Nel 1831, un giovane scienziato inglese s’imbarca sul brigantino Beagle per una spedizione cartografica e naturalista di cinque anni intorno alle coste dell'America meridionale: il suo nome è Charles Darwin. Nel 1836, torna in Inghilterra con appunti, pietre, piante, animali e un bagaglio di idee destinate a cambiare la storia dell’umanità.
iMagazine ha ripercorso la sua rotta, fermandosi nel luogo in cui tutto è iniziato: le isole Galapagos.
Tappa in Ecuador
Ecuador, ossia ‘Equatore’: il meridiano 0 che passa a pochi chilometri dalla capitale Quito e che dà il nome al Paese è in realtà una presenza sfuggente, vista la notevole varietà di climi che caratterizza questo territorio stretto fra le Ande e l’Oceano Pacifico. Quito stessa, a 2763 metri sul livello del mare, gode di temperature miti e relativamente uniformi nell’arco dell’anno, ma l’inquinamento da polveri sottili e il frastuono del traffico raggiungono livelli quasi inimmaginabili. Tuttavia il centro storico, con la sua impronta coloniale che fa una sorta di Madrid in terra sudamericana, è considerato il meglio conservato di tutta l’America latina: per questo, nel 1978, la città è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Piazze, palazzi e cattedrali sono i segni imponenti di una cultura che ha travolto e cancellato per sempre ciò che l’aveva preceduta: la civiltà Inca, di cui Quito fu centro di importanza straordinaria, secondo solo alla peruviana Cuzco. Da qui, infatti, proveniva Atahualpa, ultimo sovrano inca, catturato e ucciso per ordine di Francisco Pizarro, a capo dei Conquistadores.
Da Quito ci spostiamo a Guayaquill, dove prenotiamo il tour per le isole Galapagos: è la città più grande (1.214,4 km²) e popolata (3.628.534 abitanti secondo il censimento 2007) del paese, affacciata sul Pacifico. La leggenda - che da queste parti è cosa seria, anche se notoriamente falsa - vuole che il nome della città derivi dall'unione di Guayas, capo indigeno, e della sua sposa Quil, eroici combattenti contro i Conquistadores, morti suicidi pur di non cadere in schiavitù nelle mani del nemico.
Primo sguardo alle Galapagos
Galapagos. Con noi abbiamo la fedelissima Nikon e l’immancabile guida del Lonely Planet, che ci suggerisce cosa vedere nei dintorni. La prima meta è l’isola di Baltra: una volta arrivati ed esperite tutte le pratiche, compreso il pagamento del visto d’ingresso, raggiungiamo Puerto Ayora, così chiamata in onore di Isidro Ramon Antonio Ayora Cueva, presidente dell’Ecuador dal 1926 al 193: qui troviamo subito un punto d'appoggio dove lasciare i nostri bagagli e rifugio per la notte. Dopo un frugale pranzo ci facciamo accompagnare in un parco sulle colline in mezzo a una fitta vegetazione per ammirare i tunnel di lava.
Impossibile, in questo ambiente, non pensare a Charles Darwin, che negli anni Trenta dell’Ottocento arrivò su queste isole con la curiosità dello scienziato e le lasciò con un groviglio di idee rivoluzionarie in testa, destinate a confluire nel libro L’origine della specie, pubblicato nel 1859. Da buon naturalista, Darwin notò la peculiarità assoluta delle specie animali autoctone e comprese che tali caratteri derivavano da precise strategie di adattamento al luogo: di qui la teoria della selezione naturale, ossia del meccanismo grazie al quale le specie che meglio si integrano nel proprio ambiente di vita soppiantano progressivamente quelle più deboli. Di qui, inoltre, l’idea di un progenitore comune di tutti gli esseri viventi, via via differenziatisi con la ‘speciazione’, e in particolare di un più vicino parente comune fra l’uomo e la scimmia: tesi ribadita e ampliata nel 1871 con il libro L’origine dell’uomo.
Per terra e per mare
È proprio a Charles Darwin che è dedicata la stazione scientifica di Puerto Ayora, dove il mattino successivo incontriamo iguana terresti, varie specie di uccelli e soprattutto le imponenti tartarughe delle Galapagos, a cui ci avviciniamo con discrezione: per noi è uno spettacolo emozionante. Qui, fino al 24 giugno 2012, viveva il Solitario George, unico esemplare rimasto della sua sottospecie, morto senza lasciare eredi (vedi box). Il resto della giornata lo passiamo tra il porto e le numerose botteghe di souvenir. C’è anche spazio per un ottimo gelato artigianale che, tu guarda il caso, è prodotto da un mastro gelataio italiano, a dimostrazione del fatto che ovunque nel mondo è presente un pezzo di Italia: persino alle Galapagos.
Il mattino seguente inizia con la visita a una spiaggia della zona: qui, dove la sabbia è bianca come può esserlo solo nei libri e nei documentari, le tartarughe depositano le uova. Partiamo quindi per Baltra, il luogo di ritrovo del vero e proprio tour: siamo dodici persone in tutto, da diverse nazioni. All’arrivo ci attende l’Encantada, il battello-albergo che da qui ai giorni successivi sarà la nostra casa: il nome, in effetti, non tradisce le aspettative. Dopo un’abbondante cena preparata dall'equipaggio e dopo aver sistemato le cabine, ci attende il meritato riposo; intanto, la nostra imbarcazione naviga verso l'Isola Floreana, meta dell’indomani.
L'isola, che prende il nome del primo Presidente dell'Ecuador, è il paradiso dei fenicotteri rosa, delle tartarughe marine e delle procellarie, i maestosi uccelli che volano a pelo dell’acqua e, secondo la tradizione, sono in grado di annunciare le tempeste (procellae in latino, da cui il nome della specie. Le vediamo volare mentre ci avviciniamo all’isola: la giornata è stupenda e c’è anche l’occasione di fare un tuffo in acqua, ammirando l’ambiente che ci circonda.
Giriamo Floreana in lungo e in largo fino al calar della sera, che ci trova stanchi e desiderosi di una notte di vero riposo, mente l’Encantada prosegue la sua traversata, stavolta verso Española.
Nel regno della natura
Il mattino presto si parte per un escursione sull'isola, dove ci attendono molte sorprese. Appena giunti ci attende, appollaiata su di un faro, la poiana delle Galapagos, splendido rapace che non disegna, nella sua dieta, serpenti, uccelli e persino di iguane marine. Sono animali capaci di mimetizzarsi in maniera sorprendente, come ho modo di verificare sedendomi su una roccia lavica: per poco, infatti, non poso la mano su una di esse! Un’esperienza ‘darwiniana’, che mi convince della bontà del mimetismo come strategia vincente nella selezione naturale…
Le sorprese naturalistiche, però, non sono finite. Lungo un sentiero incontriamo le fregate di Nazca, in volo con le loro ali di gigante, e poi gabbiani, leoni marini con i loro piccoli e un infinità di lucertole, fringuelli, iguane, nonché la sula mascherata e la sula dai piedi azzurri: non sappiamo da che parte girarci per cogliere l'attimo e lo scatto migliore. Quindi raggiungiamo la zona nella quale, grazie al moto ondoso abbastanza violento dell'Oceano, si manifesta un fenomeno molto strano, simile a dei geyser con spruzzi d'acqua di diversi metri: rimaniamo tutti incantati a guardare questo spettacolo unico. Il resto della giornata lo trascorriamo in spiaggia, cercando di evitare i numerosi leoni marini spaparanzati al sole incuranti della nostra presenza, impegnati a giocare tra di loro degnandoci ogni tanto di uno sguardo. Sono animali intelligenti e socievoli: pare che nuotino molto spesso con chi pratica snorkeling.
Dopo cena si va tutti a dormire: stanchi, ma felici. La notte è tranquilla; ogni tanto mi sveglio e sento il rumore mononota del motore, ma subito mi addormento: chissà che emozioni ci attendono l’indomani.
La sveglia della mattina ci richiama all’ordine: si parte per l'isola Los Lobos, dove ci imbattiamo nuovamente in fregate, iguane marine e leoni marini, quindi si ritorna sulla barca per la colazione e l'approdo all'isola di Santa Fe; ed è di nuovo un’infilata di animali meravigliosi, con gli immancabili leoni marini pigramente sdraiati sulla spiaggia. Incominciamo a sentire una certa stanchezza, ma le meraviglie che ci circodano fanno passare tutto in secondo piano.
L'indomani è la volta l'isola di Seymour, quasi sorvegliata dalle tantissime iguane di grosse dimensioni piazzate al sole, proprio al centro dei sentieri che attraversiamo cercando di non disturbare. Il viaggio è giunto al termine: ci attende la terraferma e l'aeroporto dove prenderemo l'aereo che ci riporterà in Ecuador.
Qualsiasi aggettivo per descrivere questo viaggio è sicuramente riduttivo e non rende sicuramente merito a un’esperienza che mi sento di definire unica. Oggi si parla di ridurre il numero dei visitatori per evitare lo stress quotidiano agli animali che popolano queste meravigliose isole: che sia o no la scelta migliore, salvare questo paradiso terrestre è un dovere per l’avvenire.
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