Il termine abbiamo imparato a conoscerlo quasi senza volerlo. Inondati da esempi più o meno illustri (vedi il Papa o il Presidente degli Stati Uniti) che rappresentano la punta dell’iceberg di un fenomeno globale: il selfie (o autoritratto che dir si voglia).
Una moda che coinvolge giovani e non solo, testimone tangibile di un cambiamento epocale nel campo della comunicazione.
Lo specchio delle nostre brame
«Specchio delle mie brame, chi è la più bella del Reame?», domandava la strega cattiva nella fiaba Biancaneve e i sette nani. Un’immagine che, per certi versi, può aiutarci a comprendere il fenomeno cui stiamo assistendo.
Se facciamo riferimento al passato, scopriamo che un tempo i ritratti di se stessi – pittorici o fotografici – erano vezzi di pochi narcisisti e, soprattutto, simboli di atti correlati a particolari eventi della vita. Momenti che si desiderava restassero impressi per sempre, da conservare nel tempo.
Oggi, invece, i selfie non hanno quasi mai sfondi particolari: il loro unico scopo è quello di consentire a chi li scatta di guardarsi. Osservare se stessi diventa più importante che comunicare qualcosa agli altri.
Paparazzi di se stessi
L’autoritratto diventa così un modo di esistere o, meglio, una maniera di concretizzarsi. E qui scatta un meccanismo psicologico particolare: ‘Se come persona non mi sento considerato, appena condivido un selfie con gli altri diventerò qualcuno’. Il tutto, però, senza chiedersi se agli altri interessi realmente qualcosa dei nostri ritratti.
In altre parole, ci stiamo trasformando nei paparazzi di noi stessi: cerchiamo notorietà credendo che se non siamo visti non abbiamo valore. Il tutto, amplificato dall’attuale crisi economica: perché in un mondo che si sta impoverendo sempre di più, nell’immaginario collettivo solo la gente famosa ha disponibilità economica. Ecco allora scattare un ingranaggio nella nostra testa: ‘Se anche io divento famoso allora avrò successo’. Alla faccia della privacy.
Rischi ed emulazioni
In una società in cui la normativa sulla riservatezza delle persone richiede adempimenti sempre più stringenti, infatti, sembra quasi un controsenso il fatto che le persone sbattano se stesse in piazza dandosi di fatto in pasto a perfetti sconosciuti.
Una moda che rischia di nascondere insidie pericolose. Come tutte le mode, infatti, anche quella dei selfie trova nei giovani delle spugne in grado di assorbire assai rapidamente le novità del momento, il più delle volte imitandole senza comprenderle. Tradotto, pubblico i miei autoscatti non perché ne sento l’esigenza ma perché lo fanno tutti. Con il rischio nemmeno troppo celato di inventare situazioni estreme per differenziarmi dagli altri, con la speranza di divenire sempre più popolare.
Ecco allora la ricerca di contesti stravaganti (e pericolosi) nei quali scattare il proprio selfie da condividere con il mondo: perché nell’immaginario crescente, un’immagine innovativa vale più della propria sicurezza.
Il futuro? Lo detta la tecnologia
Come tutte le mode, anche quella del selfie è destinata a scemare dopo il boom iniziale? Impossibile abbozzare una risposta certa. Anche perché esigenza psicosociale e innovazione tecnologica sono sempre più destinate a camminare a braccetto.
Se non fossero esistiti i telefoni di ultima generazione (con fotocamera e collegamento ai social network), la tendenza del selfie sicuramente non avrebbe preso piede. Tuttavia, l’esigenza delle persone di apparire avrebbe trovato altre vie di sbocco (lo stesso selfie viene realizzato con un uso improprio del telefonino, nato per fotografare quello che ci circonda e non se stessi senza nemmeno guardare nell’obbiettivo).
Ecco perché, leggendo le anticipazioni sulle novità tecnologiche quali i Google Glass (gli occhiali di “realtà aumentata”), non c’è da stare allegri: la prossima moda, infatti, sarà quella di mostrare agli altri ciò che noi stiamo vivendo in un determinato momento.
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