Premetto che se il lettore ha in mente le scene del famoso film con Julia Roberts “Erin Brockovich”, il modello che la legislazione italiana ha introdotto è molto diverso poiché il sistema americano consente un più generalizzato accesso all’azione, utilizzabile per la tutela di interessi diffusi e danni seriali causati dalle imprese ai consumatori nei più svariati ambiti: salute pubblica, disastri ambientali, crack finanziari etc. In Italia la class action ha invece un ambito di applicazione sicuramente più ristretto: tale strumento legislativo è uniformato all’ordinamento giuridico italiano, molto diverso da quello americano. Quanto ai soggetti che possono proporre l’azione - soggetti legittimati attivi - la normativa italiana prevede che i singoli “consumatori” siano detentori del potere di azione; per consumatore si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Ciò significa che le imprese o anche i professionisti che dovessero subire delle lesioni ai propri diritti da parte di grandi imprese fornitrici di servizi potranno continuare a trovare tutela unicamente con l’esperimento di azioni civili ordinarie, non con class actions. Il singolo consumatore potrà agire anche “mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa”. I soggetti contro cui sarà possibile intentare causa - soggetti legittimati passivi - sono unicamente le imprese private. I diritti tutelabili sono, inequivocabilmente, “i diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti”, con la precisazione che detti diritti devono assumere rilevanza collettiva o superindividuale. Ciò significa che il singolo cittadino può sempre esperire un’azione ordinaria per tutelare i propri diritti mentre dovranno essere più consumatori (almeno due) ad intentare un’azione collettiva. Si badi bene che risultano tassativamente esclusi dalla tutela accordata con l’azione di classe i diritti diffusi di cui il consumatore non possa godere singolarmente, come ad esempio la tutela dell’ambiente o della salute umana in senso lato. I diritti tutelabili sono elencati all’art. 140 – bis del Codice del consumo, com. 2 lettere a), b), c); specificatamente:
a) “i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi ai contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile”: si potrà quindi agire contro imprese private se sono stati stipulati contratti di massa attraverso moduli e formulari standard - come per luce, gas, acqua etc. - o anche se la conclusione del contratto non è avvenuta per iscritto, come nel caso di trasporti, cinema, teatri, discoteche e simili o in caso di sottoscrizione di note d’ordine o contratti stipulati via internet;
b) “i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale”: è la c.d. “responsabilità per prodotto difettoso”, già prevista agli artt. da 114-127 del Codice del Consumo, secondo la quale per produttore deve intendersi non solo il fabbricante del bene o il fornitore del servizio ed il suo intermediario ma anche l’importatore all’interno del territorio dell’Unione europea o chi, in generale, identifica il bene o servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo. Da evidenziare, quindi, che a differenza del noto modello americano, la class action italiana non consentirebbe il ristoro dei danni derivanti da un eventuale disastro ambientale cagionato da un incidente occorso in uno stabilimento produttivo o industriale che cagionasse danni a una collettività di persone fisiche quali potenziali utenti ( ad es. si ricordino i casi di Seveso e della diga del Vajont); solo l’utente effettivo rimasto danneggiato può esperire l’azione;
c) “i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”; le pratiche commerciali scorrette possono essere identificate, brevemente, come tutte quelle forme di pubblicità ingannevole che falsano in maniera rilevante il comportamento del consumatore determinandolo a concludere un contratto. I comportamenti anticoncorrenziali possono essere invece individuati in tutte quelle intese tra imprese dello stesso settore volte ad uniformare i prezzi di prodotti e servizi a scapito della concorrenza. In passato una segnalazione dell’Antitrust aveva scoperto e sanzionato un’intesa tra molteplici compagnie di assicurazione volta ad uniformare il prezzo delle polizze di assicurazione per la responsabilità civile nella circolazione stradale; singoli cittadini avevano reagito intentando plurime azioni che oggi avrebbero potuto essere riunite appunto in una class action.
Potranno essere proposte poi class actions anche da singoli utenti che sostengano di non aver potuto usufruire di servizi pubblici essenziali (treni, tram, aerei) a causa di uno sciopero indetto contro le garanzie previste dalla legge 146/1990 che prevede l’obbligo per gli scioperanti di annunciare in modo corretto e tempestivo l’inizio delle agitazioni o di approntare i mezzi necessari ad assicurare il contenuto minimo delle prestazioni. Il tratto distintivo della class action, rispetto ad un’azione normale, è che il singolo può aderire all’azione promossa da altri anche dopo la proposizione della causa; infatti, dichiarata ammissibile la domanda proposta dagli originari attori, il Tribunale prescrive che venga data pubblicità all’azione in modo tale che entro i 120 gg. successivi chi si riconosce leso nei propri diritti allo stesso modo degli attori originari possa intervenire nel processo depositando, anche tramite gli attori, la propria adesione. L’adesione può essere effettuata senza la necessità di munirsi di difensore. Da notare che, diversamente da quanto si sarebbe indotti a pensare, l’adesione all’azione non è, e non può essere, a costo zero. Infatti i singoli consumatori potranno farsi rappresentare dalle associazioni dei consumatori o da comitati appositamente sorti ma, poiché per gli attori originari è prevista l’obbligatoria assistenza e patrocinio di un legale, i costi dell’assistenza, logicamente, dovranno essere ripartiti tra tutti i consumatori, promotori o aderenti successivi, coinvolti nella class action. Attenzione quindi ai mandati conferiti alle associazioni dei consumatori e similari: pretendete che venga ben chiarito il contributo alle spese che ogni aderente sarà costretto a sopportare. Superata la prima fase di ammissibilità, in cui il Tribunale verificherà la sussistenza dei requisiti per la proposizione dell’azione, la class action procede come un’azione ordinaria, salvo ovviamente la maggior mole di documentazione e testimoni da sentire dato il gran numero di attori coinvolti. La sentenza non sarà poi immediatamente esecutiva, come normalmente previsto, ma lo diverrà dopo 180 gg. dalla pubblicazione per consentire che i pagamenti spontanei effettuati dai condannati in tale periodo rimangano esenti da ogni ulteriore spesa.
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