Il fatto in relazione al quale la Corte di Cassazione, in data 24 luglio 2012, pronuncia la sentenza n. 12930/12 è il seguente: un condomino impugna le delibere assembleari in forza delle quali vengono approvati l’installazione di un ascensore, nonché il progetto esecutivo per la realizzazione dello stesso.
In base al progetto, l’installazione dell’ascensore avrebbe occupato parzialmente il cortile condominiale. La nullità delle delibere, a dire della parte attrice, deriverebbe dalla violazione del godimento della propria unità immobiliare, arrecando un concreto pregiudizio.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, devono ritenersi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere incidenti sui diritti individuali, ovvero sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini.
Ai sensi dell’art. 1120, comma II, del codice civile devono ritenersi vietate non solo le innovazioni che, sebbene adottate con le maggioranze qualificate di cui all’art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti nell’utilizzazione della cosa comune, ma anche quelle che pregiudichino la proprietà esclusiva dei singoli condomini. Al fine di poter esaminare il caso nella sua interezza, è interessante menzionare l’art. 2 della legge n. 13/1989: la norma ha l’intento di favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche degli edifici privati.
Il favore della disciplina è evidente nel concedere la possibilità per l’assemblea condominiale di approvare le innovazioni preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell’art. 1136, comma II e III c.c., in deroga all’art. 1120 c.c., comma I, che richiama il comma V dell’art. 1136 c.c. Di conseguenza, le innovazioni progettate al fine di superare o abbattere le barriere architettoniche possono essere validamente adottate a mezzo deliberazioni assembleari decise con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (nonché – in caso di seconda convocazione – con il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio). Quanto previsto è posto in deroga alla previsione di cui al comma V, art. 1136, secondo il quale le deliberazioni che hanno ad oggetto le innovazioni debbano essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.
Tuttavia, in ogni caso, la norma precisa che ha pieno valore il già menzionato disposto di cui all’art. 1120 c.c., II comma, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell’utilità secondo l’originaria costituzione della comunione.
Nella fattispecie l’installazione dell’ascensore avrebbe diminuito del 50% la luminosità, il soleggiamento e l’ariosità dell’unità immobiliare del condomino.
L’innovazione avrebbe ulteriormente impedito l’apertura completa della cancellata posta a protezione della finestra del condomino e avrebbe prodotto rumorosità anche nelle ore notturne. La Corte di Cassazione ha ritenuto nulle le delibere assembleari, approvate e adottate nell’interesse comune, implicando le stesse la violazione dei diritti del condomino sulle parti di sua esclusiva proprietà.
Da ultimo si impone un rilievo processuale: la causa di invalidità in questione non è soggetta ai termini di impugnazione di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c. (trenta giorni dalla data della deliberazione per i dissenzienti, ovvero, dalla data di comunicazione per gli assenti), potendo questa essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di avere interesse e, quindi, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole all’adozione della predette delibera.
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