«I miei coetanei spesso si nascondono dietro all’alibi della crisi, ma io penso che la crisi sia nella testa delle persone: è una scusa per non darsi da fare. Se si ha un sogno, se si vuole davvero realizzare qualcosa, si arriva sempre in fondo». Potrete non essere d’accordo, ma di pensieri come questi c’è un gran bisogno: l’energia di Irene Dose, ventiquattrenne di Cervignano del Friuli, non può non contagiare. Ed è questa l’energia che le ha permesso di farsi largo nel mondo dell’illustrazione e della grafica. Con tanto di video segnalato sulla prestigiosa rivista internazionale Rolling Stone...
Come ti definiresti?
«Mi definisco una grafica, designer e illustratrice free-lance: mi basta il mio computer portatile e vado dove voglio! Attualmente mi dedico soprattutto all’illustrazione per bambini».
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Ho frequentato l’Istituto d’Arte ‘Sello’ di Udine, al termine del quale ho fatto due anni di Scuola Internazionale di Grafica a Venezia. Poi, un anno allo IAL di Palmanova, dove ho seguito un interessante corso di organizzazione e progettazione degli eventi culturali e dello spettacolo: fra gli insegnanti c’era anche Paolo Rizzi, presidente dell’Etnoblog di Trieste. E proprio all’Etnoblog ho iniziato la mia vera carriera lavorativa».
Di cosa ti occupavi?
«Per un anno e mezzo ho curato la grafica del sito internet, di manifesti, volantini e quant’altro per gli eventi dell’Etnoblog. È stata un’esperienza interessante, ho conosciuto molte persone».
Fra cui il gruppo per il quale hai realizzato un video musicale, segnalato dalla prestigiosa rivista Rolling Stone: com’è nata questa esperienza?
«Lo scorso maggio venne all’Etnoblog di Trieste la cantante irlandese Wallis Bird: una vera artista, anche nelle sue eccentricità, dal dipingersi i baffi in faccia al bere litri e litri di birra. Per fare il promo dell’evento, avevo realizzato un video di pubblicità in slow motion (effetto cinematografi co che riproduce il movimento in maniera molto più rallentata del reale, ndr). La sera, al termine del concerto, andammo tutti a cena con Wallis e fra i commensali c’era anche Agata, del gruppo Agata&Me, un duo italo-bosniaco attivo in Danimarca che fa musica elettronica sperimentale. Agata aveva visto il mio promo e ne era rimasta colpita: un mese dopo mi contattò perché voleva che io facessi il video di una loro canzone, Let Go, dal disco There Are Song About You».
Sul sito di Rolling Stone l’hanno definito «un sogno a cartoni», con questa introduzione: “Siamo felici di presentare in esclusiva questa delicata e malinconica favola ideata da Irene su misura e per amore della canzone, uno dei momenti più riusciti del debutto di questa formazione ai minimi termini. Un ragazzo che perde la bocca, un mondo ostile, la difficoltà di comunicare con chi si ama e dei simboli da non sottovalutare. Sognante e introspettivo, tutto da guardare”.
«Per l’occasione, andai in Norvegia a ispirarmi tra i fiordi: ci voleva l’atmosfera giusta. Alla fi ne ho realizzato i disegni e ho montato il video immagine per immagine. Non mi aspettavo la recensione: mi ha stupito e ne sono rimasta molto felice».
Quando nasce la tua passione per il disegno?
«Da che io mi ricordi, ho sempre disegnato. In prima elementare, alla classica domanda “Cosa vuoi fare da grande?”, risposi “la pittrice”. Poi arrivò anche il turno di guardia forestale, vigile del fuoco... ma alla fi ne sono ritornata alla prima ispirazione. Del resto, mio padre mi ha sempre spronato: suo padre dipingeva e io sono sempre stata immersa in questo mondo. Ho esposto fotografie, altra mia grande passione, ho studiato arte e da un anno ho ripreso a disegnare dopo un lungo periodo di sola grafica. Sono due arti diverse: la grafica richiede pulizia e precisione, l’illustrazione invece permette maggiore libertà espressiva. E comunque, io non esco mai senza il mio sketch book...»
...ossia?
«È un quadernetto in cui mi segno tutto ciò che mi detta l’ispirazione del momento: pensieri, frasi e soprattutto disegni. È il mezzo più rapido dal cervello all’idea: sono impressioni, espressioni personali che l’artista non condivide con il pubblico, ma sono la base fondamentale per poter elaborare un progetto futuro. Se l’idea è buona , cerco di svilupparla».
Fra la carta e l’informatica, dunque, vince ancora la tradizione.
«Senz’altro: qualunque lavoro parte dalla carta. Poi arrivano la tavoletta grafica e il computer».
Quanto conta, in questo campo, ciò che hai appreso attraverso l’insegnamento rispetto a quanto impari per conto tuo?
«L’insegnamento accademico è una base imprescindibile: non puoi non conoscere l’arte che ti ha preceduto. D’altro canto, l’aggiornamento è indispensabile: bisogna guardarsi in giro ed essere sempre al passo coi tempi. Ogni giorno dedico due ore alla ricerca su internet per capire cosa succede nel mondo».
E cosa succede nel mondo? L’arte contemporanea vive un disorientamento forse mai visto nella storia.
«In questo momento di crisi fa la differenza chi sa reinventarsi, aprire nuove strade: il mondo si è trasformato radicalmente negli ultimi cinque anni e continuerà a cambiare, modificando il nostro stile di vita. Ho cercato lavoro alla maniera ‘classica’, in uno studio grafico, ma ho continuato a seguire i miei progetti personali: alla fi ne è stato grazie a questi ultimi che oggi posso lavorare dove e come voglio».
Perché, anche nell’arte, il mercato continua a proporre cose vecchie di decenni spacciandole per ‘nuove tendenze’?
«Il mercato appartiene a chi fa le scelte. Faccio un esempio: nel mondo dell’illustrazione per bambini si è imposto, a livello ‘ufficiale’, uno stile minimalista, che però trova scarso gradimento nei bimbi, attratti invece dai colori accesi e dalla vivacità. Capita così che nelle mostre del settore si trovino sempre le stesse cose, perché a sceglierle sono sempre le stesse persone. Per fortuna, esistono ottime realtà alternative, anche nel nostro Friuli, che trovano spazi diversi e sono in relazione fra loro: nelle fi ere del libro e del fumetto ci conosciamo e ci ritroviamo tutti».
Progetti futuri?
«Sto lavorando a una graphic novel, ma al di là del lavoro sono in fase di trasferimento: fra qualche giorno vado a Brema dove vivrò per un anno come ragazza alla pari in una famiglia. Voglio imparare bene il tedesco e cambiare aria, che fa sempre bene al cervello».
Ami molto viaggiare?
«Per me è una droga: detesto stare per tanto tempo nello stesso posto, ho bisogno di conoscere il mondo. La mia idea di viaggio è: zaino in spalla, ostello, quasi mai in compagnia. Ho iniziato e ora non ne posso più fare a meno!».
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