Yoga… per passione

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Michele D'Urso

29 Maggio 2018
Reading Time: 5 minutes

Intervista a Stefania Sacco

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La competizione è sportiva. Così dicono. Ma c’è davvero bisogno di aver qualcuno da affrontare, un tempo da superare, per essere competitivi?

Ribalto la questione a Stefania Sacco, insegnante di yoga dell’Associazione Triestina Methamorfosys… «La questione è aperta, specialmente per noi dello yoga che ci siamo visti ‘revocare’ il titolo di sport a tutti gli effetti perché manca proprio ‘l’aspetto competitivo’. Personalmente trovo che cercare di migliorare il rapporto con il proprio corpo rendendolo più flessibile, più armonioso, più libero nei movimenti sia una forma di competizione. Ad ogni modo siamo fuori dal CONI».

Nello yoga ognuno vince se migliora se stesso?

«Questo è il successo più grande che ci si possa aspettare, sotto tutti gli aspetti di vita. Difatti lo yoga è ‘Olistico’; se migliori in un esercizio sei migliorato anche mentalmente, spiritualmente, non solo fisicamente. Potrebbe sembrare un dettaglio banale, ma non essere riconosciuto come sport ci costringe a declassarci a ‘Ginnastica yogica’; un handicap non da poco per chi vuole mettere su un’associazione sportiva».

Per chi come me è profano completo della disciplina, può fare una piccola introduzione?

«Lo yoga è una pratica contemplata nei gran libri dei ‘Veda’, antichi testi che risalgono al xx secolo avanti Cristo, dove sono riportati i fondamenti della religione induista. Lo yoga è contemplato negli inni dei Veda e poi sul come praticarlo nelle Upanisad. Lo yoga quindi è un mezzo di elevazione».

Perciò mantenere sano il corpo è un ‘precetto religioso’?

«Se il corpo viene visto come il ‘Tempio materiale dello Spirito’, questa è una conseguenza logica; chi vuole avere un tempio in disordine? Ma nei testi non viene menzionata solo la ginnastica yogica, bensì anche l’alimentazione, gli atteggiamenti mentali adeguati e tante altre indicazioni che bisognerebbe seguire per una buona vita. Sottolineo però che la pratica yogica è svincolata da qualsiasi culto, soprattutto oggi e in occidente. Personalmente trovo che praticare lo yoga sia più che mai attuale e spirituale, anche quando la pratica viene eseguita esclusivamente a scopo sportivo».

Quindi l’iniziazione alla pratica non è un atto di fede?

«Assolutamente no. E per quanto riguarda il percorso iniziatico non esistono nemmeno regole precise; la mia iniziazione è avvenuta quando avevo poco più di tredici anni, grazie a un libro preso in prestito dalla Biblioteca comunale. Ero attratta dallo yoga, però non sentivo parlare di corsi o seminari nella mia zona, per cui pensavo proprio che non si praticasse molto in Italia questa disciplina. Per saperne di più noleggiai il libro e appena arrivata a casa provai subito l’Asana detta ‘Aratro’. Quando sentii i muscoli del collo allungarsi provai dolore. Però, finito l’esercizio, la sensazione di benessere che mi rimase addosso mi conquistò immediatamente».

Amore a prima… Asana.

«Un colpo di fulmine; un amore che è cresciuto di giorno in giorno, che ha avuto i suoi alti e bassi, ma che mi sono sempre portata appresso negli anni in giro per il mondo».

In che senso in giro per il mondo?

«Ho vissuto per alcuni anni in Indonesia, a Bali, ma ero già più grandicella e mamma. Fino a quando sono stata in Italia ho praticato per mio conto, documentandomi come potevo, poi in Oriente c’è stato il gran salto: seguivo la pratica con regolarità attingendo a insegnamenti di vari maestri. Al ritorno in Italia il desiderio più grande è stato  quello di cercare di farne anche una professione oltre che una passione».

Difficile però. Non per niente il nome della rubrica è ‘Figli di uno sport minore’…

«Sì, ma se una cosa la vuoi una strada la trovi. Anche andare a vivere in Indonesia non era una scelta facilissima; con due figli, poi…»

Ho sentito parlare di Hatha Yoga, Pranayama… Cosa sono?

«Esistono vari tipi di yoga in base a diverse classificazioni, come ad esempio yoga statico o dinamico. L’Hatha Yoga, quello che pratico io, è un tipo dove si usano entrambe. La parola Hatha è composta da due radici: la prima, Ha, significa sole e la seconda, Tha, significa luna. Mai farsi ingannare dalla semplice traduzione perché il significato intrinseco è molto più ampio. Invece Pranayama, nello yoga, è l’insieme di particolari tecniche di respirazione durante la pratica».

Come si svolge questa ‘pratica’?

«Si cerca di creare un luogo, un campo dove possiamo avvicinarci al benessere, e si parte con delle Asana iniziali, che possiamo definire posizioni o esercizi, dove si prende contatto con il corpo e il respiro. Successivamente si scende più in profondità. Lavorando su ogni muscolo del corpo e non solo corpo».

Fino a giungere alla ‘Contemplazione meditativa’… Scusi se uso parole sibilline, ma io ho provato a meditare con scarsi risultati, perciò le chiedo: cosa si prova quando si medita?

«La visione che si tende a proporre della meditazione viene spesso arricchita con vocaboli dal sentore esoterico, come si trattasse di uno stato mistico riservato a pochi. In realtà basta concentrarsi sul respiro e seguirlo per un po’ di tempo, il resto viene da sé. È ovvio che più si pratica più cresce la sensibilità».

Come si sviluppa la sua attività?

«Attualmente tengo lezioni quasi quotidiane, sia al mattino che alla sera, presso la Palestra delle Scuole elementari di Ronchi dei Legionari; tengo corsi anche a Gorizia e Trieste. Preciso che ho allievi di tutte le età, dai giovanissimi a qualcuno che ha più capelli bianchi di lei».

Quindi lo yoga potrebbe farmi bene?

«Non ci sono controindicazioni di nessuna sorta. Ognuno lavora con se stesso e per migliorare il proprio livello. Forse questo non sarà una competizione, ma è un modo di agire che ci viene copiato a piene mani anche in altri campi; non so se ha sentito parlare di ‘Yoga finanziario’…»

Effettivamente gli scaffali delle librerie si sono arricchite con pubblicazioni i cui titoli citano spesso lo yoga o il suo stile di vita. Un titolo poi mi ha particolarmente colpito, perché spiegava che lo yoga rendesse felice facendo poi arrivare i soldi.

«Ho sentito anch’io; pero insegno yoga, non economia».

Quindi se vengo ai suoi corsi sarò felice ma non diventerò ricco?

«Per la sua felicità posso sicuramente contribuire, per la ricchezza… anche, visto quanto costano poco i miei corsi».

Dopo questa affermazione, che dire per concludere? Niente, metto la tuta e vado a praticare. Visti i chiari di luna, tutta quella storia sulla felicità… Vuoi mettere che sia la volta buona?

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