«Occorrono ragazzi sotto i diciotto anni, svelti, esperti cavalieri consapevoli di rischiare la morte ogni giorno: si preferiscono gli orfani». Nel 1861 questo annuncio è affisso ovunque nel cuore degli Stati Uniti d’America: una nazione giovane, avida di vita, affamata di futuro. Il manifesto colpisce un sedicenne dell’Iowa, che si presenta immediatamente alle selezioni: l’azienda si chiama Pony Express, il ragazzo - subito assunto - William Frederick Cody, che ha già alle spalle vari mestieri, da posatore di trappole per castori lungo il corso del fiume Lamie, in Wyoming, a custode di mandrie, nonché cercatore d’oro in Colorado nel 1859.
Da St. Joseph, nel Missouri, a Sacramento, in California, per recapitare la posta prioritaria la Pony Express ha messo in piedi circa 190 stazioni di cambio a 16 km l’una dall’altra, la distanza massima percorribile da un cavallo lanciato a tutta velocità; a ogni stazione, un cavallo nuovo per continuare a galoppare; dopo 120-160 km, come in una staffetta, cambia anche il cavallerizzo. Difendere financo con la vita il mochila, ossia il sacco delle lettere, è un imperativo categorico: perderlo implica l’immediato licenziamento. Per questo spaccato di mondo, fondato su competizione, rischio e duro individualismo, il sedicenne William è tagliato alla perfezione, ma il suo servizio per la Pony Express dura solo due mesi: il 12 aprile del 1861, infatti, scoppia la Guerra Civile americana. Da una parte l’Unione degli stati del Nord, guidata dal presidente Abraham Lincoln; dall’altra gli stati del Sud, staccatisi dal resto del paese in opposizione all’elezione di Lincoln, ostile alla schiavitù dei neri, fondamento stesso dell’economia sudista. Cody decide di arruolarsi VII Cavalleggeri del Kansas, al servizio dell’Unione, e proprio nel campo militare di St. Louis, durante una sosta dal combattimento, conosce una bella ragazza di origini italo-alsaziane: Louisa Frederici, che diventerà sua moglie nel 1866, un anno dopo la fine del conflitto.
Nel 1865, l’Unione batte definitivamente i secessionisti e Lincoln entra nel mito, imponendo l’abolizione della schiavitù in tutti gli USA, di nuovo ricomposti, e morendo ucciso da un filo-sudista il 16 aprile dello stesso anno. Per qualche tempo Cody rimane nell’esercito, ma il suo spirito avventuroso lo porta a cambiare nuovamente vita. Così, nel 1867, si mette al servizio della compagnia ferroviaria Pacific Railroad: si sta costruendo la ferrovia che unirà l’Est all’isolata California e c’è bisogno di fornire carne gli operai. Il ragazzo dell’Iowa garantisce di portare nei cantieri almeno 12 bisonti al giorno, conciati e macellati alla perfezione: il tutto per 500 dollari al mese. E la parola, in effetti, viene mantenuta: con 4.280 bisonti abbattuti in pochi mesi, come tramanda la leggenda, William diventa per tutti «Buffalo Bill».
Nel 1868, la sua fama di cacciatore è già nota in tutto il paese: l’esercito, che lo conosce bene, sa di poter contare su di lui in qualità di esploratore nei territori al di là delle Montagne Rocciose, là dove ci sono i Pellerossa. Con loro Buffalo Bill ha buoni rapporti, anche se resta pur sempre un bianco: è lui a condurre le truppe statunitensi nei territori degli Indiani, non certo in gita turistica, come pure accade con i tanti visitatori in cerca di emozioni a cui fa da guida.
Posatore di trappole, mandriano, cercatore d’oro, soldato, cacciatore, esploratore, guida turistica: nel 1872, Buffalo Bill è già una celebrità, tanto da essere chiamato dal Circo Barnum per interpretare se stesso, in una scenetta chiamata L’esploratore delle praterie. Il successo è immenso: neanche a dirlo, è l’inizio di una nuova carriera come attore. Nel 1873 viene scritturato da Ned Buntline, autore di diversi racconti sulle sue gesta, per interpretare una versione teatrale delle sue novelle: per undici stagioni consecutive calcherà le scene, mantenendo comunque, fra una recita e l’altra, il ruolo di guida per il V Cavalleggeri dell’esercito.
Le trombe della storia, però, suonano di nuovo il 17 giugno 1876, quando settecento guerrieri Sioux, Cheyenne e Arapaho guidati da Cavallo Pazzo e Toro Seduto attaccano il generale Crook e i suoi milletrecento uomini, costringendoli a ritirarsi; il 25, pochi giorni dopo, i due capi indiani sterminano il VII Cavalleggeri del generale Custer a Little Big Horn. Il Paese chiama, Buffalo Bill risponde: per evitare la strage, si organizza per il 17 luglio un duello fra lui e il capo cheyenne Mano Gialla. I due si affrontano a cavallo: Mano Gialla manca l’avversario, mentre Cody non fallisce e termina la sfida con lo scalpo del nemico. È la consacrazione definitiva, anche fra i pellerossa, consapevoli di avere di fronte un uomo indomito.
Nel 1883, Buffalo Bill lascia la compagnia di Buntline e, memore del successo con il circo Barnum, progetta uno spettacolo tutto suo: qualcosa di mai visto prima. Scrittura veri cowboy, l’avventuriera Calamity Jane e oltre cento veri pellerossa, fra cui persino Toro Seduto, e mette insieme un gruppo gigantesco di figuranti: l’idea è di ricreare il Selvaggio West in una rappresentazione gigantesca, da esportare in tutto il mondo. Ancora una volta, il successo arride a Buffalo Bill: il Wild West Show, con le sue scenette western, diventa in breve tempo lo spettacolo più famoso e richiesto del pianeta.
Nel 1906, anche il Friuli Venezia Giulia entra nel tour: il 10 maggio, la mastodontica carovana di Buffalo Bill arriva a Udine, dopo la tappa di Treviso. In stazione giungono ben 61 vagoni, dai quali vengono scaricati materiali e animali; terminate le operazioni, il circo viene montato non lontano da porta Pracchiuso. Le cronache dell’epoca raccontano di una città elettrizzata; così Il Giornale di Udine dell’11 maggio: «Saputosi che la compagnia di Buffalo Bill sarebbe arrivata nella notte scorsa, gran parte della cittadinanza, a costo anche di perdere parecchie ore di sonno, pensò di attendere l’arrivo dei convogli. Molti dormirono fino alle due o alle tre di stamani, ma moltissimi decisero di rinunciare addirittura ai tepori del letto. Così fin dalle due e mezzo circa il Piazzale della Stazione andò popolandosi sempre più. I pubblici esercizi erano aperti e la Birreria Gross all’“Adriatica” consolò parecchi, con l’eccellente birra di Puntingam del sig. Ridomi, della lunga attesa». Le scuole chiudono per permettere a bambini e ragazzi di assistere allo spettacolo, che non delude le aspettative: «L’attenzione cadeva principalmente sulle Pelli Rosse, comandate dall’Iron Tail. Lunghi capelli neri ornati di penne incorniciavano i visi dai lineamenti pronunziati» (La Patria del Friuli); «la sfilata è salutata da frenetici applausi che si fanno più intensi al passaggio della bandiera italiana e alla comparsa del colonnello Cody» (idem). Le stime parlano di 14.000 presenze nella sola giornata dell’11 maggio, distribuite fra lo spettacolo delle ore 14 e quello delle ore 20: «non si ricorda d’aver visto maggiore folla che in occasione della visita dei sovrani nel 1903» (Il Giornale di Udine). Ma la tappa udinese riserva anche un’altra curiosità: fuori dal circo, i baracchini propongono per la prima volta in Italia lo zucchero filato, inventato pochi anni prima a Nashville. Una golosità esotica che spopola subito fra i bambini di Udine e, da lì, in tutto il Regno.
«Diamo l’addio con molti rimpianti alla soleggiata Italia e ci trasferiamo in Austria, a Trieste»: saluta così, con una frase che oggi risulta straniante, C.E. Griffin, uno dei protagonisti del Wild West Show, scoccata la mezzanotte del 12 maggio 1906. La carovana, dunque, risale sul treno all’1 di notte e parte alla volta del porto asburgico: ad attenderla c’è una città ancora più fremente di Udine, che si è attrezzata con una linea di piroscafi ad hoc per raccogliere pubblico anche dalla vicina Istria: per l’occasione viene cancellato il campionato mondiale di lotta, previsto proprio in quei giorni a Trieste, temendo il deserto totale in tribuna. Alle 5:08, il primo convoglio arriva in stazione, mentre l’ultimo alle 7:04. La descrizione dello scarico pubblicata su Il Piccolo del 13 maggio è un piccolo capolavoro di cronaca:
Dalle 7 alle 9 lo scarico era compiuto e uomini, animali, materiali erano sulla via dell’accampamento di via Domenico Rossetti. Organizzazione davvero meravigliosa. […] Oltre ogni dire interessante fu l’arrivo dell’ultimo treno conducente la maggior parte della compagnia. Scesero bellissimi campioni di pelli-rosse del Far West, alcuni «vaqueros» del Messico, famosi nel lanciare il «lasso», i «rough-riders», che parteciparono al magnifico reggimento ch’ebbe a colonnello Roosevelt, i «cow-boys», gli intrepidi cavalcatori e domatori di cavalli della prateria; e poi genti d’altri continenti; cosacchi dalle facce ispide, nelle loro caratteristiche uniformi; arabi, dalla facce solenni, dorate dal sole dei tropici; giapponesi, piccoli, giallognoli, con gli occhietti brillanti e inquieti; tutta gente dalle linee svelte, scultorie, campioni di bellezza maschile d’ogni razza e d’ogni clima: un museo antropologico vivente. Quando tutti furono a terra, nel silenzio parve un sibilo d’una sottile lama d’acciaio che fenda l’aria la voce del comandante che ordinò: «coming boys». A quell’ordine, tutti […] montarono in arcioni e si formarono in squadrone, passando attraverso la città, in ordine perfetto, fra la curiosità generale, per recarsi al fondo Wildi. Giunti colà, sempre silenziosi, eressero l’accampamento.
Alle 14:30 del 13 maggio 1906, ai Fondi Wildi di via Rossetti, si alza il sipario del Wilde West Show: di colpo, Trieste sembra essere una località della frontiera americana. Dopo le sfilate delle varie nazionalità presenti, viene proposto di tutto: assalti alle diligenze, combattimenti fra indiani e militari USA, riti tribali pellerossa, tiro al piattello in corsa a cavallo, esercizi sportivi estremi, acrobazie, assalti pellerossa alle fattorie dei coloni, la disfatta del generale Custer a Little Big Horn e la dimostrazione del servizio postale Pony Express, ricordo giovanile di Buffalo Bill, applauditissimo a ogni sua apparizione. Sarà così anche nei successivi spettacoli fino al 16 maggio: quattro giorni di festa in una città letteralmente impazzita per l’eroe del West. Fasti di una Belle Époque che appena otto anni dopo sarà spazzata via dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Il 10 gennaio 1917, a Denver, Buffalo Bill si spegne a 71 anni: lo scenario, stavolta, non si rialzerà più.
PER SAPERNE DI PIU'
Giorgio Stern, Buffalo Bill a Trieste. Edizioni La Mongolfiera 1994 (da cui sono state ricavate le immagini del "Wild West Show").
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