Il recente esordio romano della cantautrice goriziana Letizia Felluga, in trio con Giovanni Ceccarelli al piano e Alessandro Marzi alla batteria, al Margutta Jazz Club, nell’ambito del festival internazionale Round Midnight e al Ballad Caffè, è stato un mix straordinario di empatia umana e musicale, così come una felice contaminazione di generi espressivi. Sul palco di due fra i più importanti locali della capitale e del panorama italiano per la musica jazz e non solo, hanno dialogato in perfetta sintonia tre personalità artistiche con background diversi, ma di alto profilo musicale e interpretativo.
“La vita è l’arte dell’incontro”, recita il titolo di un album di Vinicius de Moraes, Giuseppe Ungaretti e Sergio Endrigo uscito nel 1969; affermazione che meglio di tante parole esprime la naturalezza di questo “trovarsi” che diventerà entro l’anno anche un album.
Letizia, come è nato questo incontro romano?
«Il tutto ha avuto inizio lo scorso ottobre grazie a Max De Tomassi, critico musicale e conduttore del programma “Brasil” su Radio 1 Rai. Mi aveva notata sentendomi interpretare brani di bossa nova e di musica brasiliana. Da subito ha creduto nelle potenzialità e complicità musicali che sarebbero scaturite dalla voce e capacità interpretative in dialogo con Giovanni Ceccarelli e Alessandro Marzi. Abbiamo suonato assieme per la prima volta live in trasmissione e abbiamo capito che funzionava. Poi è stato naturale ritrovarsi sul palco del Margutta e del Ballad Caffè».
Che tipo di repertorio avete presentato?
«È stata una proposta condivisa di brani originali, alcuni scritti da me e dal compositore e pianista Micheal King durante il periodo in cui studiavo e lavoravo a Londra, accanto a composizioni per piano solo di Giovanni. Il tutto inter vallato da canzoni di bossa nova e musica popolare brasiliana, con un omaggio scanzonato al grande Lelio Luttazzi. Si è trattato di un repertorio molto vario, assai gradito dal pubblico, con il quale abbiamo tutti e tre avuto la possibilità di valorizzare le nostre peculiarità interpretative con reciproco rispetto e con una divertente complicità espressiva».
In questo momento a che cosa state lavorando?
«Stiamo lavorando alla preparazione del nostro primo album, che sarà fortemente caratterizzato da ricerca di sonorità nuove e un mood diretto e sofisticato allo stesso tempo. Conterrà nostri pezzi inediti con qualche incursione nel repertorio jazz e della bossa nova».
Come definirebbe lo stile delle sue composizioni?
«Il mio stile rispecchia la mia sensibilità e personalità. I testi sono intimistici e diretti, scaturiscono dal desiderio di parlare al cuore di chi ascolta. La scrittura musicale è immediata nella narrazione di emozioni, seguendo canoni di eleganza essenziale».
Questi suoi primi testi sono scritti in inglese, perché?
«L’inglese è stato il mio primo strumento di espressione, visto che i brani sono stati scritti nel periodo londinese, quando frequentavo la Goldsmiths University. Ma ritengo che ogni lingua abbia una sua sonorità che può essere sperimentata».
Da cosa nasce la sua passione e conoscenza del repertorio brasiliano?
«Da un amore di una vita passata (sorride, n.d.r.). La bossa nova è una grande passione musicale, prima del jazz e del soul. Un’attrazione di pelle, istintiva, nata dal piacere di vivere e ascoltare queste sonorità in Brasile durante dei soggiorni con la mia famiglia. Ero molto giovane ma mi è entrata sotto pelle e non mi ha più lasciato. Sono colori e suoni che sento congeniali alla mia sensibilità artistica e caratteristiche vocali. Dall’altra parte la mia anima si trova a proprio agio nell’interpretare canzoni di bossa nova. Genere che è l’espressione di quella saudade, termine intraducibile in italiano, che è raffinata tessitura musicale di felicità e dolore, di gioia e malinconia».
Quali sono le interpreti che sente più vicine?
«Sento grande ammirazione e considero dei riferimenti importanti due grandi interpreti della scena mondiale diverse fra di loro. Da una parte Joni Mitchell, per la sua forza e originalità di cantautrice sofisticata ma immediata. Ma soprattutto splendida in generi diversi; dal jazz al pop, alla musica sperimentale elettronica. E dall’altra la grande Elis Regina, indiscussa interprete della bossa nova e della musica popolare brasiliana».
In Friuli Venezia Giulia lei ha già un gruppo con il quale sta realizzando un progetto…
«Da un paio d’anni, con il pianista Alessandro Scolz e il percussionista Mario Castenetto, abbiamo creato il Triblend Project. Un’esperienza molto interessante che ci ha fatto crescere assieme».
Cosa significa per lei fare musica?
«Ogni volta che si realizza un progetto con artisti diversi si crea qualcosa di nuovo, frutto dello scambio umano e musicale. Si dona e si riceve, si impara e si insegna. È questa la magia della musica. Ogni brano può essere interpretato in tanti modi diversi, così come ogni esibizione è unica e irripetibile».
Letizia Felluga spazia da testi di sua composizione a classici jazz, dalla bossa nova allo swing, con contaminazioni di soul e di musicalità dal mondo. Nel suo curriculum preparazione accademica e continua ricerca, studi di canto moderno e improvvisazione jazz, in Italia e all’estero. A Londra ha collaborato con il pianista Michael King. Da alcuni anni si esibisce anche in FVG con il Triblend Project.
Giovanni Ceccarelli, pianista e compositore, vanta una nomination al Latin Grammy Awards. È collaboratore di artisti di livello mondiale, fra i quali Ivan Lins, Lee Konitz e Enrico Rava.
Alessandro Marzi, batterista e percussionista jazz - e non solo - da oltre 20 anni si esibisce in Italia e all’estero. Ha inciso oltre 70 dischi.
Commenta per primo