che grazie alle tecnologie, internet prima di tutto, con meno sforzo riesce ad assicurarsi che tutto funzioni, tutto sia sostenibile. Un posto completamente interconnesso, in cui persone, ma anche edifici e infrastrutture raccolgano dati in tempo reale e ci siano centri operativi in grado di interpretarli e tradurli in informazioni puntuali da trasmettere alle amministrazioni, che possano di conseguenza agire con prontezza in ogni situazione, dal traffico, alla sicurezza, alla salute.
Posti in cui vivere sia più facile per tutti, ha sintetizzato con semplicità uno dei massimi esperti mondiali, Dilip Rahulan, uno del 100 indiani più influenti dell’area del Golfo e presidente della Pacific Controls, di cui è stato fondatore nel 1984 in Australia, per poi espandere il business a Dubai. La sede degli Emirati è peraltro uno dei migliori esempi al mondo di “smart bulding”, ed è diventato il primo edificio "verde" del Medioriente a ottenere il marchio “platino” dal “Green Building Council and Leadership in Energy and Environment Design”. La Pacific Controls è una società orientata a mettere la tecnologia al servizio della sostenibilità e ha sviluppato la prima piattaforma integrata applicabile alle città in grado di rispondere a varie esigenze e a vari servizi – dal sistema idraulico delle case alla logistica aeroportuale, fino ai sistemi d’allarme antincendio –, piattaforma che oggi Rahulan ha spiegato a Udine, introdotto dalla vicepresidente della Cciaa di Udine Clara Maddalenda e da Roberto Siagri, presidente dell’Eurotech di Amaro.
Prima dell’intervento di Rahulan, anche un’interessante esperienza aziendale del nostro territorio: quella di Pelfa Group di Buja, portata dall’imprenditrice Indira Fabbro, assieme all’ingegnere Andrea Forgiarini, esempio di impresa che ha saputo innovarsi anche cercando nuovi partner e nuovi mercati, consolidando reti d’impresa a livello internazionale ed espandendo l’attività in altri settori, come l’energia verde, creando pure nuovi tipi di prodotto.
Il passaggio da una città “dumb” a una città “smart” (da “stupida” a “intelligente”), ha detto in apertura Siagri, è un processo che dobbiamo inevitabilmente percorrere, considerando anche che entro il 2050 il 70% delle persone abiterà le città, a scapito delle aree rurali. Pianificare una smart city, poi, permette di «risparmiare soldi e tempo e salvaguardare l’ambiente», ha spiegato. Ma bisogna nel contempo saper raccogliere dati, analizzarli, dedurne informazioni, produrre conoscenza, formare amministratori pubblici, imprese, forze dell’ordine, privati. È un processo complesso e interconnesso, ma è un processo virtuoso, in cui lo sviluppo di ogni singola componente influisce sull’altra: e così una governance smart produce economia smart e vivere smart, attrae “smart people”, lavora per un ambiente “smart” e per una mobilità “smart”.
E se le città sono il luogo dello sviluppo, in posti come il Friuli si potrebbe pensare addirittura «a uno smart territory», ha aggiunto Siagri, valutando uno sviluppo complessivo dell’area. «Ogni città deve capire e scegliere qual è la sua “smartness” principale, da cui partire per svilupparne le tecnlogie idonee a lanciarla come traino strategico – ha detto Siagri –: Amsterdam ha scelto di concentrarsi sul superamento del problema dei parcheggi, alcune città americane su progetti di abbattimento delle emissioni di Co2, altre città in Cina hanno sviluppato tecnologie intelligenti per risolvere gli ingorghi del traffico. Dobbiamo capire anche noi qual è l’interesse della comunità friulana – potrebbero essere il turismo e l’accoglienza, ha ipotizzato Siagri –, e farlo diventare la leva per sviluppare le tecnologie intelligenti. Per Siagri, sono le istituzioni a dover individuare queste priorità, integrandone poi lo sviluppo con cittadini e imprese per lo sviluppo tecnologico. E se le risorse locali sono sempre meno, si deve accedere con più convinzioni a fondi europei, «che ci sono, richiedono impegno – ha detto Siagri –, ma permettono di ottenere risultati», sempre però con un forte impegno da parte della pubblica amministrazione e coinvolgimento del privato.
Rahulan ha proseguito la riflessione portando l’esempio di Dubai, dove la Pacific Controls sta operando per trasformare sotto vari aspetti la realtà urbana in una storta di hardware all'avanguardia cui applicare software intelligenti: i centri operativi di Pacific controls sono in grado di ricevere una serie enorme di dati da sensori e sistemi integrati negli edifici più svariati, individuando in tempo reale, per esempio, un incendio e permettendo al sistema dei soccorsi di attivarsi nel giro di 1 minuto. Sono sistemi che possono rendere la vita dei cittadini semplice, integrata, polifunzionale, ma alla base, ha confermato anche Rahulan, hanno bisogno di aggregar competenze private con l’impegno e la pianificazione di chi amministra un territorio o una città.
Per Rahulan, «è fondamentale partire dalle infrastrutture – elettricità, trasporti, salute –, che devono essere ottimizzate, ma c’è bisogno di assicurarsi di pianificare a monte quali sono i processi in grado di analizzare in tempo reale i “big data” che ne sono alla base, raggrupparli in strumenti e software che permettano di rendere più facile e veloci le decisioni». Ci vuole dunque «un approccio olistico allo sviluppo della smart city, in cui ogni cittadino può diventare parte del processo per aiutare il governo a raggiungere gli obiettivi di sviluppo che si è posto». Per Rahulan, una sfida è partire dall’energia: ottimizzando le risorse per ridurre le emissioni di Co2 e rendere la città sostenibile.
Da qui si parte. «Il mondo è cambiato, si è virtualizzato, tutti gli scambi economici sono “virtuali”, basti pensare agli smartphone o ai bancomat. In futuro questi strumenti saranno sempre più interconnessi e la “smartness” si estenderà sempre più dai telefoni agli edifici, alle strade, alle infrastrutture principali per gestire, scambiare, richiedere, dare risposte». Rahulan ha presentato il progetto del nuovo aeroporto di Dubai, «progetto straordinario che sarà completamente integrato alla città e ne sarà il fulcro, in grado di monitorare ogni servizio rivolto agli utenti, dalla parte ingegneristica a quella di comunicazione e informazione». Ancora, il progetto in grado di monitorare circa 85 mila abitazioni, che vengono gestite da un’unica infrastruttura informatica per tutti i sevizi possibili – per esempio c’è un sistema così intelligente che comunica in modo proattivo anche i malfunzionamenti, attivando in automatico, per esempio, la manutenzione del sistema idraulico. Altri progetti a Dubai stanno puntando alla difesa dei cittadini da situazioni critiche come gli incendi o i guasti – «abbiamo coperto quasi tutti gli edifici, fino a 200 mila unità abitative» - e il software ha un’accuratezza del 98% per definire se un evento minaccia realmente la vita umana». La Pacific Controls sta poi sviluppando un nuovo concetto di app per la città, scaricabile da chiunque sul proprio smartphone e attivabile in caso di emergenza, ricevendo risposta immediata ovunque ci si trovi a Dubai.
«L’essere umano si sta preparando ad affrontare tutto in modo sempre più rapido e sempre più rapidamente vuole e sa di poter ottenere risposte – ha detto Rahulan –. Si tratta di garantire livelli sempre più elevati di servizi che riguardano l’intero tessuto della nostra vita e grazie alla rete, una volta sviluppato in una città può poi diffondersi in tutto il mondo». «Lo sviluppo e la crescita non si possono fermare – ha concluso Rahulan –. I Governi devono assicurarsi che le tecnologie siano conformi ai valori in cui crede quella comunità e devono far fronte alla sfida della sostenibilità, punto di partenza per una città e una vita intelligente, grazie alle tecnologie».
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