Come intuitivamente sappiamo, le due espressioni «sto male» e «sono ammalato» non sono certo intercambiabili. Potremmo anche dire che non provengono dalla stessa componente della personalità.
Quando dico ad un amico «sto male», mi presento con un massiccio vissuto psicologico ed emotivo, metto in gioco la mia individualità in modo globale. La mente interpreta il vissuto del corpo e lo comunica tramite l’espressione linguistica a un interlocutore.
Cosa mi attendo esattamente da lui? Difficilmente chiedo una ‘guarigione’ o comunque un intervento risolutivo: quasi sempre ho un’aspettativa di attenzione, comprensione ed empatia, cioè un sostegno prevalentemente morale nel sopportare una penosa fase della vita. Tecnicamente, dire «sto male» corrisponde ad una comunicazione che si connota come una richiesta di aiuto, o meglio, di riconoscimento e protezione.
È il tipo di richiesta che normalmente i bambini fanno ai genitori quando si sentono in difficoltà o hanno timore di non farcela da soli. In effetti, per tutta la durata della vita manteniamo nella personalità un nucleo Bambino che spesso andrà in cerca degli affidamenti di amici, parenti, esperti nei vari settori dell’agire umano.
Purtroppo a tutti è capitato di dire anche «sono ammalato».
In questo caso di solito ‘sappiamo’ il nome e cognome della malattia, abbiamo passato la fase degli accertamenti clinici, della comunicazione della diagnosi tramite un operatore autorizzato e della prognosi. Se a qualcuno diciamo «sono ammalato», probabilmente stiamo mobilitando anche l’Io Adulto, la struttura della personalità che usa primariamente la cognizione e la razionalità.
È evidente che, nel caso di una malattia conclamata, riceviamo dagli operatori sanitari precise indicazioni terapeutiche, farmaci, interventi, mutamento nello stile di vita, ecc. Questo tipo di comunicazione è pragmatica, concreta, sequenziale; riguarda l’adozione di comportamenti concreti ben definiti in vista di un obiettivo razionale desiderato: lo star bene e forse la guarigione.
A questo punto pare evidente che ogni ammalato, sotto il governo del proprio Io Adulto, dovrebbe seguire alla lettera le indicazioni del proprio medico di fiducia, nel proprio indiscutibile interesse. La nostra esperienza, tuttavia, ci porta a dire che in realtà non vi è una coerenza così stretta tra indicazione terapeutica e comportamenti della persona ammalata o che ‘sta male’. Naturalmente, è troppo sbrigativo sostenere che «a certe persone non importa molto di sé» o che «sono pigre» o che «vogliono fare di testa propria».
Se accettiamo il fatto che i nostri comportamenti pratici siano davvero un fatto ‘di testa’, ci avviciniamo un po’ alla possibile comprensione di un fenomeno apparentemente paradossale: perché le persone fanno cose dannose nei propri confronti e non fanno cose evidentemente utili?
La principale spiegazione di comportamenti irrazionali rispetto al fine logico (non curarsi adeguatamente, disattendere le indicazioni) sotto il profilo psicodinamico è riconducibile ad una situazione di conflitto non risolto tra logica utilitaristica e bisogno di protezione e riconoscimento. In sostanza, nella personalità prevale la centralità del soggettivo ‘star male’ (che deriva dalle emozioni dell’Io Bambino) rispetto all’oggettivo ‘essere ammalati’ (cognizione dell’Io Adulto).
Usualmente le nostre decisioni vengono prese a livello profondo dalla componente infantile che è molto energica e perciò costituisce il motore delle nostre scelte, stabilendo un accordo con la componente razionale e cognitiva dell’Io Adulto, che indica soprattutto come portare a termine l’azione. Ecco spiegati alcuni comportamenti paradossali e dannosi: evidentemente, in certi casi l’accordo tra componenti della personalità non si realizza, c’è un conflitto che può bloccare l’azione (il curarsi) o farla deviare verso soluzioni inadeguate.
Ma si può ‘convincere’ il Bambino che è in noi a collaborare? Quali sono gli argomenti che lo tranquillizzano, che lo portano a fidarsi delle indicazioni che riceve dagli esperti? Pensateci: quali parole vi danno fiducia, energia, lucidità mentale?
Magari avete qualche ricordo di un aiuto inaspettato che vi ha consentito di fare una scelta diversa da quella istintiva.
Ne parliamo la prossima volta.
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