Un informatico che scrive un libro?
«Strano vero? Ebbene sì, anche gli informatici leggono e scrivono libri».
L’idea com’è nata?
«Dal desiderio di condividere i miei esperimenti su nuove tecnologie cercando di fornire una base di partenza a chi come me si trova ogni giorno a installare, configurare ma soprattutto far funzionare in modo corretto sistemi sempre più potenti».
Un libro comprensibile anche dai comuni mortali?
«È un manuale che passo dopo passo guida il lettore nello sviluppo delle tecnologie trattate, anche se il livello dei contenuti è medio alto e presuppone che il lettore possieda già una certa padronanza con gli argomenti analizzati».
La sua passione per l’informatica quando è nata?
«Alle scuole superiori scelsi di iscrivermi a un indirizzo elettronico poiché non avevo alcuna dimestichezza con i computer! Probabilmente devo tutto a mia nonna: durante il primo giorno di lezione del triennio, i professori ci suggerirono di dotarci di un pc personale e lei mi regalò il primo computer, un Pentium 75. Da quel momento in poi è stato amore».
In molti dicono che l’informatica è il presente e il futuro, mentre i libri sono ormai il passato. Lei cosa ne pensa?
«Io sono decisamente a favore della carta stampata. Nonostante gli e-book, credo che il piacere di possedere e sfogliare un libro non possa essere digitalizzato. Come con la musica: collezionare più canzoni possibili in mp3 non appaga quanto possedere un cd o, ancora meglio, un vinile del proprio cantante preferito».
Un pensiero da amarcord…
«L’informatica rende veloci ed economiche molte funzionalità: si pensi ai video di ogni genere, alla velocità dell’informazione relativa alle ultime notizie, alla comunicazione globale. Grazie a qualche software o tramite i social network facciamo tutto questo con estrema facilità ma, a mio avviso, con una qualità inferiore».
Torniamo alla realtà: Michele Ruberti cosa fa esattamente nella vita?
«Negli ultimi anni la mia vita ha subito un mutamento radicale: ho cambiato relazioni personali, lavoro, città e credo che non mi fermerò ancora. Da un anno ho abbandonato un impiego da dipendente per seguire un’idea che avevo da tempo: aprire una società mia. Sono proprietario di Walk2Talk.it, una Web multimedia e communication agency con sede a Gradisca d’Isonzo. Le mie giornate si alternano fra appuntamenti con i clienti, loghi, siti web, video, tour virtuali, conti, fatture, commercialista e così via».
Walk2Talk: nome strano per un’azienda…
«È un modo di dire che significa “manteniamo le promesse” o “facciamo quello che diciamo”. Anche se non tutti lo capiscono e pochi lo scrivono nel modo giusto, mi piace l’idea che il nome trasmetta il concetto base dell’azienda».
Lei è veneto di nascita ma friulano di adozione. Come mai?
«Nel 2007 ero stato assunto da un’azienda informatica locale e mi sono ritrovato a operare presso aziende friulane, con la possibilità di scoprire giorno dopo giorno una regione dai mille colori, sapori e paesaggi. Affascinato da tutto ciò, nel 2009 ho deciso di trasferirmi, diventando definitivamente “bisiacco”».
Cosa le manca della sua terra d’origine?
«In primis gli affetti, cioè parenti e amici. Pur essendo vicini, non sempre ho la possibilità di tornare al paese d’origine. Ma non voglio dimenticare nemmeno i tramezzini di Mestre, i “cicheti” veneziani e le altre specialità, il dialetto e i modi di dire “colorati” ma d’effetto».
Cosa l’ha conquistata invece della nostra regione?
«La vicinanza a tutto: in un attimo posso andare al mare o in montagna; volendo espatriare, il confine sloveno è ad appena 7 km da casa mia. E poi il cibo e le persone, non tutte ovviamente: qualche mela marcia l’ho trovata anche qui. Ma adesso, abitando in un piccolo paesino, camminando per strada vengo salutato anche da chi non conosco. E anche la postina sorride!».
Oltre all’informatica, quali sono le sue altre passioni?
«Sono una buona forchetta e un buon bicchiere: mi piace passare il tempo libero assieme agli amici, magari in qualche osmiza o cimentandomi con una grigliata. Mi piace anche ascoltare musica di ogni genere, andare ai concerti e a teatro, vedere film e musical: The Rocky Horror Picture Show è il mio preferito…».
Torniamo ai libri: è un lettore abituale?
«Leggo molto ogni giorno, ma soprattutto libri e manuali tecnici. Se dovessi scegliere un libro, opterei per un fantasy con gnomi, omini dalle orecchie a punta e tanti paesaggi, così da poter fantasticare un po’. Come autori mi piacciono molto Paulo Coelho e Richard Bach».
Informatica e comunicazione: come giudica la loro integrazione?
«Ormai possiamo scriverci, parlarci e vederci da ogni parte del mondo. I computer e gli smartphone hanno invaso le nostre vite e ora comunichiamo così tanto che quando ci si trova a contatto con le persone non si ha più niente da dire. Il futuro secondo me sta nell’integrazione fra informatica, comunicazione e mentalità. La tecnologia è pronta ma dobbiamo capire se noi lo siamo davvero».
Dal Michele Ruberti informatico a quello imprenditore: come si prospetta il futuro professionale in questo territorio?
«Il mio futuro sicuramente bene: bisogna essere ottimisti se si decide di intraprendere la strada dell’imprenditoria... In effetti ho scelto di partire in un periodo difficile, dove sembra che ce la facciano solo gli stranieri o le attività legate ai vizi. Credo però che il Friuli Venezia Giulia possa dare molto a me e a chi, come me, crede che “si può fare”».
Sempre in tema di futuro, molti giovani puntano a formarsi e a lavorare nel settore informatico e delle nuove tecnologie. Per emergere tra i tanti, che consigli darebbe loro?
«Sicuramente quello di specializzarsi e appassionarsi, studiare e non smettere mai di aggiornarsi. Io sono stato fortunato perché uscendo da scuola, nel 1998, ho trovato subito un lavoro a tempo indeterminato. Poi, andando contro i consigli di tutti, mi sono licenziato per andare a lavorare presso un’azienda che mi offriva un contratto di formazione lavoro ma che investiva maggiormente sulla formazione dei dipendenti, e tale scelta è stata ripagata. Ora è diverso, poiché trovare un lavoro a tempo indeterminato è diventato più difficile, ma se ci si specializza e non ci si demoralizza la buon occasione prima o poi arriva».
Il sogno che Michele Ruberti vorrebbe realizzare?
«Mi piacerebbe riuscire a far decollare la mia idea, creare un team giovane, appassionato e appassionante, dove la collaborazione e l’allegria possano trasformare il lavoro in hobby».
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