Gorizia riscopre e recupera uno degli edifici storici più importanti del Novecento grazie alla sinergia fra la Biblioteca statale isontina e la Facoltà di Architettura dell’Università di Trieste, con sede proprio nel capoluogo isontino. Dopo il successo della mostra ospitata nel teatro realizzato da Max Fabiani dal titolo “6+1: progetti per la Sala Petrarca”, con l’esposizione di proposte concrete ma anche di sogno per il riutilizzo dell’edificio come sala polifunzionale aperta a tutta la città, l’équipe della Facoltà di Architettura dell’Università sta ultimando i progetti definitivi. Questo è un primo esperimento nazionale nel quale gli studenti hanno la possibilità di imparare confrontandosi con un cantiere di un importante edificio storico nel cuore della città che rappresenta il Novecento.
«La collettività si aspetta delle risposte dai giovani che oggi studiano e domani saranno architetti», ha sottolineato Giovanni Fraziano, preside dalla Facoltà. Anche il sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, grande sostenitore della presenza universitaria nel capoluogo, vede nel radicamento della Facoltà un concreto segno di svecchiamento del tessuto urbano.
Il lavoro della Facoltà di Architettura ha coinvolto 60 studenti, italiani e stranieri, guidati dai docenti Claudio Meninno e Stefano Simionato. I ragazzi hanno affrontato sia la concretezza del lavoro didattico sull’esistente, sia la libertà di fantasia nel fare proposte innovative e artistiche per il rinnovamento della sala. Nel prossimo futuro la Bsi intende pubblicare i progetti proposti assieme alle novità sull’edificio emerse durante gli studi preparatori.
La storia
La Sala Petrarca del Trgovski dom fu inaugurata con una grande festa nel settembre del 1904. Progettata da Max Fabiani (1865-1962) ne interpretava lo stile improntato al rigore geometrico di un’idea architettonica essenziale e d’avanguardia, quasi priva di decorazioni. L’edificio costruito all’angolo fra corso Verdi e via Petrarca fino agli anni Venti era stato di proprietà del Consorzio commerciale e industriale della comunità slovena di Gorizia che l’aveva realizzato. Di fatto una sala polifunzionale dove avevano sede circoli, istituti, biblioteche e anche studi di professionisti. Nel 1927 il prefetto di Gorizia prendeva possesso dell’immobile e negli anni Trenta lo Stato fascista ne diventava proprietario. Nel dopoguerra passò al Demanio, fino alla sua chiusura alla fine degli anni ’80 fu sede della Lega Nazionale. Dal 2001, in ottemperanza alla legge a tutela della lingua e cultura slovena, lo Stato, tramite la Regione, ha destinato parte del piano terra alla biblioteca slovena. Nello stesso periodo la Sala Petrarca è stata affidata dal Demanio alla Biblioteca statale isontina.
Margherita Reguitti (Comunicazione Bsi)
Un nuovo centro culturale
L’apertura della Sala Petrarca durante il Festival Internazionale della Storia nello scorso mese di maggio ha confermato il grande significato che essa continua ad avere per gli italiani e per gli sloveni, nonostante i decenni di abbandono: è bastato spalancare il pesante portone di legno perché la gente chiedesse di entrare e di dare un’occhiata.
Moltissimi i ricordi, lieti, tornati alla memoria dei goriziani che avevano vissuto la Sala, in particolare negli anni Cinquanta e Sessanta; qualcuno invece ha ricordato eventi tristi, risalenti agli anni ‘43-‘45.
L’assegnazione della Sala, oramai alcuni anni fa, alla Biblioteca statale isontina da parte del Demanio, con l’obbligo di riaprirla e riconsegnarla alla città tutta, è stata probabilmente l’unica praticabile. Inizialmente avrebbe dovuto alleviare il problema dei magazzini della Biblioteca statale (problema che rimane, visto che lo spazio sotto la Sala è appena sufficiente per qualche anno), con il passare del tempo si è pensato invece ad uno spazio polivalente, che possa cambiare con rapidità le sue funzioni, adatto per la lettura e la consultazione rapida di libri e riviste, per la navigazione internet, per piccole riunioni e presentazioni, anche fuori dai consueti orari. Mi immagino dunque una Sala accogliente, aperta a tutti, veramente amichevole, con molte ma non troppe novità librarie esposte al pubblico, dove passare del tempo godendo della compagnia di altre persone.
La ricerca, lo studio e la conservazione del materiale storico rimarranno di competenza della Biblioteca di via Mameli: si verrà quindi a creare – anche fisicamente – una doppia struttura con compiti chiaramente distinti. Certo ci saranno problemi gestionali, ma potranno essere risolti con una collaborazione più ampia ed integrata con il Comune (d’altra parte la Biblioteca Civica è conservata da decenni dalla Biblioteca Statale). Dato che la Sala si trova all’inizio dell’area pedonale, che è fortunatamente destinata ad allargarsi, di fronte al giardino pubblico e vicino ad alcuni bar, è candidata a diventare un naturale punto di incontro per tutti, proprio per l’interesse e per il fascino che a trent’anni e più dalla chiusura ancora esercita.
Tra l’altro buona parte del piano terra, dalla parte di Corso Verdi, compresa l’ex libreria Paternolli, è stato già riconsegnato alla Comunità Slovena, in forza della legge n. 38/2001, art. 19 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia) e per questo è in atto a cura della Regione il restauro di quello spazio: di conseguenza tutto il palazzo con il tempo verrà ad assumere un aspetto meno da ufficio e più da centro culturale (in qualche modo tornando all’origine) e di questo mutamento ne trarrà giovamento anche la Sala Petrarca.
Il progetto di restauro è stato affidato, con un protocollo di intesa, alla Facoltà di Architettura dell’Università di Trieste che in occasione della apertura straordinaria ha messo in mostra il rilievo geometrico della Sala e delle pertinenze, propedeutico all’effettivo progetto di restauro al quale sta lavorando una équipe di professori e studenti del Laboratorio di progettazione architettonica.
È stato eseguito anche un modello di simulazione digitale (rendering) elaborato in 3D dalla società triestina Arsenal, attraverso il quale si possono vedere e percorrere gli ambienti secondo l’originale progetto di Max Fabiani. Questo esame ha evidenziato alcune macroscopiche alterazioni avvenute sia al momento stesso della costruzione sia in epoca fascista, delle quali si era evidentemente persa traccia.
Marco Menato (Direttore Bsi)
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