Dottor Pacori, partiamo dagli esordi: quand’è nata la passione per la psicologia?
«Tutto partì quand’ero ancora giovanissimo. A 12 anni lessi un libro di Freud: la narrazione di un caso clinico presentato in forma di storia. Mi incuriosì moltissimo e da lì nacque il mio interesse per la psicologia».
I passi successivi quali furono?
«Iniziai a leggere sempre più libri di psicologia e di psicoanalisi: a 18 anni avevo già letto tutto Freud... In quel periodo iniziai anche a studiare e ad utilizzare la tecnica per l’interpretazione dei sogni».
Finché un giorno non scoprì l’ipnosi...
«Fu una folgorazione. Giunse per caso quando assistetti ad una conferenza in cui si discuteva di ipnosi e linguaggio del corpo».
Lì si decise il suo futuro...
«Al termine della scuola superiore mi convinsi ad iscrivermi alla Facoltà di Psicologia, anche se prima ancora di arrivare all’università avevo iniziato a frequentare corsi sull’ipnosi e sul linguaggio del corpo: in quei contesti compresi subito che si trattava della mia strada».
Cosa glielo fece capire?
«Mi affascinò il fatto che l’ipnosi fosse la prima applicazione pratica che vedessi della psicologia, con un effetto immediato e potente».
I primi passi come furono?
«Fin dalle esperienze iniziali, quando dovevo mettere in pratica gli insegnamenti dei miei docenti, mi sono sentito subito a mio agio, tant’è vero che già alla prima ipnosi che gestii ottenni subito ottimi risultati».
Soffermiamoci sui risultati. Taluni psicologi e medici ritengono l’ipnosi una tecnica inefficace, poiché lavorando su una persona inconscia, questa non può comprendere realmente i propri problemi e quindi risolverli consapevolmente. Lei cosa ne pensa?
«La psicoanalisi parte dal presupposto che la risoluzione di un problema dipenda dalla comprensione dello stesso. In realtà anni di psicoterapia hanno dimostrato che ciò non è vero: conoscere un problema fino in fondo, sapendone dinamiche, cause e conseguenze non porta sempre alla sua soluzione. Soprattutto se c’è una correlazione di natura emotiva o psicosomatica».
Perché l’ipnosi, dunque?
«A differenza delle credenze generali, l’ipnosi non agisce solo sui sintomi ma anche sulle cause. Spesso infatti il trauma genera un fardello emotivo nelle persone e l’ipnosi mira a sciogliere proprio questo fardello».
Resta la questione dell’incoscienza del paziente...
«In realtà il soggetto sotto ipnosi non è completamente incosciente, ma si ritrova in uno stato di dormiveglia per cui comunemente si accorge di quanto accade».
Quali rischi comporta questa disciplina?
«L’ipnosi va usata con molto tatto, in particolare con soggetti che potrebbero essere a rischio come ad esempio i pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici. Con persone che soffrono invece di problemi emotivi può succedere che abbiano reazioni forti».
Del tipo?
«Convulsioni, tremori del corpo, rovesciamento degli occhi: in questi casi l’ipnotista deve saper mantenere la calma e lasciare che tutto ciò accada».
Lei è considerato il principale esperto in Italia dei linguaggi del corpo. Partiamo dalla definizione: cosa sono?
«Sono tutto ciò che noi esprimiamo attraverso il nostro corpo: gesti, espressioni facciali, variazioni del tono di voce, colpi di tosse...».
Com’è nata l’idea di iniziare a scrivere libri su questi argomenti?
«Tutto è partito da una coincidenza: un mio collega era stato interpellato per scrivere un testo sulla materia, ma poi non se l’è sentita e passò a me la proposta che aveva ricevuto».
E lei accettò. Quali furono i commenti dei lettori?
«Ricevetti molti apprezzamenti sia per il mio stile divulgativo sia per la precisione e l’accuratezza delle mie ricerche e delle mie fonti».
Nel recente passato è anche intervenuto in trasmissioni televisive di carattere nazionale. Come mai si sono rivolte a lei?
«Oltre che essere uno dei massimi esperti italiani nel linguaggio del corpo, vengo considerato l’inventore dell’ipnosi non verbale, a cui sono giunto sulla base di studi estremamente approfonditi. Quando i giornalisti cercano informazioni su queste tematiche, capita spesso che si rivolgano a me».
Con le Iene (show tv in onda su Italia 1, ndr) ha un rapporto privilegiato...
«Tutto nacque da una sfida che mi fecero e che ritenevano non potessi superare: quella di ipnotizzare una persona a sua insaputa. Alla fine hanno dovuto ricredersi...».
Non ritiene che ci possa essere il rischio di una eccessiva spettacolarizzazione di un argomento comunque delicato come l’ipnosi?
«È un pericolo che va assolutamente evitato. Per questo è sempre importante spiegare ciò che succede, quali sono le motivazioni e quali gli scopi dell’ipnosi».
Le persone che si rivolgono a lei quali problemi presentano maggiormente?
«Statisticamente le problematiche più frequenti sono due: l’attacco di panico, inteso come senso di ansia incontenibile, ed i disturbi alimentari, in particolare la bulimia nelle donne».
Sempre statistiche alla mano, risulta che un numero crescente di persone si rivolge a psicologi o analisti. Secondo lei, come mai?
«Le risposte possono essere diverse: da un lato i ritmi molto elevati imposti dalla nostra società provocano un inevitabile aumento di stress rispetto al passato, creando persone più vulnerabili e soggette a disturbi d’ansia; dall’altro è da sottolineare un cambiamento culturale: le persone sono più disposte ad affrontare i problemi, senza vergognarsi di parlarne con degli esperti».
Come tutte le branche della medicina e della psicologia anche l’ipnosi è in continua evoluzione: a suo avviso il futuro quali novità riserverà?
«Credo che giungeremo ad un controllo sempre maggiore della sfera emotiva, ovvero del punto di contatto tra mente e corpo».
C’è un obiettivo professionale che Marco Pacori vorrebbe raggiungere?
«Desidero riuscire a far conoscere questa disciplina a livello internazionale, per questo motivo parteciperò ad un congresso di caratura mondiale sulle psicoterapie corporee che si svolgerà a Caracas, in Venezuela».
C’è anche un sogno nel cassetto?
«Diventare un bravo psicologo».
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