Federica e la musica: quando è nata l’amicizia?
«La musica mi ha sempre affascinato, fin da piccolissima: chi mi ha conosciuto bambina racconta che non c’era momento della giornata in cui io non cantassi, e il pianoforte a casa era un oggetto, ai miei occhi, meraviglioso. Ho sempre manifestato la volontà di avvicinarmi alla musica. La mamma mi ha insegnato a leggere lo spartito, e ogni pentagramma era una scusa per strimpellare qualcosa».
Perché hai scelto di suonare il flauto?
«Tutto è cominciato quando fra i miei giocattoli è comparso uno stonatissimo flautino di plastica: lo suonavo in continuazione. Ma la scintilla vera e propria è scoccata quando frequentavo le scuole medie».
Ora sei costretta a raccontare...
«È successo tutto durante una gita di classe all’Auditorium di Gorizia, organizzata con lo scopo di diffondere la musica classica fra i ragazzi. Quella mattina, di cui ho un ricordo molto vivo, il programma prevedeva la “Cantata del Caffè” di Bach, in cui c’è un intera aria dedicata al dialogo tra il flauto traverso e il soprano. Durante l’esecuzione, mentre la maggior parte dei miei compagni sonnecchiava o chiacchierava di altro, ho deciso che avrei suonato il flauto. E la determinazione è tutto.».
Quando hai capito che questa passione sarebbe potuta divenire la tua vita?
«Ho cominciato a suonare senza pensare realmente al futuro. L’ammissione al conservatorio è stata la risposta alla mia insofferenza nel dover frequentare il liceo: in terza superiore volevo addirittura ritirarmi per assoluta mancanza di stimoli. Il conservatorio mi ha letteralmente assorbito: una scuola in cui si fa musica tutto il giorno, niente di più meraviglioso! Ho frequentato liceo e conservatorio contemporaneamente e con ottimi profitti in entrambi gli istituti, ma le mie energie erano sbilanciate verso la musica. Quando senti che una passione ti dà così tanto, è difficile non darle il giusto peso. La musica è un’arte meravigliosa e, per me, produrre musica era la strada giusta per sentirmi veramente realizzata».
Cosa provi quando suoni?
«Suonare richiede molte energie, ma la stanchezza affiora solo quando decidi di mettere a riposo lo strumento, e l’umore risente dei flussi benefici della musica per parecchio tempo. Quando suono mi sento tutt’uno con lo strumento e i pensieri vagano liberi, come se appartenessero ad un’altra dimensione. Suonare assieme ad altri musicisti è ancor più inebriante: produrre musica insieme vuol dire far fiorire e dar sfogo ad una passione comune».
E quando lo fai in pubblico?
«Suonare in pubblico provoca emozioni indescrivibili e le sensazioni sono spesso contrastanti: aspettativa, euforia, paura, ansia, felicità, curiosità, serenità, sicurezza. Tutti stati d’animo che si alternano nel giro di pochi secondi. La difficoltà più grande sta nel fatto che il pubblico non è mai lo stesso e un musicista non può conoscere a priori la risposta che riceverà dagli spettatori. Con il tempo ho imparato a controllare le emozioni, concentrandomi solo su quelle relazionate alla positività: in tal modo posso pensare al divertimento del suonare, e quando il musicista si diverte, vale anche per il pubblico».
C’è qualche musicista a cui ti ispiri?
«Due flautisti in particolare: uno è James Galway, il cui suono è inconfondibile; l’altro è Emmanuel Pahud, musicista brillante in tutte le sue sfaccettature».
Oltre alla musica classica ascolti anche altri generi?
«Mi piace molto la musica celtica, perché allegra e spensierata. Per il resto, amo ascoltare la radio per la varietà che propone il palinsesto: ogni canzone è una nuova storia con nuove sensazioni, e lì ascolto veramente di tutto. E ovviamente canto anch’io, quel ‘vizio’ non mi è passato. Anzi, da qualche tempo faccio parte di un coro, il Gruppo Corale Femminile “Polivoice” di Aquileia».
Allora restiamo in tema: chi è il tuo cantante preferito?
«Elisa: l’ho sentita cantare ancor prima che diventasse famosa a livello internazionale; la sua voce mi aveva stregato allora e mi colpisce ancora».
Nella tua famiglia ci sono anche altri musicisti?
«Dal ramo materno quasi tutti suonano, anche se nessuno è un professionista. La mamma e la zia sono pianiste, e il nonno strimpella abilmente qualsiasi strumento (chitarra, pianoforte, mandolino), complice del suo orecchio superiore: non ha mai studiato musica! Alla soglia degli 80 anni ha deciso di colmare le sue lacune: armato di libri di teoria e solfeggio, ha imparato a leggere la musica e ora sta studiando violino».
Altre passioni oltre alla musica?
«Sono iscritta alla facoltà di Scienze Politiche a Trieste: musica e università assorbono quasi tutto il mio tempo. Per un musicista, però, la socializzazione è tutto: che mondo sarebbe senza le uscite con gli amici? In più, lo zaino per andare in piscina è sempre pronto».
Il fidanzato cosa pensa della tua passione per la musica?
«Anche lui suonava: prima il sax e poi la chitarra elettrica. Anche se ha smesso rispetta la mia passione. Ridendo dice che se il futuro ci vedrà ancora insieme sarà dura mantenermi...».
Come giudichi il panorama dei giovani musicisti nella nostra regione?
«Ci sono molte eccellenze, conosco giovani musicisti che si stanno affermando a livello europeo e non solo, ma purtroppo in regione se ne sente parlare a malapena...».
E per i nostri musicisti che opportunità professionali ci sono?
«Purtroppo, per ritagliarsi spazi a livello professionale un giovane musicista deve ampliare i suoi orizzonti ad altre regioni, se non all’estero. In Italia la cultura è sempre più denigrata e non voglio addentrarmi in argomenti di cui tutti hanno già sentito parlare».
A proposito di professioni: Federica Cecotti quale vorrebbe fare?
«La musicista! Almeno ci provo, poi ci sentiamo fra qualche anno...».
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