È sufficiente leggere un giornale o guardare un tg o una testata on line in un giorno qualsiasi per comprendere la vastità e il potenziale pericolo della questione che desidero affrontare in queste righe: il binomio sempre più pericoloso giovani e violenza.
Alzo le mani, ergo comunico
Il punto di partenza, questa volta, è più sociologico che psicologico. Per i nostri ragazzi – e per gli adolescenti in particolare – gli atteggiamenti violenti stanno diventando una vera e propria modalità relazionale da adottare in molteplici contesti. Sembra quasi che la nostra società stia tornando indietro di secoli, sconvolta da una tremenda difficoltà nel comunicare con le parole (un paradosso nell’era dei nuovi mezzi tecnologici di comunicazione!).
Un disagio cui sempre più spesso si tende a sopperire con il linguaggio della violenza, come dimostrano tristemente le statistiche sull’incremento dei casi di bullismo tra i giovanissimi delle scuole elementari. Una violenza fine a se stessa: l’obiettivo infatti non è rapinare qualcuno per ottenere del denaro, ma relazionarsi (imporsi?) con gli altri utilizzando la forza anziché le idee e il pensiero.
Non esagerare con i cattivi esempi
Riprendo un attimo il paradosso sopra citato: proprio nell’era della comunicazione, è l’utilizzo dei mezzi di comunicazione che contribuisce a incendiare una situazione già di per sé esplosiva. Il continuo mettere in risalto fatti di cronaca violenti, spesso con macabra dovizia di particolari, influenza pesantemente la visione del mondo dei più giovani, che a queste informazioni riescono ad accedere con relativa facilità.
Se a ciò si aggiunge che la stragrande maggioranza dei videogames di oggi propone giochi dalla tematica violenta, la miscela diventa potenzialmente devastante. Perché il messaggio che in modo subdolo, ma inequivocabile, inizia a farsi largo nella mente dei giovani è terribile: agli avversari si spara.
Quote rosa? Più che abbondanti
La cosa più sconvolgente che la quotidiana attività sul campo ci pone di fronte, è che il ricorso alla violenza sta coinvolgendo sempre più le bambine. Sono infatti in aumento gli atti vessatori compiuti da giovanissime nei confronti delle proprie coetanee. Un trend che, purtroppo, sta seguendo quanto avviene in ambito maschile.
La domanda che sorge spontanea è quella più ovvia: perché?
Se da un lato è vero che l’esposizione mediatica riservata ai fatti violenti incide in modo sostanziale, dall’altro la risposta va anche ricercata nell’atteggiamento lassista che ha troppo spesso caratterizzato la nostra società negli ultimi anni. Il ricorso esasperante a una continua giustificazione di certi fatti, spesso associato all’impunità di chi li commette, ha paurosamente ampliato e indebolito i confini del “lecito”. Pensiamo al mondo del calcio: ormai appare quasi normale che nel contesto di una partita di pallone possano accadere episodi di violenza, come se la mentalità comune si fosse arresa di fronte alla visione di stadi che diventano luoghi in cui sfogare ogni genere di tensione. Salvo poi sentire le diverse autorità ripetere dopo ogni episodio: “Adesso basta”. In attesa della prossima violenza.
Soluzione? Intervenire. Anche duramente
Molte persone non la pensano come me. Io, tuttavia, replico con un semplice ragionamento. Se l’atteggiamento permissivo di questi anni ha condotto alla situazione attuale, non è forse giusto invertire la rotta? Perché altrimenti il messaggio che passa sarà questo: chi più urla, chi più batte i pugni ottiene ciò che desidera. In pratica, comanderà chi saprà prevaricare. Uno scenario agghiacciante, ripensando alle dittature del secolo scorso.
Da qui la necessità di reprimere subito gli episodi violenti, per tutelare le persone più deboli. A iniziare dalla scuola, dove talvolta insegnanti e dirigenti si trovano a gestire situazioni al limite. Personalmente, ritengo fondamentale che la scuola debba essere aiutata a sanzionare i violenti, anche con decisioni impopolari come le espulsioni. Perché se è vero che il diritto allo studio deve essere riconosciuto a tutti, questo deve valere in primis per i ragazzi vittima di bullismo. Invece spesso ci si imbatte in situazioni paradossali, con le vittime dei bulli costrette a cambiar scuola perché le normative rendono complicato l’allontanamento degli studenti violenti.
Una realtà preoccupante che riconduce al mio grido di allarme: quello che teme una società in cui chi prevarica l’altro ha la meglio. Guai se ciò continuerà a essere consentito, perché sarebbe l’inizio della fine.
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