«Ηa un vantaggio su tutti gli altri pittori veneti: è quello che ti rimane di più nella pelle. È come il ricordo di una relazione». Così scriveva il grande Guido Piovene a proposito di una delle figure più eccezionali dell’intera storia dell’arte, un mago del colore capace di stupire ancora oggi, a distanza di trecento anni: Giambattista Tiepolo. La mostra Il giovane Tiepolo: la scoperta della luce (Castello di Udine, Musei Civici - fino al 4 dicembre) ne illumina gli anni precedenti al suo arrivo in Friuli (1715 - 1726): ed è proprio dalla mostra che parte il nostro tour ‘tiepolesco’ a Udine.
LA MOSTRA
Giambattista nasce a Venezia il 5 marzo 1696 da Domenico e Orsetta. La sua pittura, «una menzogna ai limiti del sublime» (Giovanni Testori), è splendida fin dal suo esordio, non ancora ventenne, nella chiesa dell’Ospedaletto a Venezia: sette tele, di cui tre in mostra al Castello di Udine, ossia L’apostolo Tommaso, L’apostolo Giovanni e il Sacrificio di Isacco. Colpisce la capacità straordinaria di adattarsi a tele tutt’altro che rettangolari: il taglio semicircolare rivela la loro collocazione nella chiesa, fra soprarchi e pennacchi. Esemplare il Sacrificio di Isacco: l’angelo plana come in una scivolata, Abramo e Isacco sembrano strisciare, sopraffatti dalla prova, e il coltello nella mano di Abramo fa da chiave di volta. La mostra prosegue con una serie di opere mitologiche provenienti dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia: stupisce la freschezza del Ratto d’Europa, con la nota ironica del putto che cerca di spegnere i fulmini di Zeus orinando su di essi... Memorabili le Tentazioni di S. Antonio Abate, dipinto proprio a Udine e oggi conservato a Brera, con S. Antonio che respinge la visione del nudo femminile anteponendovi il librone sacro. Dopo altre opere, ecco due tele superbe: il Trionfo di Aureliano della Galleria Sabauda di Torino e il Martirio di S. Bartolomeo della chiesa di S. Stae a Venezia. Nel primo, la regina Zenobia, sconfitta e condotta in catene a Roma nel 274 d.C., avanza affranta davanti al corteo, mentre l’imperatore procede ieratico sul suo carro da parata. Nel secondo, gioiello dell’arte occidentale, la tragedia dell’assassinio è presentata come in un film: vediamo il boia tastare la pelle del santo, alla ricerca del punto giusto in cui affondare la lama, mentre la mano di Bartolomeo sembra venirci incontro. La mostra termina con un’interessante raccolta di disegni: entriamo così nell’officina creativa del Tiepolo.
TIEPOLO E UDINE: UN RAPPORTO DURATURO
Nel 1726 Giambattista è a Udine, dal patriarca Dionisio Dolfin. Di questo primo periodo friulano (1726 - 1729) sono anche cinque dipinti per il Seminario, di cui è sopravvissuto solo uno, ora agli Uffizzi. Lontano da Udine, Tiepolo spedirà altre opere in città nel 1732, 1737, 1743 e 1749. Infine, nel 1759, il grande ritorno, stavolta grazie a Daniele Dolfin. Due anni dopo, lascerà per sempre l’Italia alla volta della Spagna, dove morirà nel 1770.
TIEPOLO IN CASTELLO
Nella Sala del Parlamento, dove è allestita la mostra, nel 1726 Tiepolo ha lasciato quattro Coppie di putti reggenti clipei. Nei Musei Civici ospitati all’interno del Castello, inoltre, Giambattista è presente con ben quattro tele. Piacevoli il San Francesco di Sales (1732-33) e L’angelo custode (1737), con l’angelo a vegliare sul bimbo sorridente, ignaro di trovarsi sull’orlo di un precipizio, ma formidabile è il Consilium in arena (1749-50), che documenta la seduta del Consiglio ordinario dell’Ordine di Malta (settembre 1748) in cui si accettò l’ammissione del conte Antonio di Montegnacco, rappresentante della nobiltà udinese. Il capolavoro, però, è senz’altro il Trionfo della Fortezza e della Sapienza, personificate in due magnifiche donne sorrette da una nube, con tanto di angeli volteggianti intorno, la Fama ad annunciare la loro ascesa celeste e la caduta della Perfidia seguita da un pipistrello. Il dipinto un tempo ornava il soffitto di Palazzo Caiselli, a Udine, come denuncia lo scorcio prospettico, tipicamente tiepolesco.
TIEPOLO IN DUOMO
Entrati in Duomo, Tiepolo ci accoglie immediatamente; nella prima cappella a destra, ecco la Trinità; in quella seguente, i Santi Ermacora e Fortunato. Sono opere del 1737 e la maturità artistica si vede tutta. Risalgono invece al primo periodo udinese (1726) le meraviglie pittoriche conservate nella Cappella del SS. Sacramento: nel catino absidale, un gruppo di angeli cantori sembra scendere direttamente sui fedeli; adornano le pareti di sinistra e destra rispettivamente il Sacrificio di Isacco e il Sogno di Abramo; infine, incastonata nelle strutture dell’altare, la pala della Resurrezione, con il suo vivace cromatismo.
GLI AFFRESCHI DEL PALAZZO PATRIARCALE
Sempre fra 1726 e 1729, Tiepolo è impegnato nel Palazzo Patriarcale. L’edificio è il risultato di vari interventi succedutisi nel corso dei secoli: l’ultimo, dell’architetto Domenico Rossi, risale agli anni 1708 - 1726; del 1731 è la riedificazione dell’adiacente chiesa di S. Antonio Abate, opera di Giorgio Massari. Saliamo al primo piano, che ospita dal 1995 il Museo diocesano, e già ci attende una sorpresa: in alto, sul soffitto dello scalone monumentale, si resta a bocca aperta dinanzi alla tiepolesca Cacciata degli angeli ribelli, dove mani, piedi e vesti di due protagonisti escono dall’affresco attraverso stucchi dipinti. Bellissimo, ma è solo l’‘antipasto’ alle glorie del secondo piano, che raggiungiamo salendo una spettacolare scala a chiocciola; al centro della spirale, sul cupolino, merita uno sguardo attento l’affresco con Il padre eterno di Ludovico Dorigny. Siamo così nella biblioteca, voluta dal patriarca Dionisio Dolfin. Per i bibliofili, scorrere i titoli dei settemila tomi presenti è puro godimento; per i filologi classici, la vista del Polibio di Casaubon è motivo di ammirazione; per gli storici dell’arte, l’apparato ligneo di scaffali e ballatoio, la grande tela centrale e gli altri quadri di Niccolò Bambini valgono il viaggio; per tutti, resta lo stupore nel trovarsi dinanzi ad alcune stampe regalate al patriarca direttamente da Luigi XIV, il celebre Re Sole. Superata la Sala azzurra, affrescata da Giovani da Udine (1539), e la Sala Gialla, ornata da stucchi di pregio, finalmente eccoci nella Sala Rossa. Qui, dove si svolgevano le sedute del tribunale ecclesiastico, non può che dominare, al centro del soffitto, il Giudizio di Salomone, strepitosa opera del Tiepolo, che ha firmato anche i quattro profeti negli angoli: Daniele, in atto di lode a Dio per averlo salvato dalla fossa dei leoni; Isaia, le cui labbra vengono purificate da un serafino con una pietra infuocata; Geremia, in lacrime per le sventure di Gerusalemme; Ezechiele, pronto a ricevere dalla mano di Dio il rotolo da mangiare. L’adiacente Sala del Trono è ornata con i ritratti a fresco (alcuni anche di Tiepolo) dei vescovi e patriarchi di Aquileia e dei vescovi di Udine loro successori, accompagnati da brevi iscrizioni con la storia del loro episcopato. Il pezzo forte è la Galleria degli ospiti, dedicata all’intrattenimento di coloro che attendevano le udienze patriarcali. In una quinta scenografica di finte decorazioni architettoniche create dall’illusionista Gerolamo Mengozzi Colonna, il giovane Giambattista realizza un mirabile ciclo di affreschi sulle storie di Abramo, Isacco e Giacobbe. Sulla parete destra, dall’ingresso all’uscita, le tre scene principali sono inframezzate da due figure a mo’ di statue, raffiguranti profetesse della Bibbia, e da due scene minori dipinte come finti bassorilievi su sfondo dorato. Sul soffitto, campeggia il Sacrificio di Isacco, affiancato dai medaglioni con Il sogno di Giacobbe (a destra) e Agar e l’angelo (a sinistra). In pochi metri quadri, la storia dell’arte cambia per sempre: nasce una nuova poetica del colore e della luce, la tavolozza si rischiara, la costruzione delle scene si fa aerea e dinamica. La visita termina nella cappella: fra altre pregevoli opere d’arte, spicca la Madonna col bambino, pala d’altare di Palma il Giovane, affiancata da due porte con sopra i medaglioni di S. Carlo Borromeo e S. Antonio da Padova, attribuiti ancora al Tiepolo, così come la Crocifissione appesa alla parete destra.
L’ORATORIO DELLA PURITÀ
Nel 1757, Daniele Dolfin fa erigere l’Oratorio, destinandolo a scuola di dottrina cristiana per fanciulle. Nel 1759, Giambattista torna a Udine per la decorazione della chiesa: è l’ultimo atto del geniale pittore in Friuli. Alle pareti, il figlio Giandomenico realizza otto scene di argomento biblico, a mo’ di bassorilievi dorati. Il padre si riserva invece il soffitto: seguita e preceduta da due lunette con Angeli, cherubini e putti, domina l’Assunzione, di leggerezza ineguagliabile; sopra l’altare, la pala dell’Immacolata Concezione dona all’ambiente un tocco di ulteriore dolcezza. Guardando questo luogo, tornano alla mente le parole dell’artista francese Jean-Claude Richard de Saint-Non, tipico aristocratico da grand-tour in Italia, che nel suo Voyage pittoresque à Naples et en Sicilie (1773-74) scriveva: «Le opere del Tiepolo respirano il genio, l’entusiamo e la facilità». Non c’è conclusione migliore.
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